venerdì, ottobre 18, 2024

I ragazzi nell'era del rancore di Walter Veltroni

 

Da “Il Corriere della Sera” del 16/10/2024

Gli episodi di violenza di questi giorni che hanno come protagonisti i nostri giovani. È un’emergenza

«È sempre successo». Così di solito si sente rispondere chi considera i fatti di cronaca terribili di questa stagione del nostro vivere come qualcosa di spaventosamente nuovo, di spaventosamente inedito. Invece i rassicuratori ci invitano a non preoccuparci — cosa vuoi che sia se nelle scuole americane si spara — con centinaia di morti, se gli adolescenti soffrono come cani — in fondo sono pochi e non votano — se le strade di questo povero Paese — non diversamente da quelle francesi o inglesi — sono macchiate di sangue bambino.
«È sempre successo» dicono, citando la storia di Novi Ligure o quella di Pietro Maso. Ma quei casi sono estratti da diversi decenni di vita italiana; ci inchiodarono e si sono fissati nella memoria collettiva proprio per la loro terribile unicità.

Ora invece facciamo fatica a ricordare la sequenza degli eventi tragici dell’ultima settimana. L’assassino diciannovenne di Rozzano ha detto che è uscito di casa con un coltello in mano, in piena notte, e ha deciso di uccidere un giovane di 31 anni «perché aveva passato una brutta giornata». Un diciassettenne di Viadana ha strangolato una donna perché voleva vedere «che effetto faceva uccidere una persona» e per questo si era documentato su Internet dove aveva lasciato messaggi di sostegno all’assassino di Giulia Cecchettin.
A Paderno Dugnano un ragazzo di diciassette anni ha ucciso madre, padre e fratello perché viveva un profondo disagio interiore fino a sentirsi «un estraneo, in famiglia e nel mondo» e ha pensato che, liberandosi dagli altri, sarebbe stato più libero e più felice. Ha qualche anno di più, solo pochi, la ragazza che, a Traversetolo, mette al mondo due creature e poi le toglie dal mondo, sotterrandole nel giardino di casa prima di andare in vacanza negli Usa.
Tutti questi episodi in un mese. Solo in un mese.

Non è «sempre successo». Non così, non tanto così. E gli adulti, quelli che hanno o dovrebbero avere più responsabilità, fanno finta di non vedere, perché questa bava di dolore e sangue chiama in causa cose profonde. Sono ragazzi italiani, sono del Nord prospero, sono di famiglie «normali». I genitori, spesso distratti da sé stessi, sono però lasciati soli, come gli insegnanti, delegittimati da uno spirito del tempo che deride autorevolezza e competenza.

Tutti soli, in una spirale di violenza e in una perdita inavvertita del valore della vita umana che assomiglia a quella che si verifica nelle zone e nei tempi di guerra.

Gli analisti della mente umana spiegheranno gli effetti che il Covid, l’impatto con la morte e la paura, hanno avuto sulla nostra visione degli altri, sul nostro rapporto con il futuro. In quei mesi allucinanti, non dimentichiamolo, furono quasi duecentomila i morti in Italia, più delle vittime civili della Seconda guerra mondiale.

Altri ci diranno dell’incidenza della società digitale nella alterazione delle relazioni tra il formarsi della vita nei ragazzi e il contesto. Del radicale modificarsi, secondo quanto dice Jonathan Haidt nel suo «La generazione ansiosa», di una esperienza adolescenziale che oggi si svolge essenzialmente attraverso il labirinto digitale. Un intrico di vie e di indirizzi nei quali è facile perdersi ed è facile soffrire.

La pressione che agisce sui ragazzi, trasformandoli da subito in soggetti esposti a una dimensione pubblica e universale, costretti costantemente a cercare conferme di autostima magari minata da un insufficiente numero di followers, la precocità con la quale si entra in contatto, basta una tastiera, con il mondo violento dei grandi, l’obbligo di crescere in fretta, di divorare il tempo, il sottile veleno della negazione della bellezza dell’altro da sé, la pesantezza di una società che trasferisce solo ansia per il futuro e che è deprivata, anche politicamente, di ogni sogno collettivo che fornisca senso: tutto questo amplifica a dismisura il male naturale di vivere che quel tempo della vita assegna all’esperienza umana.

