sabato, maggio 31, 2025

REFERENDUM 2025 - Quesito n.5: Più integrazione con la cittadinanza italiana

Referendum 5. Più integrazione con la cittadinanza italiana

Quesito: «Volete voi abrogare l'articolo 9, comma 1, lettera b), limitatamente alle parole “adottato da cittadino italiano” e “successivamente alla adozione”; nonché la lettera f), recante la seguente disposizione: “f) allo straniero che risiede legalmente da almeno dieci anni nel territorio della Repubblica.”, della legge 5 febbraio 1992, n. 91, recante nuove norme sulla cittadinanza”?»

Il QUINTO referendum abrogativo propone di dimezzare da 10 a 5 anni dei tempi di residenza legale in Italia per la richiesta di concessione della cittadinanza italiana, ripristinando un requisito introdotto nel 1865 e rimasto invariato fino al 1992. Nel dettaglio si va a modificare l’articolo 9 della legge n. 91/1992 con cui si è innalzato il termine di soggiorno legale ininterrotto in Italia ai fini della presentazione della domanda di concessione della cittadinanza da parte dei maggiorenni.

Il referendum sulla Cittadinanza Italiana non va a modificare gli altri requisiti richiesti per ottenere la cittadinanza quali: la conoscenza della lingua italiana, il possesso negli ultimi anni di un consistente reddito, l’incensuratezza penale, l’ottemperanza agli obblighi tributari, l’assenza di cause ostative collegate alla sicurezza della Repubblica. Questa modifica costituisce una conquista decisiva per circa 2 milioni e 500mila cittadine e cittadini di origine straniera che nel nostro Paese nascono, crescono, abitano, studiano e lavorano. Allineiamo l’Italia ai maggiori Paesi Europei, che hanno già compreso come promuovere diritti, tutele e opportunità garantisca ricchezza e crescita per l’intero Paese.

 

venerdì, maggio 30, 2025

REFERENDUM 2025 - Quesito n.4: Più sicurezza sul lavoro

 

Referendum 4. Più sicurezza sul lavoro

Quesito: «Volete voi l’abrogazione dell’art. 26, comma 4, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, recante “Attuazione dell’articolo 1 della legge 3 agosto 2007, n. 123, in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro” come modificato dall’art. 16 del decreto legislativo 3 agosto 2009 n. 106, dall’art. 32 del decreto legge 21 giugno 2013, n. 69, convertito con modifiche dalla legge 9 agosto 2013, n. 98, nonché dall’art. 13 del decreto legge 21 ottobre 2021, n. 146, convertito con modifiche dalla legge 17 dicembre 2021, n. 215, limitatamente alle parole “Le disposizioni del presente comma non si applicano ai danni conseguenza dei rischi specifici propri dell’attività delle imprese appaltatrici o subappaltatrici.”?»

Il QUARTO quesito interviene in materia di salute e sicurezza sul lavoro. Arrivano fino a 500mila, in Italia, le denunce annuali di infortunio sul lavoro. Quasi 1000 i morti, che vuol dire che in Italia ogni giorno tre lavoratrici o lavoratori muoiono sul lavoro. Modifichiamo le norme attuali, che impediscono in caso di infortunio negli appalti di estendere la responsabilità all’impresa appaltante. Cambiamo le leggi che favoriscono il ricorso ad appaltatori privi di solidità finanziaria, spesso non in regola con le norme antinfortunistiche. Abrogare le norme in essere ed estendere la responsabilità dell’imprenditore committente significa garantire maggiore sicurezza sul lavoro.

 


giovedì, maggio 29, 2025

REFERENDUM 2025 - Quesito n.3: Riduzione del lavoro precario

Referendum 3. Riduzione del lavoro precario

Quesito: «Volete voi l’abrogazione dell’articolo 19 del d.lgs. 15 giugno 2015, n. 81 recante “Disciplina organica dei contratti di lavoro e revisione della normativa in tema di mansioni, a norma dell’articolo 1, comma 7, della legge 10 dicembre 2014, n. 183”, comma 1, limitatamente alle parole “non superiore a dodici mesi. Il contratto può avere una durata superiore, ma comunque”, alle parole “in presenza di almeno una delle seguenti condizioni”, alle parole “in assenza delle previsioni di cui alla lettera a), nei contratti collettivi applicati in azienda, e comunque entro il 31 dicembre 2025, per esigenze di natura tecnica, organizzativa e produttiva individuate dalle parti;” e alle parole “b bis)”; comma 1 -bis , limitatamente alle parole “di durata superiore a dodici mesi” e alle parole “dalla data di superamento del termine di dodici mesi”; comma 4, limitatamente alle parole “,in caso di rinnovo,” e alle parole “solo quando il termine complessivo eccede i dodici mesi”; articolo 21, comma 01, limitatamente alle parole “liberamente nei primi dodici mesi e, successivamente,”?» 

Il TERZO quesito referendario punta all’eliminazione di alcune norme sull’utilizzo dei contratti a termine per ridurre la piaga del precariato. In Italia circa 2 milioni e 300 mila persone hanno contratti di lavoro a tempo determinato. I rapporti a termine possono oggi essere instaurati fino a 12 mesi senza alcuna ragione oggettiva che giustifichi il lavoro temporaneo. Rendiamo il lavoro più stabile. Ripristiniamo l’obbligo di causali per il ricorso ai contratti a tempo determinato.

 

mercoledì, maggio 28, 2025

Parole O_Stili: Parole per parlare di obesità in modo inclusivo – 08_Stili di vita

Quando parliamo di “stili di vita” in relazione all’obesità, ci riferiamo a un insieme di comportamenti quotidiani che influenzano in modo diretto la salute e il peso corporeo. 

Questi comportamenti includono le abitudini alimentari, il livello di attività fisica, il consumo di alcol e persino le modalità di gestione dello stress. 

Tuttavia, i due aspetti principali che concorrono a determinare l’obesità sono la suscettibilità genetica, stimabile intorno al 40-70%, cioè la predisposizione genetica dell’individuo a sviluppare obesità, e i fattori ambientali. 

È importante riconoscere che l’obesità non è solo una questione di responsabilità individuale, ma anche il risultato di condizioni sistemiche. 

Livello educativo, occupazione, relazioni sociali e reddito influenzano profondamente gli stili di vita, con un impatto spesso più significativo di quanto si pensi. 

Gli stili di vita, quindi, sono il risultato di un equilibrio tra scelte individuali e contesto sociale. 

