
Distrazione, sensibilità, senso di colpa, compiacersi della
mediocrità.
Ogni giorno siamo sottoposti a centinaia di stimoli
esterni che inevitabilmente influenzano la nostra opinione. Anche la
persona più obiettiva e imperturbabile inevitabilmente viene condizionata da
qualcosa o qualcuno.
Che sia la stampa, la televisione, il mare magnum di
internet.
Non più solo un quarto potere, ossia la capacità
della stampa di orientare l’opinione pubblica, ma anche un quinto e un
sesto potere.
Basti pensare al ruolo ancora dominante del piccolo schermo
e quello sempre più penetrante dei social network.
Tutto parte da una domanda: e se ciò che pensiamo in
realtà derivasse da quello che gli altri – il potere in primis- vogliono farci
credere?
A questo interrogativo ha risposto Noam Chomsky,
linguista, filosofo, teorico della comunicazione e anarchico statunitense.
È lui a stilare le dieci regole per il controllo
sociale, vale a dire le strategie utilizzate per la manipolazione del
pubblico attraverso i mass media.
Si inizia con la strategia della distrazione, messa in atto
per sviare la nostra attenzione dai veri problemi e focalizzarla su quelli che
hanno meno importanza. Segue la regola basata sulla creazione di un problema,
come ad esempio una crisi economica o una minaccia terroristica, a cui si offre
la soluzione.
Tutto questo deve però avvenire in maniera graduale per
evitare traumi e sommosse.
La decisione, poi, deve essere dolorosa e necessaria e la si
dovrà spiegare alle persone come se fossero bambini, privi quindi di assoluta
analisi critica facendo leva sulla emotività piuttosto che sulla riflessione.
Alla base di tutto il mantenimento di un popolo mediocre e ignorante.
D’altronde, come sostiene Chomsky, i sistemi democratici,
non essendo intenzionati a mantenere l’obbedienza con la forza, devono non solo
controllare ciò che il popolo fa, ma anche quello che pensa.
Ecco perché, il filosofo ha elaborato la lista delle dieci
regole per il controllo sociale.
La necessaria premessa è che i più grandi mezzi di
comunicazione sono nelle mani dei grandi potentati economico-finanziari,
interessati a filtrare solo determinati messaggi.
Ma in che modo essi condizionano le nostre vite?
Vediamo nel dettaglio il decalogo per il controllo sociale.
1. La strategia della distrazione
Si tratta della prima, e più importante regola. “Deviare
l’attenzione del pubblico dai veri problemi sociali, tenerla imprigionata da
temi senza vera importanza. Tenere il pubblico occupato, occupato, occupato,
senza dargli il tempo di pensare, sempre di ritorno verso la fattoria come gli
altri animali”.
L’elemento primordiale del controllo sociale è dunque
distrarre la massa, sviarla dai problemi importanti e dai cambiamenti decisi
dalle élites politiche ed economiche, attraverso la tecnica del diluvio o
inondazione di continue distrazioni e informazioni insignificanti.
La strategia della distrazione è anche indispensabile per
impedire al pubblico di interessarsi alle conoscenze essenziali nell’area della
scienza, l’economia, la psicologia, la neurobiologia e la cibernetica.
Mantenere insomma l’attenzione del pubblico imprigionata da
temi senza vera importanza e deviandola dai veri problemi sociali.
2. Creare il problema e poi offrire la soluzione
La seconda regola appare quanto mai attuale. Il metodo viene
anche chiamato “problema – reazione – soluzione”.
Si crea un problema, una “situazione” che produrrà una
determinata reazione nel pubblico in modo che sia questa la ragione delle
misure che si desiderano far accettare.
Tanti sono gli esempi: lasciare che dilaghi o si
intensifichi la violenza urbana, oppure organizzare attentati sanguinosi per
fare in modo che sia il pubblico a pretendere le leggi sulla sicurezza e le
politiche a discapito delle libertà. O anche: creare una crisi economica per
far accettare come male necessario la diminuzione dei diritti sociali e lo
smantellamento dei servizi pubblici.
3. La strategia della gradualità
Per far accettare una misura inaccettabile, basta applicarla
gradualmente, col contagocce, per un po’ di anni consecutivi.