Tempo fa un ragazzo di Torino ha accoltellato un ragazzo che passava per strada perché «era troppo felice». E il diciassettenne di Paderno ha sterminato la famiglia la notte del compleanno felice del padre. La felicità vissuta come inarrivabile e punibile in chi la mostra.

Non è «sempre successo». I ragazzi della mia generazione sono caduti quando l’eroina è arrivata a fiotti incrociando delusioni per un tempo storico che non conosceva i cambiamenti che aveva annunciato. Altri hanno preso le armi per sparare contro chi non la pensava come loro.
Ma quello che viviamo è un disagio diverso. Più diffuso — basta chiedere a chi ha figli adolescenti — più sottile, più debilitante. La forza rodomontica della società digitale si alimenta proprio della fragilità dei suoi maggiori consumatori.

Musk annuncia il robot e tutti gioiscono come bambini, senza pensare a come armonizzare questa cinematografica novità con la vita, la società, la libertà di noi mortali. Nel frattempo, sono i dati italiani a ricordarcelo, dal 2006, anno di arrivo degli smartphones, sono raddoppiati i reati verso i minori. E tra loro crescono esponenzialmente i casi di ansia, di autolesionismo, gli istinti suicidari, le forme di disturbo dell’alimentazione. O le risse violente tra gruppi di adolescenti. Il ragazzo di quindici anni di Senigallia che si è tolto la vita perché devastato dal bullismo era, secondo chi lo conosceva: «gentile, terribilmente gentile». La gentilezza, il reato più grave, in questo tempo di lupi rancorosi.

Non è «sempre successo». La scena più struggente di «Uccellacci e Uccellini» di Pier Paolo Pasolini è quella in cui una madre, contadina, non avendo i soldi per dare da mangiare al figlio piccolo, gli risponde, quando in pieno giorno lui la chiama affamato: «Dormi, che è ancora notte».

Così finisce col fare, con cinismo, senza tenerezza, chi si ostina a non vedere che la condizione umana degli adolescenti del nostro tempo sta diventando un’emergenza.

Una feroce, dolorosa emergenza.

Alla quale è troppo facile rispondere: «Dormi, che è ancora notte».


giovedì, ottobre 17, 2024

LIBRO: ‘IN TRAPPOLA’ di Franco Bernabè e Paolo Pagliaro

 

In trappola. Ascesa e caduta delle democrazie occidentali (e come possiamo evitare la Terza guerra mondiale) di Franco Bernabè e Paolo Pagliaro

Nell’analisi del manager pubblico, unico occidentale per anni nel board di Petrochina,  maggiore gruppo petrolifero cinese, emergono i sintomi della crisi in corso (guerre, debolezza europea, minacce digitali) ma sono anche indicati alcuni colpevoli del naufragio (dalle riforme di Clinton al radicalismo di molti politici e intellettuali) e vengono suggerite le strategie necessarie a «mettersi in salvo», per l’Italia anzitutto.

«È stata fatale l’idea di esportare la democrazia liberale, la globalizzazione, la liberalizzazione dei mercati finanziari e della tecnologia, di fare insomma un mondo a immagine e somiglianza degli Stati Uniti, pensando che essi rimanessero al centro del nuovo sistema.»

Tra la caduta del Muro di Berlino nel 1989 e la dissoluzione dell’Unione Sovietica nel 1991 si è consumato uno dei più grandi inganni collettivi della storia: l’idea che l’affermazione dell’Occidente avrebbe determinato una diffusione universale del capitalismo democratico e dunque la fine della storia.

Le cose però hanno preso un’altra piega.

