lunedì, dicembre 15, 2025
LIBRO BIMBI: "L'albero e il drago" di Pierdomenico Baccalario e Chris Riddell
LIBRO: "Farsi male. Variazioni sul masochismo" di Vittorio Lingiardi
domenica, dicembre 14, 2025
L'effetto Dunning Kruger e il rischio di fare da sé
1. un picco iniziale, che possiamo definire "della sovrastima"
2. successivamente una "valle dell'umiltà",
3. seguita da una lenta e asintotica "crescita del consolidamento"
4. per finire all'"altopiano della saggezza".
1. tendono a sopravvalutare le proprie capacità,
2. non riescono a riconoscere abilità superiori negli altri,
3. non valutano correttamente l'entità della loro incompetenza,
si renderebbero conto e riconoscerebbero 4. la propria precedente mancanza di abilità qualora ricevessero un addestramento per l'attività in questione.
Concludendo e citando Confucio:
"la vera conoscenza sta nel conoscere il livello della propria ignoranza."
LIBRO: "L'ultimo viaggio. Storie di vita e fine vita" di Angelo Ferracuti e Giovanni Marrozzini
sabato, dicembre 13, 2025
STRAGI di STATO: Per non dimenticare (1969-2025)
Ieri, 12 Dicembre, ore 16,17 la commemorazione dell'attentato di Piazza Fontana.
In occasione del 56 anniversario è stato inaugurato un monumento per ricordare tutti i morti uccisi negli attentati fascisti della storia repubblicana. Tutti, non solo quelli di Piazza Fontana, ma di Bologna, di Brescia, ecc.
NON DIMENTICARMI (1969-2025)
Dal palco di piazza Fontana, il sindaco Giuseppe Sala dice:
«Le nostre strade sono ancora piene di fascismo, quindi dobbiamo essere qua a dire che nelle nostre città non passeranno»
«Ancora oggi continuiamo a chiedere verità e giustizia per piazza Fontana, che non c’è stata ma la verità è una: e cioè che è stata una strage fascista
Ci sono componenti del governo che strizzano l’occhio ai putinismi e ai dittatori. C’è una nostalgia a volte strisciante dei tempi che furono»
LIBRO BIMBI: "Primula" di Nadine Robert e Qin Leng
LIBRO: " Stranieri morali. Guerra e pace tra le culture" di Milena Santerini
venerdì, dicembre 12, 2025
LIBRO BIMBI: "Parla come un antico egizio" dagli esperti del British Museum
VOX - Osservatorio Italiano sui Diritti: Mappa dell'intolleranza N°8
La MAPPA Nr. 8 si riferisce al periodo gennaio-novembre 2024. Un periodo di forti turbolenze, segnate dalla guerra in Ucraina e a Gaza, dalle elezioni americane, dal prepotente insorgere di fenomeni populisti nel mondo: un periodo dunque di incertezze e fragilità, che si sono riverberate nel vissuto quotidiano delle persone, contribuendo a creare un tessuto endemico di tensione e polarizzazione dei conflitti.
Oggi l’odio online è attore fondamentale nella rappresentazione della polarizzazione e i social si configurano come la cinghia di trasmissione tra i mass media tradizionali, la politica e alcune sacche di forte malcontento, che trovano sfogo ed espressione proprio nelle praterie dei social.
Da qualche anno si assiste a una verticalizzazione del fenomeno di odio online, per il quale la diffusività iniziale ha lasciato il posto a un modello di dinamiche sociali sempre più incisive e polarizzate.
A un allargamento delle possibilità di scelta delle piattaforme social, corrisponde una selettività maggiore di messaggi di esclusione, intolleranza e discriminazione.
QUALCHE CONCLUSIONE
E soprattutto, qualche prima evidenza emersa dall’analisi di quest’anno:
- C’è una costante nel tempo, ed è l’odio misogino. Cambia, si fa più intenso, ma le donne restano la categoria più odiata. Anche, parrebbe, dalle stesse donne. A funzionare da detonatore, in questo caso, sono i femminicidi (vedi correlazione con i picchi di odio) e le emergenze politiche.
