venerdì, agosto 29, 2025

Si stava peggio quando si stava peggio

 
di Michele Serra

Tornare ai buoni vecchi tempi, quando tutto aveva una sua logica e una sua morale. E soprattutto: tutto era più semplice, meno confuso di adesso. È questo il pensiero magico della destra di tutte le epoche. E ammettiamolo, in ognuno di noi c’è un pezzetto di cerebro che “butta a destra”, che ci suggerisce di ripudiare i tempi confusi e corrotti del presente, e appendere le nostre residue certezze al chiodo del passato. C’è una “destra psicologica” che è ben più potente e radicata della destra politica. Parlo di me, per esempio, che quando ripenso ai miei anni giovanili nel Pci e all’Unità (organo del Partito Comunista Italiano) tendo a dimenticare problemi e storture, e a idealizzare il bene, le esperienze formative, i buoni insegnamenti, le tante belle persone conosciute.

Sappiamo tutti che l’età dell’oro non è mai esistita, e niente è più inutile e più frustrante della nostalgia. Però, a pensarci bene, il presente è così tormentato e incerto, così pericoloso, per tanti aspetti così informe, che il trionfo delle destre occidentali si spiega quasi da solo. È la paura del presente a gonfiare le vele dei vari sovranismi e nazionalismi; e la fatica spropositata dei progressisti, che proprio non ce la fanno a dare l’idea di sapere come ridare al mondo un ordine migliore e più giusto, non aiuta a sperare che questa fase possa avere fine al più presto; e si possa tornare a dire “futuro” con speranza e curiosità.

Tutta questa pappardella è per dirvi, in sostanza, che sappiamo poco e male che cosa bisogna fare, ma sappiamo piuttosto bene che cosa NON bisogna fare. Non dobbiamo illuderci che frugando nel passato possiamo trovare gli attrezzi per aggiustare il presente. Martello e cacciavite, se devi rimettere in marcia un computer in panne, non servono: e il fatto che siano oggetti familiari e funzionali, di solida tradizione e di uso quotidiano (ho un armamentario di attrezzi invidiabile, un vero e proprio arsenale) non ci autorizza a spacciarli per rimedio universale.

Ci sono parecchi esempi di questo febbrile spaccio di “rimedi della nonna” (Make Grandma Great Again!) che la destra occidentale propina a tutto spiano, con l’aggravante di infiocchettarli come scelte innovative. Per dirne una, ho appena riletto una mia satira di quasi vent’anni fa sulla sedicente riforma della scuola (allora era di turno la ministra Gelmini, ve la ricordate?) che potrebbe essere riciclata oggi con minime varianti. Anche allora l’animus che ispirava i nostri eroi, anzi i loro eroi, era: tutta ’sta pedagogia, psicologia, tutto ’sto chiacchierare sull’inclusione, le fragilità, le difficoltà di apprendimento, ci hanno stufato. La scuola deve tornare alla selezione, alla severità, al voto di condotta, poche storie. Funzionava meglio quando il principio di autorità non era così sfilacciato. E dentro ciascuno è viva la fiammella della tentazione: e se fosse vero? E se davvero per rimettere a posto le cose bastasse fare “come si è sempre fatto”?
Spegnetela, quella fiammella. È mendace. Si stava peggio quando si stava peggio, i maestri bacchettavano le mani dei bambini, l’umiliazione dei meno capaci era la regola, i poveri e i ricchi non facevano le stesse scuole (i poveri spesso non ne facevano affatto). 

La satira che segue è del 2008. Spero che aiuti, alla sua maniera, a ridere del reazionario che è in ciascuno di noi.

“Ecco, punto per punto, i capitoli fondamentali della riforma Gelmini.
Maestra unica - Per rendere più chiaro e credibile il ritorno alla pedagogia tradizionale, la maestra unica dovrà avere la crocchia ed essere preferibilmente bassa e grassa con il vestito a fiorellini, come le care vecchie maestre di una volta. Anche ove la maestra unica dovesse essere di sesso maschile, il vestito a fiorellini e la crocchia sono obbligatori. Insegnerà tutte le materie con l'ausilio dello strumento educativo che tanto ha dato alle generazioni passate, la bacchetta. Con la quale indicare alla lavagna la corretta grafia di 'taccuino' e 'soqquadro' e colpire con energia l'alunno somaro. Il cappello da somaro, per adeguarsi ai mutamenti sociali, sarà di Hugo Boss, che ha vinto il concorso tra gli stilisti presentando un modello con le orecchie forate per ospitare le cuffiette stereo e gli orecchini.
Libri di testo - Tra le letture per le scuole elementari, tornano le amate figure sociali di una volta. Tra i titoli, 'Il solerte mugnaio', 'La lavandaia canterina', 'Arriva l'arrotino!' e 'Il campanaro del mio paesello', tutti ristampati. Di nuova fattura 'Il precario felice', 'Il pilota licenziato', 'La velina rispettosa' e 'Impariamo a fare le aste su Internet'.
Grembiule - Azzurro per i maschietti, nero per le femminucce, dovrà essere indossato fino al giorno della tesi di laurea, con il fiocco bene annodato e il cestino della merenda sempre a portata di mano. Anche le università dovranno dotarsi di un'altalena in cortile per la ricreazione.
Programmi - La bella calligrafia sarà la materia più importante, il pennino e il calamaio torneranno a fare bella mostra di sé sui banchi, le macchie di inchiostro che terrorizzarono generazioni di italiani torneranno a terrorizzare le nuove leve. Durante le simulazioni al ministero, alcuni alunni hanno usato il pennino per tatuarsi, altri hanno bevuto l'inchiostro, altri ancora sono morti dissanguati nel tentativo di pulire il pennino dall'involto di morchia e carta fradicia che lo avvolgeva dopo pochi secondi. Già negli anni Venti del secolo scorso un gruppo di traumatologi e di psicologi aveva chiesto la messa al bando del pennino, equiparato a una piccola alabarda e usato con destrezza solo dai figli delle guardie svizzere. Ma il ministro Gelmini sostiene che l'esperienza del pennino fortifica, ed è risoluta ad adottarlo insieme al sussidiario con le poesie di Angiolo Silvio Novaro.
Materiale scolastico - Dovrà essere sempre in ordine. Quest'anno, a causa della stretta economica, oltre a riga, righello, squadra, gomma, temperamatite, quaderni, libri, diario, gli alunni dovranno portarsi da casa anche il banco e la sedia.
Disciplina - Torna la figura del capoclasse, che secondo i canoni già collaudati sarà uno stronzetto o una stronzetta, dall'aria saputella, incaricato di segnare alla lavagna i fannulloni. I bimbi poveri potranno essere nuovamente assistiti dal Patronato Scolastico, con le stesse modalità già note nei felici anni Cinquanta e Sessanta: i bambini ricchi daranno alla maestra qualche monetina da destinare ai compagni più sfortunati. La maestra cercherà di scappare con il gruzzolo per comperarsi finalmente qualcosa da mangiare e, se possibile, un nuovo vestito a fiorellini”.

«Non dobbiamo illuderci che frugando nel passato possiamo trovare gli attrezzi per aggiustare il presente»




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