Da “Il Corriere della Sera” del 8 Maggio 2025 di
Alessandro Fulloni
La scena raccontata dalla dottoressa che ha firmato la denuncia è choccante. La donna — siamo all’inizio di gennaio — entra nello studio del primario per discutere del piano ferie.
Senonché lui,
Emanuele Michieletti, 60 anni, responsabile del reparto di Radiologia
dell’ospedale di Piacenza, secondo il racconto a verbale chiude immediatamente
a chiave la stanza, sbatte la collega contro un mobile, la violenta. Un’aggressione
interrotta dall’arrivo di un terzo medico che bussa alla porta. Sconvolta, la
dottoressa si rivolge poi alla direzione della Ausl emiliana. Segnala
l’accaduto, i dirigenti la sostengono. Viene firmata la denuncia che atterra
sul tavolo della procuratrice Grazia Pradella.
Da ieri Michieletti è agli arresti domiciliari e le accuse
che gli sono piombate addosso al termine dell’indagine della squadra mobile
diretta da Michele Saglio sono quelle di violenza sessuale aggravata e atti
persecutori.
Sconcertante il quadro raccontato dalle carte giudiziarie
su ciò che accadeva nel reparto. Le violenze ai danni di dottoresse e
infermiere sarebbero state continue. Le telecamere piazzate dagli investigatori
nello studio del primario — con l’utenza intercettata — ne hanno contate 32 in
45 giorni.
Ma in questa vicenda c’è pure un corollario che comprende la
paura di denunciare da parte di alcune delle presunte vittime e ciò che gli
inquirenti definiscono, senza mezzi termini, «l’omertà» di quel reparto che ha
ostacolato l’indagine.
Le condotte del medico per gli investigatori erano «note
da tempo» e lo stesso Michieletti se ne sarebbe vantato con alcuni colleghi
uomini tanto da ricevere «suggerimenti» su come regolarsi nel corso di quegli
incontri. Ed è anche per questo che secondo gli inquirenti il clima in
ospedale «era gravemente omertoso ed autoreferenziale».
Poi c’è il caso di un’altra dottoressa che aveva
inizialmente denunciato il primario, salvo ripensarci nel giro di poche
ore per «timore — si legge nel comunicato della Questura — delle
conseguenze lavorative e professionali». Dalle testimonianze,
Michieletti — nato a Vercelli e laurea a Milano, assai noto a Piacenza per
essere spesso intervistato dalla stampa cittadina — viene descritto come
«potente», sia per il suo incarico, sia per le sue «conoscenze».
Secondo gli investigatori, il medico, «di fatto, compiva
atti sessuali con quasi tutte le donne che varcavano da sole la porta del suo
ufficio» anche se in alcuni casi i rapporti, sempre nell’orario di lavoro,
sarebbero stati «consenzienti».
Ma in linea di massima «le richieste erano
espressione di atteggiamenti prevaricatori, evidenziati dalle riprese
audio-video». Non solo. «Le flebili resistenze delle vittime, ormai in
stato di prostrazione, erano vinte di volta in volta, ed ogni giorno
ricominciavano nuovi abusi».
Quanto al reato di stalking, ravvisato in almeno due casi,
per la Procura si configura con la «continuità con cui le vittime» — «turbate»
quando venivano convocate nello studio in ospedale addirittura con chiamate
tramite l’altoparlante — erano «costrette a subire» molestie e violenze «con il
timore di ripercussioni nel caso avessero scelto di sottrarsi».
La Ausl di Piacenza sta valutando come procedere nei confronti del medico e non è esclusa la costituzione di parte civile. Sulla vicenda sono intervenute anche le associazioni professionali. Per Ester Pasetti (Anaao regionale) «le donne sono, loro malgrado, in una posizione di “inferiorità” anche in ambiti professionalizzati e nei quali sono maggioranza, purtroppo silenziosa».
Per Filippo Anelli, presidente della Fnomceo (Federazione medici) su questi fatti:
«non bisogna aver paura di denunciare»
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