Da evidenziare come lo hate speech prenda di mira soprattutto il corpo delle donne, segnando quindi un’inversione rispetto all’ultima rilevazione, quando a essere maggiormente colpita era la professionalità femminile.
Infine, c’è un tema correlato al fenomeno dell’intersezionalità che, per quel che riguarda le donne, evidenzia la correlazione donna- straniera. Qui saranno necessari ulteriori approfondimenti di ricerca per capire se le donne straniere sono colpite in quanto migranti o in quanto soggetti particolarmente esposti (come le sportive).
- Antisemitismo. Il dato è forte, purtroppo non inaspettato. Cresce e si moltiplica l’antisemitismo, effetto e coda lunga del post 7 ottobre e del conflitto israelo- palestinese. Importante sottolineare che l’odio qui si è spostato dal classico antisemitismo al cosiddetto antisionismo. La categoria oggi più odiata non è l’ebreo in quanto tale, ma in quanto sionista, percepito cioè come aggressore, invasore, genocida. Viene dunque spontanea una riflessione: quanto di questo odio sia da attribuire alla percezione di un popolo che non viene più considerato, come storicamente è stato, una vittima. Da rilevare, dunque, che si è di fronte a una sorta di riformulazione dello stereotipo. E da evidenziare un altro dato purtroppo significativo: l’odio contro gli ebrei è in assoluto quello più “carico”. Gli stereotipi negativi contro gli ebrei superano gli stessi discorsi d’odio e, sommati allo hate speech “puro” (insulti, offese, etc), rappresentano l’80, 93% del totale dei contenuti postati sugli ebrei.
- Avanzano xenofobia e islamofobia, a ricordarci che la società in cui viviamo è attraversata da forti pulsioni di rigetto del cosiddetto “straniero”, portatore di storia, cultura, usanze diverse dalle nostre e considerate perciò minacciose. - Ruolo degli stereotipi in correlazione con lo hate speech. Due dati da sottolineare. Il primo, l’enorme incidenza dello stereotipo (se pur mutato, come abbiamo visto) sul totale dello hate speech antisemita. Ne è, come mostrano i dati, la componente dominante. Al contrario, e forse inaspettatamente, per quel che riguarda la misoginia, il ruolo degli stereotipi sul totale dello hate speech è marginale. Quasi a suggerire che certi assetti culturali profondi, per quel che riguarda la formazione di odio (vedi cultura storica del patriarcato) stiano cambiando e forse si stiano affievolendo: i “classici” stereotipi sull’inferiorità della donna nella società sono meno presenti nel linguaggio social, più concentrato su insulti connessi al corpo e al look delle donne, nonché su forme di odio misogino “puro”. Un odio misogino, che si configurerebbe dunque maggiormente in quanto dinamica di potere che si esercita sull’altro: per annullarlo, sottometterlo, anche distruggerlo, come purtroppo la correlazione tuttora evidente tra picchi di odio online e femminicidi parrebbe dimostrare.
- Abilismo (discriminazione nei confronti dei disabili). Il 79,86% dei contenuti sui temi legati all’abilismo è contenuto di odio e venato di stereotipi correlati con lo hate speech. Un dato inquietante, che conferma le analisi della scorsa rilevazione, quando si fece evidente che eravamo, e siamo tuttora, in presenza di una vera distorsione lessicale: l’uso del linguaggio offensivo contro le persone con disabilità si è andato via via allargando, ampliando sia il suo utilizzo originario sia il suo significato, più ampio e meno specifico. Dato il livello di complessità della ricerca attuale, molte sono le questioni rimaste aperte e le domande di ricerca che abbiamo voluto sollevare e iniziare ad approfondire. Ma resta evidente che la Mappa dell’Intolleranza 8 è solo un punto di partenza nel tentativo di circoscrivere, decrittare e interpretare un fenomeno che si fa sempre più pervasivo, pericoloso, inquietante, capace di incidere nel tessuto sociale e di promuovere atteggiamenti criminogeni in fasce di popolazione particolarmente esposte.
giovedì, dicembre 11, 2025
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LIBRO: "I morti degli altri" di Marco Aime e Federico Faloppa
mercoledì, dicembre 10, 2025
LIBRO: "Il coraggio della pace" di Andrea Riccardi
- Il “partito romano”. Politica italiana, Chiesa cattolica e Curia romana da Pio XII a Paolo VI (2007)
- Italia carismatica (2021); La scelta per la pace. Meditazioni tra Bibbia e storia (2022).