Per combattere efficacemente l’obesità, è fondamentale agire su entrambi i fronti: sostenere le persone nel migliorare i propri comportamenti, ma anche trasformare l’ambiente in cui vivono affinché queste scelte siano più accessibili e sostenibili.

martedì, maggio 27, 2025

REFERENDUM 2025 - Quesito n.2: Più tutele per le lavoratrici e i lavoratori delle piccole imprese

Referendum 2. Più tutele per le lavoratrici e i lavoratori delle piccole imprese

Quesito: «Volete voi l’abrogazione dell’articolo 8 della legge 15 luglio 1966, n. 604, recante “Norme sui licenziamenti individuali”, come sostituito dall’art. 2, comma 3, della legge 11 maggio 1990, n. 108, limitatamente alle parole: “compreso tra un”, alle parole “ed un massimo di 6” e alle parole “La misura massima della predetta indennità può essere maggiorata fino a 10 mensilità per il prestatore di lavoro con anzianità superiore ai dieci anni e fino a 14 mensilità per il prestatore di lavoro con anzianità superiore ai venti anni, se dipendenti da datore di lavoro che occupa più di quindici prestatori di lavoro.”?»

Il SECONDO quesito riguarda la cancellazione del tetto all’indennità nei licenziamenti nelle piccole imprese. In quelle con meno di 16 dipendenti, in caso di licenziamento illegittimo oggi una lavoratrice o un lavoratore può al massimo ottenere 6 mensilità di risarcimento, anche qualora una/un giudice reputi infondata l’interruzione del rapporto. Questa è una condizione che tiene le/i dipendenti delle piccole imprese (circa 3 milioni e 700mila) in uno stato di forte soggezione. Obiettivo è innalzare le tutele di chi lavora, cancellando il limite massimo di sei mensilità all’indennizzo in caso di licenziamento ingiustificato affinché sia la/il giudice a determinare il giusto risarcimento senza alcun limite.


lunedì, maggio 26, 2025

REFERENDUM 2025 - Quesito n.1: Stop ai licenziamenti illegittimi

Referendum 1. Stop ai licenziamenti illegittimi

Quesito: «Volete voi l’abrogazione del d.lgs. 4 marzo 2015, n. 23, recante “Disposizioni in materia di contratto di lavoro a tempo indeterminato a tutele crescenti, in attuazione della legge 10 dicembre 2014, n. 183” nella sua interezza?»

Il PRIMO dei quattro referendum sul lavoro chiede l’abrogazione della disciplina sui licenziamenti del contratto a tutele crescenti del Jobs Act. Nelle imprese con più di 15 dipendenti, le lavoratrici e i lavoratori assunti dal 7 marzo 2015 in poi non possono rientrare nel loro posto di lavoro dopo un licenziamento illegittimo. Sono oltre 3 milioni e 500mila ad oggi e aumenteranno nei prossimi anni le lavoratrici e i lavoratori penalizzati da una legge che impedisce il reintegro anche nel caso in cui la/il giudice dichiari ingiusta e infondata l’interruzione del rapporto. Abroghiamo questa norma, diamo uno stop ai licenziamenti privi di giusta causa o giustificato motivo.

 

domenica, maggio 25, 2025

LIBRO: “Il femminismo della mia vicina” di Luciana Castellina e Ginevra Bompiani

 

Luciana Castellina e Ginevra Bompiani, grandi amiche, grandi personalità, si raccontano come donne e come femministe, tracciano un bilancio e fanno progetti.

Ripercorrono la propria vicenda a partire dall'infanzia, fino al rapporto con l'altro sesso e alla maternità;
la formazione femminista, Bompiani nel gruppo Rivolta Femminile e Castellina nel Pci e nell'Udi;
e ragionano sul femminismo storico e su quello contemporaneo, sul dibattito attuale e sulle principali battaglie: dalla legislazione al Me Too, dal concetto di identità al pensiero della differenza, dalla questione linguistica alle quote rosa.
La storia intellettuale di Bompiani e quella politica di Castellina si incontrano in un'amicizia che è fatta anche di contrasti, di posizioni diverse, ma che trova una piena convergenza nella necessità della lotta di genere.

Un libro che ha lo sguardo rivolto al passato e al futuro in un'epoca in cui l'unica rivoluzione che sembra riuscita è il nuovo modo di concepire la donna e di denunciare il patriarcato.


sabato, maggio 24, 2025

CONFERENZA: 'Città bene comune - Rigenerazione urbana e territoriale al plurale. Itinerari in un campo sfocato' con Arturo Lanzani


La conferenza sarà tenuta da Arturo Lanzani,  neo-confermato presidente del Parco GruBria, professore di “Geografia del paesaggio e dell’ambiente” del Politecnico di Milano.

La  conferenza dal titolo certamente interessante con ospiti decisamente qualificati, 
si terrà mercoledì 28 maggio - ore 18.00, presso la Casa della Cultura (Via Borgogna, 3 - Milano)

Il potere calmante della voce

Da L’Internazionale del 24/1 Maggio 2025 di Asha Dore, The Washington Post, Stati Uniti 