È cominciata una nuova storia che ha segnato la perdita di centralità di quel modello e dei suoi valori. Dai terremoti geopolitici a quelli demografici, dall’allarme climatico a quello per gli abusi della tecnologia, passando per l’arroganza del potere finanziario, il declino del lavoro e quello dell’informazione: in questa ampia e articolata intervista con il giornalista Paolo Pagliaro, Franco Bernabè racconta la storia di una resa, la cronaca di un autogol che vede a rischio la stessa democrazia.

 

Franco Bernabè è presidente di Cellnex, il più importante operatore indipendente europeo di infrastrutture di telecomunicazioni mobili. È stato amministratore delegato di Eni e Telecom. Ha svolto attività imprenditoriale in proprio attraverso FB Group. Ha presieduto negli anni più recenti importanti società, tra cui Nexi ed è stato a lungo consigliere d’amministrazione indipendente di Petrochina, una delle più grandi compagnie petrolifere cinesi.

Paolo Pagliaro, giornalista e autore televisivo italiano. È stato corrispondente da Vienna de ‘Il Manifesto’, redattore de ‘L'Alto Adige’, capocronista de ‘Il Mattino di Padova’, redattore capo de ‘La Repubblica’ e vicedirettore de ‘L'Espresso’. Ha diretto ‘L'Adige’, ‘La Cronaca di Verona’ e ‘Il Mattino dell'Alto Adige’.

Nel 1996 ha fondato l'agenzia giornalistica ‘9Colonne’, della quale è direttore. 

Nel 2013 è stato insignito del "Premio giornalistico Amerigo "nella sezione Agenzie Giornalistiche.

Nel 2018 del premio televisivo "Dillo in sintesi".

Nel 2019 del "Premio Caccuri" per il giornalismo.

Dal 2008 è coautore, con Lilli Gruber, della trasmissione TV ‘’Otto e mezzo, sul canale LA7, per la quale cura l'editoriale ‘Il punto di Paolo Pagliaro’.


mercoledì, ottobre 16, 2024

PAROLE O_STILI: Le chat di classe


 

Le CHAT DI CLASSE, diciamolo: non piacciono a nessuno, però tutti le utilizzano (spesso a sproposito). Per rendere le chat meno moleste, l’Accademia Italiana Galateo ha stilato le buone regole del bon ton digitale che dice:

  • Solo questioni scolasticheLa chat deve essere utilizzata esclusivamente per comunicazioni rilevanti per la classe, evitando domande personali o generiche.
  • Niente saluti inutili. Evitare i saluti collettivi superflui e inviare i messaggi in un unico invio per non intasare la chat.
  • Vietati i messaggi vocali. Privilegiare i messaggi scritti, per rispetto di chi potrebbe non poter ascoltare audio in quel momento.
  • Rileggere sempre i messaggi. Prima di premere “invia”, verificare il contenuto per evitare errori grammaticali o di battitura, mantenendo chiarezza e concisione.
  • No alle polemiche. Le lamentele o le discussioni accese vanno affrontate in altri contesti, non in chat.
  • Limite di età. Le chat dei genitori dovrebbero essere limitate alle scuole elementari e medie.
  • No alle foto private. Vietato condividere foto individuali dei figli, a meno che non si tratti di scatti di gruppo in occasioni specifiche e con il consenso di tutti. Niente solleciti. Evitare di richiedere risposte immediate o sollecitare gli altri utenti, a meno che non si tratti di comunicazioni urgenti.
  • Cancellarsi è lecito. Se la chat diventa ingestibile o fonte di stress, è preferibile cancellarsi piuttosto che silenziarla. Le comunicazioni importanti devono avvenire attraverso canali ufficiali.

SCUOLA

E se parliamo di chat e di chat di classe non possiamo non citare le due attività didattiche gratuite presenti sulla nostra piattaforma Ancheioinsegno.it

Per la Primaria e la Secondaria di 1° Grado

La classe è su WhatsApp. E in chat le regole le scriviamo noi!

Per la Secondaria 2° grado

Per fare una chat di gruppo serve un regolamento.