- Rigenerare il futuro. Dall’io al noi (2024).
martedì, dicembre 09, 2025
Che fare del vecchio asilo di Palazzolo? Demolire o nuova sede delle Associazioni ora a palazzo Vismara?
- demolizione (ancora da concordare con Roma) ?
- o ristrutturazione (per accogliere le associazioni ora presenti a Palazzo Vismara di cui è ancora in corso la valutazione statica con relativa stima dei costi di ristrutturazione)?
- realizzazione della recinzione
- sistemazione delle aree esterne, vale a dire del parcheggio a supporto dei pendolari che prendono il treno in stazione a Palazzolo. Parcheggio di valore perché già in gran parte "a spugna", poiché tutti i posti auto hanno già una pavimentazione con autobloccanti
- allestimento della cucina. Il progetto iniziale prevedeva un'area adibita a riscaldamento vivande, ma costruzione pressoché ultimata che si è rivelata errata, poiché le norme prevedono una cucina vera e propria per gli asili. Mi auguro che gli extra costi per la revisione del progetto e i costosi interventi di adeguamento alle norme vengano addebitati all'azienda che ha presentato il progetto: vien da pensare che non fosse a conoscenza di norme fondamentali... O devono pagare i cittadini padernesi per l'incompetenza delle aziende che si aggiudicano gli appalti?
- Fornitura degli arredi
lunedì, dicembre 08, 2025
DATA CENTER: Le linee guida e il progetto di legge di regione Lombardia - a RHO il 10 Dicembre 2025
domenica, dicembre 07, 2025
Conferenza Nazionale Industria del Riciclo 2025 - 11 Dicembre - Milano
sabato, dicembre 06, 2025
Il nuovo metodo di Israele per cacciare i palestinesi
da L'Internazionale del 27 Novembre - di Refaat Ibrahim, Al Jazeera, Qatar
In Sudafrica sono atterrati alcuni aerei carichi di abitanti di Gaza. L’ultima di una lunga serie di iniziative decise dagli israeliani per trasferire la popolazione palestinese con la forza
Il 13 novembre un aereo con a bordo 153 palestinesi di Gaza è atterrato in Sudafrica senza la necessaria documentazione. I passeggeri sono rimasti bloccati sull’aereo per dodici ore prima che le autorità sudafricane, che hanno dichiarato di non essere state in formate dagli israeliani sul volo di espulsione, consentissero lo sbarco per motivi umanitari.
I palestinesi a bordo avevano pagato tra i 1.500 e i cinquemila dollari ciascuno a un’azienda chiamata Al Majd Europe per lasciare Gaza. L’iniziativa è gestita da alcuni palestinesi in coordinamento con le autorità di occupazione israeliane. Al meno altri due voli simili sono stati effettuati dal giugno scorso.
Questo è il metodo più recente usato da Israele per spopolare Gaza, un obiettivo storico del suo regime di apartheid che risale all’inizio del novecento. Fin dagli albori del movimento sionista i palestinesi sono stati percepiti come un ostacolo demografico alla creazione di uno stato ebraico.
Alla fine dell’ottocento Theodor Herzl, uno dei padri fondatori del sionismo, scrisse che il trasferimento degli arabi dalla Palestina doveva essere parte del progetto sionista, suggerendo che le popolazioni povere potevano essere spostate oltre i confini e private di opportunità lavorative in modo discreto e oculato.
Nel 1938 David Ben Gurion, leader sionista che in seguito sarebbe diventato il primo premier di Israele, affermò di essere favorevole al “trasferimento” forzato dei palestinesi e di non vederci nulla di “immorale”.
