La Resistenza in Italia è
stata anche una guerra civile tra italiani, ma lo è stata all’interno di una
guerra europea e mondiale.
Ed è per questo che tra i
partigiani troviamo combattenti di moltissimi paesi diversi che lottarono
assieme contro il nazismo e il fascismo. Una storia a lungo trascurata e che
oggi, a ottant’anni dalla Liberazione, possiamo finalmente riscoprire.
Nella Resistenza italiana, hanno
combattuto migliaia di persone – non meno di 15-20.000 – che italiane non erano,
ma che sono stati parte integrante di un conflitto globale che ha travolto
confini nazionali e sparso vite e destini ai quattro angoli del pianeta.
Le nazionalità sono decine:
statunitensi e britannici, neozelandesi e sudafricani, jugoslavi e francesi,
libici, etiopi, eritrei e somali, e poi tedeschi, sovietici, polacchi,
cecoslovacchi, ebrei stranieri.
Sono spinti alla lotta da una
pluralità di motivazioni e da una molteplicità di percorsi individuali, che
vanno dall’internazionalismo consapevole – di chi, ad esempio, ha alle spalle
la guerra di Spagna e una lunga militanza politica – alla semplice ricerca di
una via di salvezza individuale.
Ma si trovano coinvolti nello
stesso spicchio di guerra mondiale e nello stesso periodo, e sullo stesso lato
della barricata, saldando le loro traiettorie con quelle degli italiani e di
comunità tradizionalmente perseguitate come quelle di Rom e Sinti.
Perché, se il nazifascismo ha
avuto un’indubbia efficacia di saper compattare le file di chi gli si è opposto,
è però stato sconfitto proprio perché hanno combattuto, fianco a fianco, più
generazioni di uomini e donne, di ogni credo politico, religioso e ceto sociale
di ogni nazione.
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