 

Nei giorni scorsi PAROLE O_STILI ha attivato una nuova iniziativa, insieme a Ipsos e Osservatorio Giovani dell’Istituto Toniolo per Fondazione Cariplo, realizzando un’indagine statistica per approfondire e studiare la relazione tra le nuove generazioni e il mondo digitale, con un focus particolare sull’utilizzo dei social media.

Cosa puoi fare per partecipare?

📝 | Chiedi alla tua classe di compilare il questionario, ci vorranno solo pochi minuti. È un'opportunità per far sentire la loro voce e aiutarci a comprendere meglio le dinamiche del mondo digitale che vivono ogni giorno.

🔒 | È tutto anonimo: non sappiamo chi compila il questionario né quali risposte lascia, quindi possono esprimersi liberamente.

👩‍🎓👨‍🎓 | È aperto a ragazzi e ragazze dagli 11 ai 19 anni: più ne partecipano, più avremo un quadro chiaro e completo. Se come insegnante vuoi avere la sicurezza che non ci siano domande inappropriate ti diamo la possibilità di leggere tutto qui.

📱 | Fallo compilare con i loro dispositivi: quindi, ogni persona deve utilizzare il proprio computer, tablet, smartphone…

Il link al Questionario

EMOJI

Quella più utilizzata di sempre è questa tanto che nel 2015 l’Oxford Dictionary la scelse come parola dell’anno. La storia delle emoji ha origini particolari e arriva dal Giappone. Secondo le fonti più accreditate, nel 1999 l’operatore telefonico giapponese NTT DOCOMO introdusse per i suoi clienti un set di 176 icone (grandi 12x12 pixel), create da un team di designer guidato da Shigetaka Kurita. Queste emoji riscossero subito grande successo in Giappone e, ben presto, anche le altre compagnie telefoniche giapponesi iniziarono a utilizzarle. La diffusione globale, però, arrivò solo alcuni anni più tardi, in particolare con l’adozione delle emoji sui dispositivi iOS di Apple nel 2008. Oggi, grazie al consorzio Unicode, un’organizzazione no-profit che mantiene lo standard globale per i caratteri nei sistemi informatici, esistono oltre 1800 emoji ufficialmente approvate.

Oggi le emoji non sono soltanto un modo molto utile per comunicare emozioni in modo immediato e meno ambiguo, ma sono anche simboli generazionali. Un esempio immediato?

Se utilizzi questa emoji per dire “morte” allora appartieni alla generazione dei Millennial, alla Gen X o addirittura ai boomer. Se invece la utilizzi per dire “muoio dal ridere”, allora appartieni alla Generazione Z. 

Grazie a Bee social, qui trovi una piccola guida per “tradurre” il linguaggio dei tuoi alunni, figlie e figlie…

Emoji come sono infatti bandite dal registro comunicativo dei giovanissimi. 

Via libera invece ad emoji come , ma solo se usate in tono ironico.

Altre emoji “permesse” dalla Gen Z

 si usa quando si vuole fare un complimento, es. “sei stupenda ”. utilizzata sia per esprimere qualcosa di triste, sia quando si vuole fare un complimento, es. “sei bellissimo”.

 per fare complimenti, es. “che bella che sei ”.

 per simboleggiare quando “ti sciogli”, es. “io sono cotta di lui ”. per ringraziare quando ti dicono qualcosa di carino, es. “grazie mille ”.

 usato molto, per tutto.

martedì, ottobre 15, 2024

Mostra GIACOMO MATTEOTTI di ANPI alla Fera de Dugnan

 

Grande partecipazione di Cittadini e Giunta all’inaugurazione della mostra su Giacomo Matteotti organizzata da ANPI in occasione del centenario del suo assassinio.

Presente anche Roberto Biscardini già Senatore della Repubblica.

La mostra ricostruisce sia il contesto storico in cui Matteotti è cresciuto politicamente e le notizie relative al suo omicidio il 10 Giugno 2024, dopo aver pronunciato in Parlamento il suo discorso contro la maggioranza fascista.