In parte questa visione fu attuata dieci anni dopo con la Nakba del 1948, quando più di 700mila palestinesi furono costretti a lasciare le loro case in quella che lo storico israeliano Benny Morris ha definito una pulizia etnica “necessaria”.
Dopo il 1948 Israele ha proseguito su questa strada.
Negli anni cinquanta decine di migliaia di palestinesi e beduini palestinesi furono trasferiti con la forza dal deserto del Naqab (Negev) alla penisola del Sinai o alla Striscia di Gaza, che all’epoca si trovava sotto l’amministrazione egiziana.
Dopo la guerra del giugno 1967, quando occupò Gaza, la Cisgiordania e Gerusalemme Est, Israele adottò una strategia che definì di “migrazione volontaria”. L’idea era creare condizioni di vita difficili, anche attraverso la demolizione di case e la riduzione delle opportunità di lavoro, per spingere gli abitanti ad andarsene.
Lo stesso fu fatto nei campi profughi di Gaza creando degli “uffici per l’emigrazione”: chi aveva perso ogni speranza di tornare alla propria casa riceveva denaro e l’organizzazione del viaggio per partire. Israele ha anche incoraggiato i palestinesi ad andare a lavorare all’estero, soprattutto nel Golfo. Il prezzo che dovevano pagare per andarsene era l’esilio permanente. Nessun ritorno
Dopo il 7 ottobre 2023
Israele ha visto un’altra possibilità di portare avanti il suo piano di pulizia etnica di Gaza, questa volta attraverso il genocidio e l’espulsione forzata. Ha pensato di avere la simpatia internazionale e il capitale diplomatico necessari per compiere questa atrocità, come dimostrano le dichiarazioni di vari funzionari israeliani, tra cui i ministri Itamar Ben Gvir e Bezalel Smotrich.
Questi ultimi hanno perfino proposto il “piano dei generali” per spopolare completa mente il nord di Gaza. Il nuovo piano per costringere i palestinesi a lasciare Gaza rientra a pieno titolo in questa tendenza storica. La differenza, però, è che stavolta i palestinesi devono pagare il proprio sfollamento forzato e la loro disperazione è sfruttata da collaborazionisti palestinesi in cerca di profitti facili.
Ciò, naturalmente, impoverisce ancora di più la popolazione e crea nuove tensioni e fratture interne. Il piano attuale, come i precedenti, ha la caratteristica fondamentale di negare il ritorno ai palestinesi. Nessuno dei passeggeri dell’aereo ha ricevuto il timbro di uscita sul passaporto, motivo per cui le autorità sudafricane hanno avuto problemi con le procedure di ingresso.
Non avere un documento legale che attesti l’uscita dal territorio di Gaza occupato da Israele significa che queste persone sono classificate automaticamente come migranti irregolari e non possono tornare.
È importante chiarire perché Israele permette la partenza di questi voli, mentre impedisce l’evacuazione di palestinesi malati e feriti o di studenti ammessi in università straniere.
Le loro uscite sarebbero legali e comporterebbero il diritto al ritorno, cosa che Israele non vuole permettere.
Non sorprende che ci siano palestinesi pronti a cadere nell’inganno di questi voli. Due anni di genocidio hanno spinto la popolazione di Gaza a una disperazione inimmaginabile. Tanti abitanti della Striscia salirebbero volentieri su quei voli. Ma Israele non può mandarci tutti in Sudafrica.
In tutti questi decenni di occupazione sionista i palestinesi hanno perseverato. La loro tenacia di fronte a guerre, assedi, incursioni nelle case, demolizioni, furto di terre e assoggettamento economico conferma che la terra di Palestina non è solo un luogo dove vivere, ma un simbolo di identità e storia al quale non vogliono rinunciare.
Negli ultimi due anni Israele ha distrutto le vite e le case di due milioni di palestinesi. E neppure tutto questo è riuscito a uccidere la loro forza d’animo e la voglia di restare aggrappati alla terra. I palestinesi non voleranno via. Siamo qui per restare.
