Dal “Corriere della Sera” del 24 marzo 2025 di Enrico Marro
Salari reali, nessuno peggio dell’Italia: rispetto al 2008 perso l’8,7% del potere d’acquisto (e in Germania è salito del 15%)
I dati nel Rapporto dell’Oil, Organizzazione internazionale del lavoro
Tra i Paesi del G20 record negativo del nostro Paese: in Francia, nello stesso periodo, c’è stato un aumento di circa il 5%, in Germania di quasi il 15%.
Negli ultimi tre anni, dopo un calo dei salari reali del 3,3% nel 2022 e del 3,2% nel 2023, nel 2024 c’è stato comunque un aumento del 2,3%, comunque insufficiente a recuperare la perdita di terreno rispetto all’inflazione, che nel 2022 aveva raggiunto il picco dell’8,7%.
Contratti insufficienti: la produttività cresce, le
retribuzioni no
Tuttavia, osserva l’Oil, negli ultimi due anni la produttività è cresciuta più dei salari e quindi, in teoria, ci sarebbe uno spazio per far salire le retribuzioni.
Il fatto è, sottolineano i ricercatori, che, nonostante la diffusione dei contratti nazionali di lavoro, che in Italia coprono la quasi totalità dei lavoratori, il rinnovo degli stessi non si è dimostrato, nella media, in grado di mantenere i salari almeno in linea con l’aumento dei prezzi.
Questo è successo anche perché il modello stesso della contrattazione appare inadeguato:
- da un lato, prendendo come riferimento un indice d’inflazione, l’Ipca, al netto dei prezzi dei beni energetici importati, non copre una delle voci che ha gravato di più sui bilanci familiari,
- dall’altro, demandando di norma la distribuzione dei guadagni di produttività ai contratti aziendali, offre questa possibilità solo a una minoranza di lavoratori, in genere quelli delle grandi aziende.
Forti diseguaglianze tra lavoratori
Completa il quadro,
- una situazione di forti diseguaglianze tra lavoratori italiani e stranieri, con questi ultimi relegati nelle attività meno retribuite, tanto che il loro salario mediano è del 26% inferiore a quello degli italiani che fanno lo stesso lavoro;
- tra donne e uomini, con le prime che hanno redditi da lavoro nettamente inferiori, anche perché costrette molto più frequentemente al part time;
- tra giovani e anziani, con i primi che, soprattutto se con un alto titolo di studio, ricevono stipendi medi decisamente inferiori rispetto a quelli che prenderebbero negli altri Paesi avanzati.
Insomma, una situazione, complessa, che viene da lontano e rispetto alle quali le risposte degli attori in campo, governo, imprese e sindacati, appaiono insufficienti e non di rado è la magistratura a intervenire per tutelare i lavoratori da paghe, stabilite negli stessi contratti, che non garantiscono retribuzioni dignitose come vuole l’articolo 36 della Costituzione.
È necessario, dice il leader della Cgil, Maurizio Landini, «aprire una vera e proprio vertenza sui salari, a partire dallo sciopero dei metalmeccanici di venerdì 28 marzo».
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