La mostra è la prima
retrospettiva antologica completa organizzata in un museo italiano e celebra
l’artista franco-americana conosciuta per le sue grandi e colorate Nanas,
ma rivelandone anche il lato impegnato attraverso una diversa lettura della sua
opera.
Strutturato in otto
sezioni, il percorso espositivo racconta la vita artistica di
Niki de Saint Phalle, dagli esordi fino agli ultimi lavori, in un ritmo
diacronico ma anche fortemente antologico che ripercorre, attraverso il mondo
colorato, polimorfo, tondeggiante e materno delle sue Nanas (e
non solo), una vita personale molto meno gioiosa.
Le tre Grazie
Negli anni l’artista ha dovuto
spesso distruggere per elaborare il dolore e per poi ricostruire, rompendo gli
schemi attraverso intense provocazioni, per lasciare alla fine un’impronta
duratura nel mondo dell’arte.
La mostra espone 110 opere, di
cui una decina di grandi dimensioni, oltre a una elegante selezione di vestiti
della Maison Dior, che ricordano anche il suo passato di modella
nei bellissimi scatti fotografici che la ritraggono e che contemporaneamente
raccontano al pubblico una visione personale molto “pop” dell’arte, intesa come
percorso verso l’affermazione del femminile.
Niki de Saint Phalle, ‘donna e
artista’ (come lei stessa amava definirsi), pittrice, scultrice, autrice di
film sperimentali, performer, sfugge a una definizione univoca.
Niki de Saint Phalle
Le sue opere monumentali, tra cui
parchi e sculture pubbliche, si intrecciano con una riflessione più personale e
a volte struggente.
Da un lato, è vista come una
celebrità indipendente e orgogliosa della sua arte; dall’altro, la sua
fragilità fisica e le numerose disuguaglianze e discriminazioni sociali a cui
ha assistito nel corso della vita ne fanno emergere la sua umanità e sensibilità
nei confronti dei più fragili.