Refaat Ibrahim è uno scrittore di Gaza, che si occupa di questioni sociali, politiche e umanitarie legate alla Palestina.
venerdì, dicembre 05, 2025
TAVOLATA LETTERARIA: Grande successo di pubblico alla presentazione del libro "Da grande volevo fare il comunista" di Ferdinando Larizza
sono promossi dall'Assessore al Commercio MARCO COLORETTI
e patrocinata dal Comune di Paderno Dugnano
con l'intento di promuovere la CULTURA e la RISTORAZIONE LOCALE
LIBRO: "Bugie su mia madre" di Daniela Dröscher - Patriarcato e violenza psicologica
giovedì, dicembre 04, 2025
Vicenda Carrefour: nuovo approccio con i fornitori da parte di NewPrinces - Gs
Il gruppo NewPrinces, neoproprietario della catena di
supermercati, da quando ha ricevuto il via libera dall’Unione Europea per l’acquisto
di Carrefour Italia, e guidato da Angelo Mastrolìa ha già inviato una lettera
ai fornitori dei supermercati che nel giro di tre anni torneranno a esporre la
storica insegna Gs.
La missiva chiede ai fornitori di presentare entro il 15
dicembre – cioè, nel giro di due settimane -le «proposte
commerciali per il 2026, includendo i nuovi prezzi coerenti con lo scenario
attuale».
La richiesta di prezzi più bassi con il «prezzo netto
pulito»
La prima richiesta di NewPrinces ai fornitori è quella di
abbassare i costi delle merci che finiranno sugli scaffali, tenendo conto
della discesa dei prezzi negli ultimi mesi.
«In un contesto di forte deflazione, riteniamo
fondamentale lavorare insieme per mantenere competitività e costruire nuove
opportunità di crescita - si legge nella lettera - per questo motivo sarà
necessario aggiornare le condizioni economiche sin da subito, così da poter
potenziare la collaborazione e generare ulteriori volumi».
La comunicazione di NewPrinces si segnala però anche per
un’altra novità che ha destato sorpresa fra alcuni fornitori, se non
altro per la rapidità della svolta e, quindi, dell’adattamento richiesto alle
aziende produttrici di beni di largo consumo.
«Per rendere i processi più semplici, trasparenti ed
efficaci per entrambe le parti, a partire dal 1° gennaio 2026 adotteremo un
sistema di fatturazione net-net», spiega il gruppo.
Fuori dal gergo della grande distribuzione, ciò significa
che la nuova gestione di Carrefour intende adottare la politica del
«prezzo netto-netto», in base alla quale la catena di supermercati chiederà di
concordare con i fornitori un prezzo iniziale «fisso» sul quale applicherà,
oltre l’Iva, un ricarico, per arrivare al prezzo finale per i consumatori.
Questo sistema semplifica molto la gestione dei contratti
per l’operatore della GDO (Grande Distribuzione Organizzata), ma limita
molto la possibilità di fare sconti e campagne promozionali durante l’anno.
Vantaggi e svantaggi del “prezzo netto pulito”
Si tratta di una strategia già adottata da diverse catene
inglesi e dai discount, ma che si distingue da quella generalmente utilizzata
dai supermercati italiani.
Di norma, infatti, le catene della grande distribuzione
concordano con i fornitori prezzi base per i loro prodotti (i cosiddetti
listini), stabilendo però una serie di clausole contrattuali legate
alla performance di attività che verranno svolte nel corso dell’anno, come la
quantità di attività promozionali, il raggiungimento di target di volumi,
sconti logistici, sconti finanziari, premi di fine anno e via dicendo.
In questo modo, il margine effettivo dell’operatore della
GDO e del fornitore sarà determinato solo alla fine dell’anno.
Con l’acquisizione di Carrefour Italia, il gruppo italiano NewPrinces diventa quindi il secondo gruppo italiano dell’agroalimentare per fatturato: accordo che supera il miliardo di euro e interessa mille punti vendita. E in tre anni tornerà in Italia lo storico marchio Gs, voluto da Angelo Mastrolia, proprietario e presidente esecutivo di NewPrinces.