Gli esercizi vocali e di respirazione possono aiutare a tranquillizzare sé stessi e gli altri. È una pratica che si può fare ovunque, con benefici supportati dalla ricerca scientifica.
Per anni ho insegnato che usare la voce è uno dei modi più facili per calmarsi. Nel mio lavoro di logopedista aiuto persone con disturbi della comunicazione e del linguaggio e assisto le famiglie di chi affronta tratta menti difficili legati a ictus, tumori alla testa e al collo e altri problemi medici.
Nella mia vita lavorativa e personale ho scoperto che un lavoro efficace sulla voce può portare al rilassamento.
Il segreto è la respirazione profonda e lenta, con il controllo delle vibrazioni che risuonano nel corpo e che creiamo ogni volta che parliamo, facciamo i gargarismi o cantiamo.
Le pieghe vocali, meglio note come corde vocali, sono due fasce di tessuto all’interno della laringe. Quando non parliamo sono aperte e ci consentono di respirare.
Quando parliamo, invece, al passaggio dell’aria che proviene dai polmoni si avvicinano producendo vibrazioni che creano suoni ed echi nella gola, nel naso e nella bocca (per sentirle basta poggiare con delicatezza le dita alla base della gola mentre si emettono dei suoni).
Negli anni novanta lo psicologo e ricercatore Stephen Porges ha proposto la teoria polivagale, che collega il rilassamento del sistema nervoso al respiro, al battito cardiaco, all’apparato digerente e alla voce.
Anche se la teoria non ha riscosso un consenso generale, negli ultimi trent’anni la ricerca ha dimostrato che il controllo delle vibrazioni nel collo può stimolare una risposta rilassante simile a quella di altre tecniche di mindfulness.
“La vibrazione delle pieghe vocali stimola il nervo laringeo ricorrente, che è un ramo del nervo vago”, spiega Mathilde Shisko, allenatrice della voce che lavora per l’organizzazione non profit Polyvagal institute, fondata tra gli altri da Porges che è anche a capo del Traumatic stress research consortium dell’università dell’Indiana.
“Ogni vocalizzazione con una prosodia, come il canto, i vocalizzi o la cantilena, suscita una risposta del sistema nervoso parasimpatico che ci permette di riposare, digerire e rinfrancarci”, sostiene Shisko.
Il lavoro sulla voce si può praticare ovunque. Bastano dai tre ai cinque minuti, anche se esercizi più prolungati probabilmente danno risultati migliori. In piedi o da seduti, l’importante è che la schiena sia dritta e rilassata.
I vocalizzi sono il primo passo e la ricerca dimostra che aiutano a rilassarsi. In uno studio che ha confrontato gli effetti calmanti di canto, attività fisica e sonno, il primo ha prodotto nei partecipanti l’indi ce di stress più basso con effetti positivi al livello cardiovascolare, respiratorio e psicologico.
Un altro studio ha dimostrato che i vocalizzi hanno effetti benefici sulla parte del cervello che controlla l’umore, l’ansia, le capacità cognitive e la memoria. Due minuti di questa pratica si possono introdurre in vari momenti del giorno: alla fine di un allenamento, lungo il tragitto per il lavoro, a letto oppure in bagno prima di un incontro importante.
Per esercitarsi basta inspirare a fondo per tre o quattro secondi, espandendo il torace e la pancia, e poi espirare per una decina di secondi emettendo un lungo “mmm” con le labbra chiuse. Si raccomanda di prestare attenzione a cosa si sente nel corpo prima, durante e dopo l’esercizio.
Se si ha tempo si possono provare tonalità diverse per vedere quale funziona meglio. “Accogliere le vibrazioni interne, per esempio cantando a bocca chiusa, spesso favorisce un rilassamento ulteriore”, dice Nathan Morgan, coordinatore degli istruttori del Seattle voice lab che offre terapia e formazione.
“La pratica permette agli studenti di concentrarsi e di migliorare la creatività e la libertà espressiva”, spiega. Molte persone conoscono il mantra “om” che conclude la lezione di yoga, ma forse non sanno che le ricadute positive sono supportate dalla ricerca.
Da un sondaggio che ha coinvolto più di 400 partecipanti di 32 paesi che praticano il canto con regolarità, è emersa una qualità della vita migliore e un maggior accesso alla consapevolezza e al cosiddetto flusso, cioè uno stato in cui si è totalmente immersi in un’attività.
Si consiglia di cominciare con una vocale e di finire con un suono protratto: accertarsi che gola e bocca siano rilassate, inspirare lentamente e cantare la vocale aperta “a” oppure “o” per poi concludere con un lungo “mmm”.
Helen Lavretsky, docente di psichiatria e direttrice del programma di ricerca su umore, stress e benessere in età avanzata all’ Ucla di Los Angeles, ha studiato i benefici fisiologici della cantilena. Secondo lei i vocalizzi regolano il respiro, calmano il sistema nervoso, “migliorano il sonno, riducono le infiammazioni e possono avere effetti positivi contro l’invecchiamento”.
Se una persona cara è tesa in genere lo si sente nella voce. Se è arrabbiata o triste lo si nota dall’espressione del viso. Gli attori e i musicisti definiscono spesso il corpo come uno “strumento”, e a ragione. Le loro interpretazioni ci suscitano emozioni. Non è magia: si chiama coregolazione emotiva, ed è un processo in cui il senso di calma di una persona aiuta chi le sta intorno a rilassarsi. “Parliamo con il cuore, quasi in senso letterale”, sostiene Shisko, spiegando che il nervo vago è collegato alla voce, al respiro e alla frequenza cardiaca.
Si pensi a un genitore che calma il figlio appena nato parlandogli dolcemente o a una serie televisiva in cui il detective adotta un tono pacato e un’espressione neutra per far sentire il sospettato così al sicuro da spingerlo a confessare. Sono esempi di come si può influenzare il sistema nervoso altrui.
La mia collega Rebecca Tourino Collinsworth, artista teatrale e direttrice creativa di una compagnia di Seattle, insegna e lavora con la voce da oltre vent’anni.
“Dico sempre ai miei studenti che i suoni che emettiamo non devono avere alcuna qualità vocale particolare”. Quando si pratica la respirazione occorre fare molta attenzione alle sensazioni che si provano nella bocca, nella gola e nel torace, consiglia l’artista.
Le sensazioni contano più della qualità del suono. “L’impulso a ‘fare bene’ può essere controproducente, per ché introduce una tensione che può inibire la voce”.
Gli studi dimostrano anche che usare la voce in gruppo crea coregolazione. “Imparare a farlo con gli altri senza esibirsi per loro può rivelarsi un’esperienza dirompente”, dice Tourino Collinsworth.
L’importante è provarci. “Qualunque forma di attenzione e di curiosità verso il respiro e la voce è tempo ben speso”.

 

venerdì, maggio 23, 2025

RHO-MONZA: Sempre in attesa delle mitigazioni ambientali


dal sito di LEGAMBIENTE: SEMPRE IN ATTESA DELLE MITIGAZIONI AMBIENTALI - Legambiente Circolo Grugnotorto Paderno Dugnano

Proviamo a parlare ancora del Progetto di mitigazioni ambientali, nel territorio di Paderno Dugnano, connesse all’autostrada A52 (ex Rho Monza).

Dobbiamo dire, purtroppo, che le modalità e i tempi con cui questo progetto cammina faticosamente sul suo percorso, ormai da 10 anni, rischia di procurare stati di depressione a cui però siamo determinati a resistere.

Quanto era stato detto nell’assemblea pubblica del luglio 2022 https://www.youtube.com/watch?v=jLvBBXXDC8s lasciava pensare che ci si fosse avviati finalmente alla conclusione. E sono passati 3 anni. Abbiamo ripreso questo tema in occasione dell’inaugurazione della “porcata” il 30/11/23 https://www.legambientepadernodugnano.org/notizie/page/5/ e, a quella data, avevamo ricevuto indicazioni che le piantumazioni avrebbero avuto inizio nell’autunno 2024, avendo Serravalle già acquistato gli alberi a pronto effetto nell’autunno precedente. Ma di alberi non se ne sono visti.

Tentiamo un’altra volta di fare un punto sintetico della attuale situazione per quanto ci è dato conoscere. Lo facciamo per tutti in generale, ma soprattutto per coloro che vivono questa vicenda più direttamente, abitando a ridosso dell’autostrada e si chiedono/ci chiedono quale conclusione avrà. Se l’avrà e quando.

Il problema è, ovviamente, complesso e articolato. E vede coinvolti diversi attori : Serravalle, Città Metropolitana, i Ministeri romani ( Ambiente, Infrastrutture, Finanze), il Comune. Ne manca uno e cioè l’Osservatorio Ambientale, voluto dal Ministero dell’ambiente nel 2014 con il compito di vigilare sull’esecuzione dell’opera fino ad un anno dopo la sua conclusione. Per noi era una garanzia. Peccato che sia stato smontato nel 2018 con il risultato che da allora la cabina di regia è finita, di fatto, nelle mani di Serravalle. E questo, a nostro avviso è stato e rimane il problema principale.

