Tornare ai buoni vecchi tempi, quando
tutto aveva una sua logica e una sua morale. E soprattutto: tutto era più
semplice, meno confuso di adesso. È questo il pensiero magico della destra di
tutte le epoche. E ammettiamolo, in ognuno di noi c’è un pezzetto di cerebro
che “butta a destra”, che ci suggerisce di ripudiare i tempi confusi e corrotti
del presente, e appendere le nostre residue certezze al chiodo del passato. C’è
una “destra psicologica” che è ben più potente e radicata della destra
politica. Parlo di me, per esempio, che quando ripenso ai miei anni giovanili
nel Pci e all’Unità (organo del Partito Comunista Italiano)
tendo a dimenticare problemi e storture, e a idealizzare il bene, le esperienze
formative, i buoni insegnamenti, le tante belle persone conosciute.
Sappiamo tutti che l’età dell’oro
non è mai esistita, e niente è più inutile e più frustrante della nostalgia.
Però, a pensarci bene, il presente è così tormentato e incerto, così
pericoloso, per tanti aspetti così informe, che il trionfo delle destre occidentali
si spiega quasi da solo. È la paura del presente a gonfiare le vele dei vari
sovranismi e nazionalismi; e la fatica spropositata dei progressisti, che
proprio non ce la fanno a dare l’idea di sapere come ridare al mondo un ordine
migliore e più giusto, non aiuta a sperare che questa fase possa avere fine al
più presto; e si possa tornare a dire “futuro” con speranza e curiosità.
Tutta questa pappardella è per
dirvi, in sostanza, che sappiamo poco e male che cosa bisogna fare, ma sappiamo
piuttosto bene che cosa NON bisogna fare. Non dobbiamo illuderci che frugando
nel passato possiamo trovare gli attrezzi per aggiustare il presente. Martello
e cacciavite, se devi rimettere in marcia un computer in panne, non servono: e
il fatto che siano oggetti familiari e funzionali, di solida tradizione e di
uso quotidiano (ho un armamentario di attrezzi invidiabile, un vero e proprio
arsenale) non ci autorizza a spacciarli per rimedio universale.
Ci sono parecchi esempi di questo
febbrile spaccio di “rimedi della nonna” (Make Grandma Great Again!) che
la destra occidentale propina a tutto spiano, con l’aggravante di
infiocchettarli come scelte innovative. Per dirne una, ho appena riletto una
mia satira di quasi vent’anni fa sulla sedicente riforma della scuola (allora
era di turno la ministra Gelmini, ve la ricordate?) che potrebbe essere
riciclata oggi con minime varianti. Anche allora l’animus che ispirava i nostri
eroi, anzi i loro eroi, era: tutta ’sta pedagogia, psicologia, tutto ’sto
chiacchierare sull’inclusione, le fragilità, le difficoltà di apprendimento, ci
hanno stufato. La scuola deve tornare alla selezione, alla severità, al voto di
condotta, poche storie. Funzionava meglio quando il principio di autorità non
era così sfilacciato. E dentro ciascuno è viva la fiammella della tentazione: e
se fosse vero? E se davvero per rimettere a posto le cose bastasse fare “come
si è sempre fatto”?
Spegnetela, quella fiammella. È mendace. Si stava peggio quando si stava
peggio, i maestri bacchettavano le mani dei bambini, l’umiliazione dei meno
capaci era la regola, i poveri e i ricchi non facevano le stesse scuole (i
poveri spesso non ne facevano affatto).
La satira che segue è del 2008. Spero
che aiuti, alla sua maniera, a ridere del reazionario che è in ciascuno di noi.
“Ecco, punto per punto, i capitoli fondamentali della
riforma Gelmini.
Maestra unica - Per rendere più chiaro e credibile il
ritorno alla pedagogia tradizionale, la maestra unica dovrà avere la crocchia
ed essere preferibilmente bassa e grassa con il vestito a fiorellini, come le
care vecchie maestre di una volta. Anche ove la maestra unica dovesse essere di
sesso maschile, il vestito a fiorellini e la crocchia sono obbligatori.
Insegnerà tutte le materie con l'ausilio dello strumento educativo che tanto ha
dato alle generazioni passate, la bacchetta. Con la quale indicare alla lavagna
la corretta grafia di 'taccuino' e 'soqquadro' e colpire con energia l'alunno
somaro. Il cappello da somaro, per adeguarsi ai mutamenti sociali, sarà di Hugo
Boss, che ha vinto il concorso tra gli stilisti presentando un modello con le
orecchie forate per ospitare le cuffiette stereo e gli orecchini.
Libri di testo - Tra le letture per le scuole elementari,
tornano le amate figure sociali di una volta. Tra i titoli, 'Il solerte
mugnaio', 'La lavandaia canterina', 'Arriva l'arrotino!' e 'Il campanaro del
mio paesello', tutti ristampati. Di nuova fattura 'Il precario felice', 'Il
pilota licenziato', 'La velina rispettosa' e 'Impariamo a fare le aste su
Internet'.
Grembiule - Azzurro per i maschietti, nero per le
femminucce, dovrà essere indossato fino al giorno della tesi di laurea, con il
fiocco bene annodato e il cestino della merenda sempre a portata di mano. Anche
le università dovranno dotarsi di un'altalena in cortile per la ricreazione.
Programmi - La bella calligrafia sarà la materia più
importante, il pennino e il calamaio torneranno a fare bella mostra di sé sui
banchi, le macchie di inchiostro che terrorizzarono generazioni di italiani
torneranno a terrorizzare le nuove leve. Durante le simulazioni al ministero,
alcuni alunni hanno usato il pennino per tatuarsi, altri hanno bevuto
l'inchiostro, altri ancora sono morti dissanguati nel tentativo di pulire il
pennino dall'involto di morchia e carta fradicia che lo avvolgeva dopo pochi
secondi. Già negli anni Venti del secolo scorso un gruppo di traumatologi e di
psicologi aveva chiesto la messa al bando del pennino, equiparato a una piccola
alabarda e usato con destrezza solo dai figli delle guardie svizzere. Ma il
ministro Gelmini sostiene che l'esperienza del pennino fortifica, ed è risoluta
ad adottarlo insieme al sussidiario con le poesie di Angiolo Silvio Novaro.
Materiale scolastico - Dovrà essere sempre in ordine.
Quest'anno, a causa della stretta economica, oltre a riga, righello, squadra,
gomma, temperamatite, quaderni, libri, diario, gli alunni dovranno portarsi da
casa anche il banco e la sedia.
Disciplina - Torna la figura del capoclasse, che secondo
i canoni già collaudati sarà uno stronzetto o una stronzetta, dall'aria
saputella, incaricato di segnare alla lavagna i fannulloni. I bimbi poveri
potranno essere nuovamente assistiti dal Patronato Scolastico, con le stesse
modalità già note nei felici anni Cinquanta e Sessanta: i bambini ricchi
daranno alla maestra qualche monetina da destinare ai compagni più sfortunati.
La maestra cercherà di scappare con il gruzzolo per comperarsi finalmente
qualcosa da mangiare e, se possibile, un nuovo vestito a fiorellini”.
«Non dobbiamo illuderci che frugando nel passato possiamo trovare gli attrezzi per aggiustare il presente»
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