Il gruppo, in fase di espansione, ha in pancia più di
30 marchi alimentari, tra cui Delverde, Plasmon e Centrale
del Latte.
Conta 13 mila dipendenti in Italia, più di 18 mila nel
mondo, e prevede di chiudere l’esercizio del 2025 con un utile netto
superiore ai 700 milioni di euro.
Spiega Mastrolia in una nota: «Con l’ingresso di Carrefour
Italia, NewPrinces Group raggiunge una dimensione senza precedenti, con
ricavi consolidati pari a circa 7 miliardi di euro e un profilo patrimoniale
che, entro fine anno, prevediamo superiore a 1,1 miliardi».
Per questo ci impegneremo a garantire un approccio equo, trasparente e collaborativo con tutti i fornitori di Carrefour Italia, valorizzando il lavoro delle filiere e assicurando stabilità, correttezza e partnership di lungo periodo».
Il marchio storico Gs
La scelta del marchio Gs è di fatto un ritorno alle origini.
Gs, sigla che sta per Generale Supermercati, è la celebre catena
lanciata negli anni Sessanta da Marco Brunelli e Guido
Caprotti a Roma e diventata un punto di riferimento per gli
italiani.
Tra il 1966 e il 1975 passò alla Sme, che riuniva
le attività agro-alimentari controllate dall’Iri, fino ad entrare nel
1995 nella Schemaventuno delle famiglie Benetton e Del
Vecchio.
Solo nel 2000 venne venduta alla francese Carrefour per
5 mila miliardi di lire.
Cosa cambia per i lavoratori
In attesa del rilancio del marchio che richiederà tempo, le insegne Carrefour
saranno mantenute per un periodo massimo di tre anni.
Resta ancora da sciogliere il nodo dell’occupazione con i
sindacati preoccupati per possibili riduzioni del personale.
In Italia Carrefour impiega ad oggi circa 24 mila
lavoratrici e lavoratori.
Dopo l’incontro del 30 luglio scorso al ministero
delle Imprese e del Made in Italy, Filcams Cgil, Fisascat Cisl e Uiltucs
hanno a più riprese sollecitato la ripresa del confronto con la direzione
aziendale francese e con la nuova proprietà.
Obiettivo: conoscere i contenuti del piano di
rilancio per garantire il mantenimento dei livelli occupazionali, la continuità
delle attività e la corretta applicazione delle normative contrattuali.
Mastrolia ha dichiarato: «Nessuna cassa integrazione, ma un
rilancio con il marchio Gs. E a breve il progetto per la quotazione alla Borsa
di Londra» e intende rilanciare gli oltre mille supermercati italiani di
Carrefour, con un investimento di 200 milioni destinati a iniziative di
sviluppo, innovazione logistica e rinnovamento dell’offerta.
Mentre sui mercati aziende come Nestlé riducono in modo
massiccio gli organici, Mastrolia sembra rilanciare. «La scelta è stata
fatta grazie al nostro supporto perché prima di prendere qualunque decisione
vogliamo capire le competenze di ogni lavoratore — dice Mastrolia —.
Poi presenteremo il piano, a inizio 2026: un progetto di rilancio con il
marchio storico GS».
La rete vede 385 negozi in franchising e gli altri 642 di
proprietà. «Stiamo già esercitando l’opzione di acquisto della proprietà
immobiliare dei negozi — aggiunge l’imprenditore — che sotto le insegne di GS
sarà presidente esecutivo. «Non ci sarà un amministratore delegato —
aggiunge — l’80% del mio tempo sarà impiegato sul gruppo dei supermercati».
Storia diversa dalla vicenda Auchan dove la vendita del
gruppo francese, che abbandonato il mercato italiano della grande
distribuzione, era finita con uno spezzatino, poiché nessuno dei player
italiani voleva l’intero perimetro, e i concorrenti ambivano solo alla rete di
supermercati o a pezzi di essa, forse per motivi Antitrust o perché non
potevano farsi carico anche della sede».