Sono molte le questioni aperte che sono oggetto dell’interlocuzione che abbiamo in atto con l’Amministrazione Comunale di Paderno Dugnano, ma in questo momento ci focalizziamo su un punto fondamentale dal quale dipende la soluzione di molti dei problemi oggi ancora sul tavolo. Parliamo del finanziamento del Progetto di mitigazioni ambientali, contenuto nelle Delibere di Giunta n° 175 del 29/11/2018, integrato e modificato in alcune parti dalla Delibera n° 30 del 31/3/2022. 
Su questo aspetto negli ultimi anni si è detto di tutto e di più. Oggi la situazione, detta in estrema sintesi, pare essere questa:

  • L’importo complessivo del Progetto di mitigazioni, sia per la parte in carico a Serravalle, sia per quella in carico al Comune più il rimborso delle spese già effettuate, è stato accettato e approvato dal Ministero dell’Ambiente.
  • I fondi provengono dai pedaggi autostradali che Serravalle tratterrà per la realizzazione delle mitigazioni, anziché versarli, come sarebbe tenuta a fare, al Ministero delle Infrastrutture ed entreranno nel bilancio di Serravalle.
  • Questa modalità deve essere autorizzata/certificata dalla Corte dei Conti che svolge la funzione di controllo sulla gestione finanziaria dello Stato, con la cosiddetta “bollinatura”.
  • I tempi previsti per la bollinatura erano maggio/giugno 2025.

Le fasi successive, subito dopo la bollinatura della Corte dei Conti, prevedono la messa in atto delle gare per l’affidamento della direzione e della esecuzione dei lavori e a seguire l’inizio concreto della realizzazione delle opere di mitigazione.

Quindi, in questo momento, non possiamo fare altro che attendere il momento di svolta della bollinatura. Nel frattempo ci auguriamo che trovino soluzione anche altri quesiti che abbiamo sottoposto all’Amministrazione Comunale, collegati al Progetto complessivo (per es. la cessione di alcune aree di Città

STATI UNITI: La guerra commerciale è già persa

Da L’Internazionale del 9 Maggio: Adam Posen, Foreign Affairs, Stati Uniti

Gli Stati Uniti sono la parte più debole nello scontro con la Cina. Perché molte delle cose che comprano da Pechino sono difficilmente sostituibili.

“Se un paese perde miliardi di dollari negli scambi commerciali praticamente con qualsiasi paese con cui fa affari”, ha scritto una volta il presidente de gli Stati Uniti Donald Trump in un tweet del 2018, “le guerre commerciali sono una buona cosa, e si vincono facilmente”. 

Ad aprile, quando l’amministrazione Trump ha imposto dazi superiori al 100 per cento sulle importazioni degli Stati Uniti dalla Cina, scatenando una pericolosa guerra commerciale, il segretario del tesoro statunitense Scott Bessent ha dichiarato: “Penso che questa escalation della Cina sia stato un grave errore, perché hanno in mano delle carte ridicole. Cosa ci perdiamo noi se i cinesi alzano i dazi contro di noi? Noi esportiamo in Cina un quinto di quello che loro esportano da noi, ecco per ché questa per loro è una mano perdente”

L’amministrazione Trump è convinta di avere quella che la teoria dei giochi definisce una dominanza dell’escalation con la Cina e con qualsiasi altro paese con cui hanno un disavanzo commerciale. 

La dominanza dell’escalation, come si legge in un rapporto della Rand corporation, significa “avere la capacità di intensificare un conflitto in modi che risulteranno svantaggiosi o costosi per l’avversario, mentre l’avversario non può rispondere con lo stesso comportamento”. 

Se la logica dell’amministrazione Trump è corretta, allora la Cina, il Canada e qualsiasi altro paese dovesse rispondere ai dazi statunitensi starebbe effettivamente giocando una mano perdente. 

Questa logica però è sbagliata: nella guerra commerciale è la Cina ad avere la dominanza. 

Gli Stati Uniti ricevono merci vitali da Pechino, che non si possono sostituire nel giro di poco tempo né si possono produrre internamente a costi accessi bili. 

Ridurre questa dipendenza potrebbe essere un buon motivo per prendere dei provvedimenti, ma combattere la guerra in corso prima di averlo fatto è la ricetta per una sconfitta quasi certa, a un prezzo altissimo. 

Le affermazioni dell’amministrazione statunitense sono fuori strada per due ragioni. 

Innanzitutto, entrambi i paesi ne escono danneggiati, perché tutti e due perdono accesso ai prodotti di cui hanno bisogno. Una guerra commerciale è un atto distruttivo che mette a rischio anche le forze e il fronte interno di chi attacca: se chi si difende non ritenesse di poter danneggiare l’aggressore, si arrenderebbe. Il paragone con il poker fatto da Bessent è fuorviante perché il poker è un gioco a somma zero: io vinco solo se tu perdi. Il commercio, invece, è un gioco a somma positiva: nella maggior parte delle situa zioni ci guadagnano tutti. Nel poker l’unico modo per recuperare una puntata è vincere. Nel commercio si ottiene sempre qualcosa, nella forma dei prodotti e dei servizi comprati.

L’amministrazione Trump pensa che più cose si importano meno si ha da perdere: dato che gli Stati Uniti hanno un disavanzo commerciale con la Cina, allora i cinesi sono più vulnerabili. 

È un errore fattuale, non un’opinione discutibile. Bloccare gli scambi commerciali riduce le entrate reali e il potere d’acquisto di un paese. I paesi esportano per guadagnare i soldi con cui comprare cose che non hanno o cose troppo costose da produrre internamente. Per di più, anche se ci si concentra solo sul saldo commerciale bilaterale, per gli Stati Uniti ci sono scarse prospettive di vittoria. 

Nel 2024 le esportazioni statunitensi di beni e servizi in Cina sono state di 199,2 miliardi di dollari e le importazioni dalla Cina di 462,5 miliardi, con un disavanzo di 263,3 miliardi. Il vantaggio spetta all’economia in surplus. La Cina, il paese in surplus, rinuncerà alle vendite, la sua unica moneta; gli Stati Uniti, il paese in disavanzo, rinunceranno a beni e servizi che non producono in modo competitivo o non producono affatto. 

Ma il denaro è sostituibile: se perdi entrate, puoi tagliare le spese, trovare altri mercati, distribuire il peso dei mancati guadagni in tutto il paese o attingere ai risparmi (per esempio con stimoli fiscali). La Cina, come la maggior parte dei paesi in surplus, mette i soldi da parte invece di investirli. Questo significa che, in un certo senso, ha troppi risparmi. Gli aggiustamenti sarebbero relativamente facili. Non ci sarebbero grandi carenze e si potrebbe sostituire gran parte delle vendite agli Stati Uniti con vendite interne o verso altri paesi. I paesi in disavanzo spendono più di quanto risparmiano. Nelle guerre commerciali rinunciano o riducono le forniture di prodotti di cui hanno bisogno (per ché a causa dei dazi costano di più) e che non sono neanche lontanamente intercambiabili o sostituibili come il denaro. Di conseguenza, l’impatto si fa sentire su determinati settori, luoghi o famiglie che devono affrontare la mancanza di prodotti a volte necessari, alcuni dei quali non sostituibili a breve termine. 

I paesi in disavanzo, inoltre, importano capitali, e questo rende gli Stati Uniti più vulnerabili ai cambiamenti di percezione sull’affidabilità del loro governo e sull’attrattiva del paese come posto in cui fare affari. 

Quando l’amministrazione Trump prende decisioni capricciose per imporre un enorme aumento delle tasse e provoca una grande incertezza sulle filiere del settore manifatturiero, il risultato sarà una riduzione degli investimenti negli Stati Uniti e, di conseguenza, un aumento dei tassi d’interesse sul debito. 

In sintesi, l’economia statunitense subirà danni enormi in caso di un’ampia guerra commerciale con la Cina. Di fatto soffrirà di più, e le sofferenze non faranno che aumentare se gli Stati Uniti intensificheranno il livello del conflitto. 

Trump sarà anche convinto di mostrare i muscoli, ma di fatto sta mettendo l’economia statunitense alla mercé di un inasprimento del conflitto da parte cinese. Gli Stati Uniti soffriranno la mancanza di importazioni critiche, dagli ingredienti di base di gran parte dei prodotti farmaceutici ai semiconduttori a basso costo usati nelle automobili e negli elettrodomestici fino ai minerali indispensabili ai processi industriali, compresa la produzione di armi. 

Lo shock nelle forniture provocato dalla drastica riduzione o dall’azzeramento delle importazioni dalla Cina, l’obiettivo delle affermazioni di Trump, si tradurrà nella stagflazione (con trazione del pil insieme all’aumento dell’inflazione), l’incubo macroeconomico che si realizzò negli anni settanta e nel periodo della pandemia di covid-19. In una situazione simile le autorità hanno a disposizione solo scelte terribili e poche possibilità di prevenire la disoccupazione, a meno di non far aumentare ulteriormente l’inflazione. 

L’aggressione economica

Nel caso di una guerra vera e propria, se si ha il timore di essere invasi sarebbe un suicidio provocare l’avversario prima di essersi armati. Questo è sostanzialmente il rischio che si corre con l’aggressione economica di Trump: tenuto conto che l’economia statunitense dipende interamente da fonti cinesi per prodotti essenziali è sconsiderato non assicurarsi forniture alternative o una produzione interna adeguata prima di troncare i rapporti commerciali. 

Si potrebbe considerare tutto questo una mera tattica negoziale, a prescindere dalle affermazioni e dalle azioni di Trump e Bessent. 

Anche da questa prospettiva, però, la strategia farà più danni che altro. Il problema dell’approccio economico di Trump è che per essere credibile ha bisogno di una quantità enorme di minacce autolesioniste, e questo significa che i mercati e le famiglie si aspetteranno un lungo periodo di incertezza. Statunitensi e stranieri investiranno di meno nell’economia degli Stati Uniti e non avranno più fiducia nel fatto che la Casa Bianca possa rispettare un accordo. Sarebbe perciò difficile raggiungere una soluzione negoziata o un accordo per attenuare le tensioni. 

La capacità produttiva degli Stati Uniti, di conseguenza, subirà un declino e questo non farà che rafforzare l’influenza della Cina e di altri paesi sugli Stati Uniti. 

L’amministrazione Trump si sta imbarcando nell’equivalente economico della guerra del Vietnam, una guerra voluta che presto si trasformerà in un pantano, indebolendo la fiducia, sia interna sia internazionale, nell’affidabilità e nella competenza degli Stati Uniti. E si sa com’è an data a finire.

 

giovedì, maggio 22, 2025

Agenda building comunicazione referendum: come si costruisce l’agenda e si induce a cosa (non) pensare

come si costruisce l’agenda e si induce a cosa (non) pensare
giovedì 5 giugno 2025 ore 21
alla Casa della Cultura di Milano (Via Borgogna, 3) e in streaming
  • con Anna Dichiarante (giornalista L’Espresso)
  • e Giorgia Serughetti (filosofa politica unimi)
coordina Federica Cattaneo.
(entrata libera, streaming libero e in differita (4) ArciAtea APS - YouTube )

Si esamineranno i meccanismi della comunicazione che vengono chiamati agenda building e agenda setting, riferiti anche ai prossimi referendum su lavoro e cittadinanza.
L’agenda politica è l’elenco dei temi al centro dell’attenzione delle élite dirigenti e dei cittadini.
La nostra attenzione è inevitabilmente limitata e viene spesso modellata attraverso un processo di agenda building, cioè di costruzione dell’agenda delle questioni politiche e sociali a cui prestiamo maggiore attenzione, ai temi di cui maggiormente si discute.
Ciascuno di noi può contribuire a definire l’agenda ma, ovviamente, è avvantaggiato chi ha più potere e chi controlla i mezzi di informazione.
L'agenda setting è il modo in cui i media decidono quali sono temi e le notizie da trattare o da NON trattare; in altri termini, prima ancora di discutere nel merito di una questione (di esprimere una valutazione positiva o negativa sul tema) si “impone” di parlare soprattutto di alcuni argomenti e non di altri.
È chiaro che la scelta dei temi non dipende solo dalla volontà del proprietario dei media; è l’egemonia culturale che orienta una fase storica, quindi anche l’opinione quotidiana dei cittadini, che rende un fatto più o meno “notiziabile” o da trascurare perché considerato di scarso interesse, indipendentemente (o quasi) dall’orientamento politico del giornalista.
Inoltre, la diffusione dei media informatici e il postmodernismo accentuano la “concentrazione” dell’attenzione su alcuni temi tramite flames, fiammate spesso effimere e superficiali.

Altre info:


 

Presentazione LIBRO: "Cinquantasette giorni. Ti porto con me alla Casa di Paolo Borsellino" 27 Maggio 2025




mercoledì, maggio 21, 2025

Reddito di Libertà: il contributo economico destinato alle donne vittime di violenza, seguite dai centri antiviolenza e dai servizi sociali

Portale Inps - Reddito di Libertà

Cos’è

Reddito di Libertà: dal 12 maggio 2025 è online servizio per nuove domande per il Reddito di Libertà, il contributo economico destinato alle donne vittime di violenza, con o senza figli, seguite dai centri antiviolenza e dai servizi sociali. 

A chi è rivolto

Si rivolge alle donne:

  1. vittime di violenza;
  2. residenti nel territorio italiano:
    • cittadine italiane;
    • cittadine comunitarie;
    • in caso di cittadine di Stato extracomunitario in possesso di regolare permesso di soggiorno, comprese le straniere aventi lo status di rifugiate politiche o di protezione sussidiaria;
  3. in condizione di povertà, legata a uno stato di bisogno straordinario o urgente, dichiarato dal servizio sociale professionale di riferimento territoriale;
  4. seguite da un centro antiviolenza riconosciuto dalla Regione e da un servizio sociale.