Questo è il modo in cui condizioni socioeconomiche
radicalmente nuove (neoliberismo) furono imposte negli anni ‘80 e ‘90: uno
Stato al minimo, privatizzazioni, precarietà, flessibilità, disoccupazione di
massa, salari che non garantivano più redditi dignitosi, tanti cambiamenti che
avrebbero provocato una rivoluzione se fossero stati applicati in una sola
volta.
Offrirle al “pubblico” poco alla volta, invece, consente al
potere di far accettare tali condizioni in maniera meno traumatica e come
inevitabili.
4. La strategia del differire
Un altro modo per far accettare una decisione impopolare è
di presentarla come “dolorosa e necessaria” guadagnando in quel momento il
consenso della gente per un’applicazione futura.
È più facile accettare un sacrificio futuro di quello
immediato. Per prima cosa, perché lo sforzo non deve essere fatto
immediatamente. E poi, perché la gente, la massa, ha sempre la tendenza a
sperare ingenuamente che “tutto andrà meglio domani” e che il sacrificio
richiesto potrebbe essere evitato.
In questo modo si dà più tempo alla gente di abituarsi
all’idea del cambiamento e di accettarlo con rassegnazione quando arriverà il
momento.
5. Rivolgersi alle persone come a dei bambini
La maggior parte della pubblicità diretta al grande pubblico
usa discorsi, argomenti, personaggi e un’intonazione particolarmente infantile,
spesso con voce flebile, come se lo spettatore fosse una creatura di pochi anni
o un deficiente.
Quanto più si cerca di ingannare lo spettatore, tanto più si
tende a usare un tono infantile.
Se qualcuno, infatti, si rivolge a una persona come se
questa avesse 12 anni o meno, allora, a causa della suggestionabilità, questa
probabilmente tenderà a una risposta o a una reazione priva di senso critico
come quella di una persona di 12 anni o meno.
6. Usare l’aspetto emozionale molto più della riflessione
Far leva sull’emotività è una tecnica classica per provocare
un corto circuito dell’analisi razionale e, infine, del senso critico
dell’individuo.
Inoltre, l’uso del tono emotivo permette di aprire la porta
verso l’inconscio per impiantare o iniettare idee, desideri, paure e timori, o
per indurre comportamenti.
7. Mantenere la gente nell’ignoranza e nella mediocrità
Fare in modo che la gente sia incapace di comprendere le
tecniche e i metodi usati per il suo controllo e la sua schiavitù. “La qualità
dell’educazione data alle classi sociali inferiori deve essere la più povera e
mediocre possibile, in modo che la distanza creata dall’ignoranza tra le classi
inferiori e le classi superiori sia e rimanga impossibile da colmare da parte
delle inferiori”.
8. Stimolare il pubblico a essere favorevole alla
mediocrità
Spingere il pubblico a ritenere che sia di moda essere
stupidi, volgari e ignoranti.
9. Rafforzare il senso di colpa
Far credere all’individuo di essere esclusivamente lui il
responsabile delle proprie disgrazie a causa di insufficiente intelligenza,
capacità o sforzo.
In tal modo, anziché ribellarsi contro il sistema economico,
l’individuo si auto svaluta e si sente in colpa, cosa che crea a sua volta uno
stato di repressione di cui uno degli effetti è l’inibizione ad agire.
10. Conoscere la gente meglio di quanto essa si conosca
Negli ultimi 50 anni, i rapidi progressi della scienza hanno
creato un crescente divario tra le conoscenze della gente e quelle di cui
dispongono e che utilizzano le élites dominanti.
Grazie alla biologia, alla neurobiologia e alla psicologia
applicata, il “sistema” ha potuto fruire di una conoscenza avanzata dell’essere
umano, sia fisicamente che psichicamente.
Il sistema è riuscito a conoscere l’individuo comune molto
meglio di quanto egli conosca sé stesso. Ciò comporta che, nella maggior parte
dei casi, il sistema esercita un più ampio controllo e un maggior potere sulla
gente, ben maggiore di quello che la gente esercita su sé stessa.
Si può sfuggire al controllo sociale?
La risposta è sì,
abbattendo quelle stesse regole che vogliono ingabbiarci.
Puntando al sapere e all’analisi, al confronto e alla
pluralità delle opinioni, tornando a essere massa critica e non accettando
aprioristicamente ciò che ci viene imposto. Scavando oltre la superficie.
È questa la vera sfida che si presenta prepotente ancora
oggi.
Alcuni libri di Noam Chomsky: