da L'Internazionale - Dalia Ismail, Middle East Eye, Regno Unito
In Italia i sindacati e gli attivisti sostenitori della Palestina hanno organizzato uno sciopero generale per protestare contro il genocidio commesso da Israele a Gaza. I promotori dello sciopero del 22 settembre hanno condannato la complicità del governo italiano e dell’Unione europea nelle atrocità compiute dallo stato ebraico contro i palestinesi nella Striscia e hanno espresso il loro sostegno alla Global sumud flotilla, la missione che sta tentando di forzare il blocco israeliano imposto a Gaza per consegnare aiuti umanitari.
Lo sciopero è stato indetto dal Collettivo autonomo lavoratori portuali (Calp), dall’Unione sindacale di base (Usb) e dal Global movement to Gaza Italia, una rete di solidarietà che sostiene la missione della flotilla. Guido Lutrario, segretario nazionale dell’Usb, ha detto che lo sciopero vuole mettere pressione sul governo italiano affinché intraprenda azioni più significative contro Israele.
Con la flotilla
In tutto il paese ci sono state mobilitazioni popolari contro il governo di destra guidato da Giorgia Meloni e per sostenere il popolo palestinese. Il 18 settembre sono stati bloccati nel porto di Ravenna due container diretti verso Israele e carichi di esplosivi su ordine del sindaco Alessandro Barattoni e delle autorità, dopo che i portuali avevano scoperto la natura del carico. Il 7 agosto i portuali di Genova avevano impedito alla nave saudita Bahri Yanbu di caricare a bordo un cannone Oto Melara, prodotto dall’azienda italiana Leonardo. Il carico era diretto ad Abu Dhabi, negli Emirati Arabi Uniti.
Il 30 agosto diversi componenti del collettivo dei lavoratori portuali si sono imbarcati su una nave partita da Genova per unirsi alla flotilla. In quella occasione oltre cinquantamila persone hanno riempito le strade del capoluogo ligure per manifestare il proprio appoggio all’iniziativa.
Durante la manifestazione che ha accompagnato la partenza della flotilla, i portuali hanno lanciato un duro avvertimento: se Israele la attaccherà, i lavoratori bloccheranno tutti i prodotti diretti verso Israele e paralizzeranno il commercio in tutta Europa. “Se anche solo per 20 minuti perdiamo il contatto con le nostre barche, noi blocchiamo tutta l’Europa”, ha dichiarato il leader portuale Riccardo Rudino. “Insieme al nostro sindacato Usb, insieme a tutti i lavoratori portuali che ci stanno, insieme a tutta la città di Genova”.
L’Italia, sesto esportatore di armamenti al mondo, è al terzo posto nella classifica dei fornitori di armi a Israele, dopo gli Stati Uniti e la Germania. Genova è un importante snodo marittimo del Mediterraneo per l’Italia e l’Unione europea, con una movimentazione pari a 2,74 milioni di container nel 2023. Secondo il Calp, ogni anno dalla Liguria partono 13-14mila container diretti verso Israele.
Per questo motivo il porto di Genova è diventato un fulcro della protesta contro l’uso dei porti italiani per la spedizione di armi. In passato era già accaduto che i portuali genovesi intervenissero concretamente per contrastare le guerre che ritenevano ingiuste.
Alterare l’economia di guerra
A giugno, insieme ai portuali di Marsiglia, i lavoratori genovesi si sono rifiutati di caricare armi su una nave diretta verso Israele. A luglio gli stessi lavoratori si sono coordinati con i colleghi del Pireo, in Grecia, per bloccare un altro carico simile. Ad agosto hanno fermato una spedizione verso il Qatar la cui destinazione finale sarebbe stata il Sudan.
“Di fronte all’inerzia degli stati siamo noi a prenderci il fardello sulle spalle e a rompere il blocco su Gaza. Vogliamo fare la nostra parte e dimostrare che se si vogliono fare, le cose si fanno”, ha dichiarato al quotidiano la Repubblica Jose Nivoi, portuale del Calp che si trova a bordo di una delle imbarcazioni dirette a Gaza. I portuali sperano di alterare il corso dell’economia di guerra al punto da salvare vite umane. Le azioni del passato, tra cui il blocco delle spedizioni di armamenti verso l’Arabia Saudita durante la guerra contro lo Yemen, hanno avuto ripercussioni sulla politica estera dell’Italia. “Sfido chiunque a caricare un bancale di armi che ammazzano bambini e poi tornare a casa e sedersi tranquillamente a tavola con il proprio figlio”, ha sottolineato Nivoi. “Con che stomaco? Non si può non fare niente per fermare questa barbarie”.
I portuali hanno subìto pesanti conseguenze per il loro attivismo politico e sociale. Nel 2021 otto lavoratori del collettivo sono stati indagati per reati che vanno dall’associazione a delinquere e attentato alla sicurezza dei trasporti per aver protestato l’anno precedente contro le navi della flotta Bahri, accusata di trasportare armi per rifornire l’Arabia Saudita nella guerra in Yemen. Nel 2023 il giudice ha dichiarato infondate le accuse, sostenendo che le azioni dei portuali rientrano nel diritto all’attività politica.
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