    • cittadine italiane;
    • cittadine comunitarie;
    • in caso di cittadine di Stato extracomunitario in possesso di regolare permesso di soggiorno, comprese le straniere aventi lo status di rifugiate politiche o di protezione sussidiaria;

Come funziona

Il Reddito di Libertà è un contributo finalizzato a sostenere le donne nei percorsi di fuoriuscita dalla violenza favorendo:

  • l’autonomia abitativa e personale;
  • il percorso scolastico e formativo dei figli minori.

La misura:

  • ha un importo massimo di 500 euro mensili, concesso in un’unica soluzione per massimo 12 mesi;
  • è compatibile con altri strumenti di sostegno come l’Assegno di Inclusione.

Le donne in possesso dei requisiti, comprese quelle che non hanno ripresentato la domanda entro il 18 aprile 2025, possono presentare la domanda utilizzando il modulo SR208, tramite i comuni di riferimento.

Le domande sono accolte sulla base delle risorse disponibili a livello regionale tenendo conto della data e dell’ora di invio delle stesse. Quelle presentate nel 2025, comprese quelle ripresentate entro il 18 aprile 2025, restano valide sino al 31 dicembre 2025.


Tutti i dettagli nel messaggio 7 maggio 2025, n. 1429.

L’INPS, inoltre, ha elaborato le domande ripresentate nella fase transitoria e ha determinato l’esito delle stesse, sulla base delle risorse disponibili a livello regionale, utilizzando come criterio la data e l’ora di invio della domanda originaria.

Come specificato dalla circolare INPS 5 marzo 2025, n. 54, le domande presentate all’INPS e non accolte potevano essere  ripresentate entro il 18 aprile 2025, previa verifi ca da parte del comune dei requisiti per accedere al contributo. I comuni possono consultare l’esito delle domande ripresentate accedendo alla sezione “Reddito di Libertà” del servizio “Trasmissione domande, istruzioni e software delle prestazioni sociali”.

Parole O_Stili: Parole per parlare di obesità in modo inclusivo - 07_Obesità infantile


L'obesità infantile è una condizione medica caratterizzata da un eccesso di grasso corporeo nei bambini e negli adolescenti. 

Rappresenta una delle maggiori problematiche di salute pubblica a livello globale, con conseguenze significative sulla salute fisica e mentale, oltre che sulla qualità della vita, sia nell’infanzia che in età adulta. 

A differenza degli adulti, per cui l’Indice di Massa Corporea (trovi l’approfondimento in Restare Umani: Parole O_Stili: Parole per parlare di obesità in modo inclusivo - 05_IMC: Indice di Massa Corporea) è uno strumento utile nella diagnosi di sovrappeso e obesità, nei bambini il rapporto tra massa grassa, peso e altezza varia rapidamente con l’età e in modo differente tra maschi e femmine. 

Per questo motivo, si utilizzano le curve centili dell’IMC, che permettono di confrontare i valori di un bambino con quelli di una popolazione di riferimento. 
Un IMC sopra l’85 % (85° centile) è indicativo di sovrappeso, mentre un valore sopra il 97 % (97° centile) segnala obesità. 

Secondo i dati raccolti dallo European Childhood Obesity Surveillance Initiative (COSI) dell’OMS tra il 2022 e il 2024, il 25% dei bambini e delle bambine europei di età compresa tra 7 e 9 anni si trova in condizioni di sovrappeso, e l'11% soffre di obesità. 

Le cause dell’obesità infantile sono molteplici e interconnesse. 
Tra i principali fattori si annoverano una dieta ricca di calorie ma povera di nutrienti, la scarsa attività fisica e fattori genetici. 
Tuttavia, aspetti ambientali, sociali e culturali giocano un ruolo cruciale: dall’ampia disponibilità di cibi poco salutari alla mancanza di spazi sicuri per giocare all’aperto, fino all’eccessiva esposizione ai dispositivi elettronici. 
Le conseguenze sono profonde, sia sul piano fisico che psicologico. 
I bambini con obesità hanno un rischio maggiore di sviluppare malattie come il diabete di tipo 2, ipertensione e malattie cardiovascolari. 
Inoltre, possono soffrire di bassa autostima, isolamento sociale e depressione. 
Affrontare l’obesità infantile richiede interventi mirati su più livelli, che coinvolgano famiglie, scuole e comunità. 

Strategie preventive come l’educazione alimentare, l’attività fisica regolare e campagne di sensibilizzazione possono fare la differenza nel contrastare questa crescente emergenza sanitaria.

martedì, maggio 20, 2025

Parole O_Stili: FAME

La scriviamo senza sapere davvero cosa voglia dire avere FAME.

Secondo il Global Report on Food Crises 2025, 1,9 milioni di persone nel mondo si trovano in una situazione di fame catastrofica (fase IPC 5). La malnutrizione, in particolare quella infantile, ha raggiunto livelli estremamente elevati nella Striscia di Gaza, in Mali, Sudan e Yemen.
“A Gaza, i bambini, le famiglie, gli anziani, sopravvissuti sono ridotti alla fame”, ha detto ieri Papa Leone XIV in Piazza San Pietro. Già, perché in quella striscia di terra oggi ci si può considerare fortunati se si è affamati perché in qualche modo si è sopravvissuti allo sterminio che dura ormai da 590 giorni.
Parlare di fame oggi significa guardare in faccia una contraddizione storica: mai come ora l’umanità ha prodotto così tanto cibo, e mai come oggi milioni di persone continuano a soffrirne la mancanza.
Ad esempio, è in forte aumento la fame causata dagli sfollamenti forzati, con circa 95 milioni di persone costrette a spostarsi, tra cui sfollati interni, richiedenti asilo e rifugiati, che vivono in paesi che affrontano crisi alimentari come il Congo, la Colombia, il Sudan e la Siria, su un totale globale di 128 milioni di persone costrette a spostarsi.
Numeri che fanno impressione ma che forse rischiano di farci perdere di vista la realtà, quella in cui la fame non ha confini ma ha dei volti ed è il sintomo visibile di squilibri e ingiustizie come le guerre, le crisi climatiche, la povertà sistemica e l’iniqua distribuzione delle risorse.

E se la fame diventa un’arma di guerra? 

È questo che sta succedendo a Gaza, dove l'assedio e il blocco degli aiuti umanitari hanno trasformato il bisogno di cibo in un destino ineluttabile. Le immagini che ci raggiungono sulla condizione del popolo palestinese non sono solo fotografie di una orribile crisi umanitaria, ma specchi che ci restituiscono il volto più duro dell’indifferenza internazionale.

Fame e morte ci scorrono davanti ogni giorno, in video, foto, breaking news. 

Le vediamo. Ma spesso non le guardiamo davvero. Scrolliamo, skippiamo, sperando che ciò che abbiamo intravisto non sia mai successo. Non è indifferenza, è difesa. Ma se ci fermiamo qui, rischiamo qualcosa di peggio: l’assuefazione.
Le immagini più crude servono davvero a farci riflettere? È necessario che l’orrore ci entri negli occhi attraverso lo schermo per farci dire: “Sta succedendo qualcosa di ingiusto”? O forse, al contrario, più vediamo, meno sentiamo?