Il 30 maggio 1924 Giacomo Matteotti, segretario del Partito Socialista Unitario, prese la parola alla Camera dei deputati per contestare i risultati delle elezioni del 6 aprile.

La consultazione si svolse in un grave clima di intimidazione e da ripetute violenze da parte dei sostenitori del Partito Nazionale Fascista. Il candidato socialista Antonio Piccinini fu ucciso, altri candidati di sinistra furono feriti, ovunque furono impediti i comizi, bruciati i giornali, impedito l'affissione dei manifesti, anche attaccando le stamperie, Vi furono brogli anche superiori alla media (alta) dell'Italia dell'epoca. In diverse circoscrizioni, soprattutto meridionali, il voto non fu esercitato in condizioni di libertà, ma in maniera palese e con la presenza di esponenti fascisti nei seggi e nelle cabine elettorali, mentre i prefetti ebbero ordini di contrastare l'astensionismo convogliando voti a favore del governo, il che rende rimarchevole il risultato delle opposizioni.

Il risultato fu quindi ampiamente favorevole alla lista governativa, con l'elezione in blocco di tutti i suoi 356 candidati. Al momento di convalidare le decisioni della Giunta delle elezioni, diversi parlamentari di minoranza segnalarono proteste per le modalità di voto in alcune circoscrizioni (Abruzzi, Campania, Calabria, Puglie e Sicilia) e fu presentata una richiesta da parte degli onorevoli Arturo Labriola, Giacomo Matteotti ed Enrico Presutti per il rinvio degli atti alla Giunta.

Il discorso di Matteotti è rimasto famoso sia perché denunciò con grande coraggio la nuova serie di violenze, illegalità ed abusi commessi dai fascisti per riuscire a vincere le elezioni, sia perché, dopo soli undici giorni il deputato socialista fu rapito e assassinato da cinque fascisti.

Qui il link del testo integrale del suo discorso che ancora oggi costituisce un inno alla Libertà e alla Democrazia:

Discorso alla Camera del Deputati del 30 maggio 1924 di Giacomo Matteotti - www.giustiziainsieme.it


Sarà possibile rivedere la mostra su Matteotti presso l'atrio della Biblioteca Tilane dal 14 al 21 Ottobre.
Per una visita guidata contattare ANPI al seguente indirizzo email: anpipadernodugnano@libero.it 













lunedì, ottobre 14, 2024

Il Borghetto di Palazzolo visto da Giovanni Moretti


Domenica 13 Ottobre 2024, in occasione della Fera de Dugnan, Giovanni Moretti, pittore palazzolese, ha presentato le sue opere (quadri ed etichette di vini) presso l’atrio dell’Auditorium di Tilane.

La mostra, dal titolo “Acquerelli e Storia Locale” permette di vedere o, meglio, rivedere e per i più giovani, scoprire, la Palazzolo di qualche anno fa.

Acquarelli delicati, che fissano momenti passati di vita quotidiana: il treno a vapore, l’albero della cuccagna, il bagno nel canale e scorci di una Palazzolo che non c’è più, ma già con le auto…






La stessa delicatezza nel tratto, Moretti ha saputo trasferirla sulle etichette delle bottiglie di vino, e che questo anno presenta la 20° e 21° .

La 20° etichetta: Il Vicolo Borghetto, atmosfera ricostruita di primi anni ’70, un sabato mattino,  i 3 gelsi che vi erano sulla sinistra perdono le loro foglie, il pollaio è aperto, “l’Antonio” è intento alla sua Vespa, l’arrotino e le sue frequenti visite. Sullo sfondo Piazza Addolorata che appare tranquilla “con la sua vera funzione di luogo aggregativo”

La 21° Etichetta: L’Oratorio Campestre detto “Il Pilastrello”, un disegno che l’ artista ha donato alla Compagnia del Pilastrello che fa ora parte del Museo interno del Pilastrello. La composizione ben definita negli elementi vuole un pò legarsi al romanzo di Alzati, alla Scoperta dei Pilastrelli.