Raccontare una guerra non è mai solo cronaca.

Soprattutto quando si parla di conflitti, la narrazione dei media può influenzare l’opinione pubblica, la politica internazionale, le reazioni delle istituzioni, il grado di mobilitazione o di silenzio del mondo.

Alcuni esempi?

  • “Morti a Gaza”“Vittime civili”, notizie senza nomi e senza storie che ci allontanano dal dolore e non sollecitano le corde della nostra empatia.
  • Gli attacchi vengono descritti spesso in forma passiva, come se avvenissero da soli e per casualità: Crolla edificio”, “Colpito ospedale”, in un’operazione di rimozione del soggetto e quindi della responsabilità

E se a questo aggiungiamo che oltre 200 giornalisti sono morti dal 7 ottobre 2023, la narrazione dei fatti diventa ancora più vulnerabile al filtro dei governi, alle versioni ufficiali e alle fonti militari. 

È nostro diritto e nostro dovere costruirci una nostra idea di pace, di giustizia, di umanità. 

Per questo dobbiamo alimentare il nostro pensiero critico, alzare lo sguardo e accendere conversazioni sui social, a tavola, in ufficio, a scuola.
I social, ad esempio, se usati bene, possono ancora fare la differenza. Possono diventare spazi di confronto, di racconto, di responsabilità.
Noi possiamo fare qualcosa di significativo, anche se piccolo. Possiamo decidere di non passare oltre. Possiamo scegliere parole che contano, che costruiscono.
Perché ogni parola – anche quella scritta in un commento o condivisa in una storia – può essere un seme. E i semi, si sa, con il tempo diventano futuro.

Sei un insegnante?

Domani a scuola parlane con la tua classe. Sarà una lezione diversa, per ascoltare lo sguardo del mondo.

Sei un genitore?

A tavola, prova semplicemente a immaginare insieme a tuo figlio o a tua figlia se il vostro frigo fosse vuoto e i supermercati senza prodotti, cosa che sta davvero accadendo sull’altra sponda del Mediterraneo.

Approfondimenti:

VIDEO - PiazzaPulita Dentro la Striscia di Gaza: la quotidianità dei giovani sotto assedio

ARTICOLO - Focus JuniorIsraele e Palestina, come si è arrivati a questo punto? Le radici del conflitto

ARTICOLO - Save The Children Come parlare a bambini e bambine della guerra?

LIBRO - Francesca Mannocchi - Sulla mia terra. Storie di israeliani e palestinesi

Un’intervista speciale approfondisce questo nostro focus settimanale. 

Abbiamo contattato Andrea Iacomini, portavoce UNICEF Italia, e questo è il risultato della nostra chiacchierata:

Andrea, cosa vuol dire oggi per il mondo la parola “fame”?

Oggi la parola fame assume molte declinazioni, più complesse rispetto al passato. Non parliamo più solo della fame che nasce dalla mancanza di cibo in sé. Oggi la fame è una privazione reale di diritti. È il volto di un bambino malnutrito che non è semplicemente “un bambino che non mangia”, ma un bambino che non riceve il giusto apporto nutrizionale per crescere, per vivere.

Possiamo parlare di tre grandi “tipi” di fame:

  • Quella legata a condizioni climatiche estreme, che stanno colpendo in maniera devastante intere regioni del mondo;
  • Quella generata dai conflitti;
  • E poi c’è una terza forma, che definirei strategica. Perché oggi, in alcune zone del mondo, la fame è diventata un’arma. Uno strumento deliberato di pressione e sfinimento. 

Lo vediamo, ad esempio, a Gaza, dove si sta vivendo una carestia estrema. Non passano gli aiuti, sono bloccati. Le persone sopravvivono mangiando radici, bevendo l’acqua del mare. È una realtà drammatica.

Cito Gaza, ma potrei citare anche altri contesti, dove la fame viene usata come arma di conflitto, che si somma alla fame “strutturale” che già conosciamo

Da comunicatori in che modo possiamo raccontare la fame senza essere retorici?

Per evitare la retorica, dobbiamo partire dalle storie. Raccontare la fame significa raccontare la vita concreta dei bambini che vivono in condizioni estreme. Far toccare con mano ai lettori e alle lettrici, agli spettatori cosa significa, nella realtà, non avere nulla.

Pensiamo, per esempio, alla rappresentazione del bambino malnutrito: non possiamo più usare solo l’immagine stereotipata del corpo scheletrico. Quel tipo di rappresentazione non è rispettosa. È più utile – e potente – raccontare la sua storia, magari anche in positivo: spiegare che grazie a un alimento terapeutico o al sostegno degli operatori sul campo, quel bambino ha avuto una possibilità di tornare a vivere.

Perché un bambino gravemente malnutrito non è solo “magro”: è un bambino che non ride, non riesce neanche a piangere, che perde le sue funzioni vitali. È una condizione ancora troppo diffusa, che dobbiamo riuscire a far comprendere, anche senza ricorrere a immagini scioccanti.

Raccontare la fame senza retorica, quindi, vuol dire questo: dare volto, voce, storia e contesto a chi la vive ogni giorno. Solo così possiamo sperare che le persone ascoltino, comprendano e agiscano.

Dall'esperienza del tuo lavoro di portavoce, ci sono parole che più di altre possono avere un impatto nell'attivare in qualche modo la mobilitazione pubblica e il pensiero critico a formare un pensiero critico sul tema proprio delle emergenze internazionali?

Restiamo sull’attualità. Parliamo di oggi, non in generale.

Oggi, uno dei messaggi più urgenti da comunicare è questo: il taglio dei fondi ai progetti che combattono fame, povertà, malattie, discriminazioni e che garantiscono protezione e supporto psicologico ai bambini, ha conseguenze gravissime e concrete.

Tagliare i fondi — come è avvenuto in questi mesi da parte di governi, agenzie internazionali, ONG e anche degli Stati Uniti — significa compromettere il futuro di milioni di bambini e bambine che già vivono in condizioni difficilissime. Significa vanificare i risultati ottenuti finora, frutto del lavoro eroico di tante donne e uomini che ogni giorno portano aiuti, cure, istruzione, protezione.

Vi do un dato che nessuno ripete abbastanza: ogni anno nel mondo si spendono 2.730 miliardi di dollari in armamenti. 85.000 dollari al secondo.

Nel frattempo, i fondi destinati alla cooperazione internazionale sono stati dimezzati con una rapidità mai vista prima.

E i numeri parlano chiaro:

  • 500 milioni di bambini vivono in 59 Paesi coinvolti in conflitti armati.
  • 1 miliardo di bambini vivono in 33 Paesi ad alto rischio climatico.
  • La malnutrizione acuta grave è in aumento in molte aree dell’Africa e dell’Asia.

Questa è la fotografia del presente. Una delle crisi più gravi dal 1946 per quanto riguarda l’infanzia.

Siamo dentro a un circolo vizioso che peggiora ogni giorno: crisi climatica, guerre, tagli alla cooperazione, fondi che non arrivano più dove servono. E tutto questo, se non viene raccontato bene, rischia di restare invisibile. E di diventare normale.

Nel nostro piccolo, dai nostri luoghi di lavoro, dalle nostre case e con le nostre comunità questo circolo vizioso in che modo possiamo contribuire se a fermarlo, quantomeno ad attenuarlo?

In un’altra epoca, anche solo qualche anno fa, ti avrei risposto così: non essere indifferenti. Perché l’indifferenza è un crimine contro l’umanità. Cercare di essere partecipi, presenti, consapevoli di ciò che ci accade intorno era già un primo passo.

Abbiamo pianto davanti ai bambini morti sulla spiaggia di Cutro, ci siamo indignati pensando alle guerre da cui fuggivano. Ma oggi i bambini che muoiono in mare, i civili sotto le bombe a Gaza o in Ucraina, rischiano di diventare immagini che scorrono nel flusso delle notizie, fonte di assuefazione.

Ecco, oggi non basta più indignarsi. Non basta più dirsi addolorati, fare un post o pronunciare slogan di pace. L’indignazione, purtroppo, è diventata un esercizio retorico. Non si nega a nessuno, ma non cambia nulla.

Siamo in un tempo in cui non servono più solo grandi manifestazioni di piazza, né appelli generici a una politica che spesso resta sorda o a governi che stanno dimostrando ogni giorno di non essere all’altezza delle sfide umanitarie in corso.

Oggi servono gesti concreti.

Cosa possiamo fare, allora?

Donare.
Non importa a chi — ma donare a chi lavora ogni giorno per portare aiuti: le organizzazioni umanitarie, le ONG, le persone di buona volontà che, anche nei contesti più difficili, cercano di fare la loro parte. Anche quando non riescono ad arrivare fisicamente, continuano a esserci.

È questo il contributo più urgente che possiamo dare. 
Essere parte attiva, con i fatti.

PADERNO DUGNANO: Arriva l'estate al CIAORAGAZZI


 Comune di Paderno Dugnano : Arriva l'estate al Ciaoragazzi

lunedì, maggio 19, 2025

Fermiamo l'Autonomia Differenziata in Lombardia

Fermiamo l'autonomia differenziata in Lombardia! Insieme possiamo, diversi e unite/i - petizione online

A Regione Lombardia - sull’esempio dell’Emilia-Romagna, 19 febbraio 2025 - chiediamo di interrompere le trattative con il Governo e adottare un provvedimento con cui si impegni a non sottoscrivere Intese e a rinunciare a ogni nuova richiesta di autonomia differenziata ex art. 116 comma 3 Costituzione!

La Petizione popolare è indirizzata al Presidente del Consiglio regionale (di seguito vedi il link al suo testo integrale) e chiede ai nostri Rappresentanti di impegnarsi all’adozione di un Atto di indirizzo diretto a interrompere il percorso per ottenere ulteriori competenze legislative e amministrative in autonomia differenziata.

Si tratta delle richieste di 20 su 23 materie e di competenze legislative e amministrative che la Lombardia ha avviato nel 2018 e che dal luglio del 2024 ha confermato, avviando trattative con il Ministero degli Affari regionali per acquisire "subito" otto materie sulle venti già richieste: sanità e ambiente, per le quali sarebbero state indicate le funzioni che non attengono a diritti sociali e civili e che non implicano la pre-definizione dei LEP (Livelli Essenziali delle Prestazioni), oltre a sei materie cosiddette "non LEP", ossia: commercio con l’estero, previdenza complementare, professioni, protezione civile, rapporti internazionali e con l'UE, coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario. 
 
Ma perché una Petizione?

  • per chiedere un'informazione adeguata sui contenuti e lo stato delle richieste regionali;
  • la legge Calderoli (n. 86/2024necessita di una profonda revisione e integrazione a seguito della pubblicazione delle motivazioni della sentenza della Consulta n. 192/2024 del 3 dicembre 2024, rendendosi necessario l'abbandono del modello di regionalismo competitivo che ha caratterizzato la riforma del Titolo V. della Costituzione dal 2001 a oggi;
  • sono stati messi in discussione i presupposti dell'Accordo preliminare all'Intesa (2018), sottoscritto tra la Lombardia e il Governo Gentiloni, oltre alle Deliberazioni regionali successive, alla luce delle indicazioni d'incostituzionalità di alcune norme della legge n. 86/2024 e di quelle interpretative dell'art. 116 comma 3) Cost. (autonomia differenziata): per tali motivi, si devono interrompere le trattative Governo-Regioni e va fermato l’iter delle richieste regionali.

Puoi leggere il testo integrale della Petizione qui: link a Drive 

Motivazioni:

La Petizione vuole sensibilizzare la cittadinanza e i nostri Rappresentanti nelle Assemblee elettive all'esigenza di fermare le richieste d'autonomia differenziata di Regione Lombardia a seguito della sentenza della Corte Costituzione n. 192 del 3 dicembre 2024, abbandonando il modello di regionalismo competitivo che l'autonomia differenziata ha sinora interpretato come secessione, chiusura e istituzione di nuovi confini in nome di una superiorità, storica, economica del modello sociale del Nord sul resto del Paese.

Per rispondere alle diverse esigenze dei territori e alle fragilità sociali e strutturali presenti anche in Lombardia, occorrono politiche pubbliche innovative e un'idea di governo locale rinnovata.

Politiche e governance, anziché sulla nostalgia e il risentimento, vorremmo si fondassero su un'idea di politica e di amministrazione pubblica di servizio, rifondate e cooperative, capaci di interpretare e facilitare la convivenza tra diversi/e, persone e territori, comunità e organizzazioni in cui, come affermato dalla Consulta: "[...] la distribuzione delle funzioni legislative e amministrative tra i diversi livelli territoriali di governo, in attuazione dell’art. 116, terzo comma, non debba corrispondere all’esigenza di un riparto di potere tra i diversi segmenti del sistema politico, ma debba avvenire in funzione del bene comune della società e della tutela dei diritti garantiti dalla nostra Costituzione." (Corte Costituzionale, 3 dicembre 2024).

A Regione Lombardia - sull’esempio dell’Emilia-Romagna, 19 febbraio 2025 - chiediamo di interrompere le trattative con il Governo e adottare un provvedimento con cui si impegni a non sottoscrivere Intese e a rinunciare a ogni nuova richiesta di autonomia differenziata ex art. 116 comma 3 Cost.!

Come cittadini/e vogliamo contribuire all’esigenza di rigenerare il regionalismo e il ruolo delle autonomie territoriali anche nella nostra Regione, nel senso indicato dalla già richiamata sentenza della Consulta n. 192/2024.

Grazie per il supporto, Comitati NO AD - Coordinamento Democrazia Costituzionale - Libertà e Giustizia , Milano