Da “Internazionale” del 29
Novembre 2024 - Angela Giuffrida, The Guardian, Regno Unito
L’accusa ha chiesto l’ergastolo per Filippo Turetta, che nel 2023 ha ucciso Giulia Cecchettin. La famiglia della vittima propone l’educazione sessuale e affettiva nelle scuole.
Appena un giorno dopo aver sa
puto che sua sorella Giulia era morta, Elena Cecchettin è stata intervistata in
tv fuori dalla casa di famiglia a Vigonovo, un paese vicino a Venezia. Alle sue
spalle migliaia di persone stavano partecipando a una fiaccolata.
Elena non cercava compassione. “Non
fate un minuto di silenzio per Giulia, bruciate tutto. Abbiamo bisogno di una
rivoluzione culturale e fate in modo che Giulia sia l’ultima”, ha detto.
Il 18 novembre 2023 Giulia
Cecchettin, 22 anni, è diventata la 105ª vittima di femminicidio in Italia
quell’anno. Il suo corpo, con più di settanta ferite da arma da taglio, è stato
trovato avvolto in alcuni sacchi di plastica neri in un fosso vicino a un lago
a nord di Venezia.
Filippo Turetta, il suo ex
fidanzato, ha confessato di aver ucciso la studentessa di ingegneria biomedica,
che doveva laurearsi pochi giorni dopo. Il 25 novembre 2024 i pubblici ministeri
della corte d’assise di Venezia hanno chiesto l’ergastolo per Turetta, imputato
per omicidio volontario pluriaggravato, sequestro di persona, occultamento di
cadavere e stalking.
La sentenza è prevista per il
3 dicembre. Cecchettin sarebbe potuta rimanere un volto dietro a un numero
e il suo caso, come quello della maggior parte degli altri femminicidi in
Italia, avrebbe ottenuto solo qualche riga sui giornali, se l’eloquente appello
di Elena, che includeva la con danna di “una società patriarcale intrisa di
cultura dello stupro”, non avesse scosso la coscienza nazionale.
Incapacità del governo
“Non so da dove sia venuto il
coraggio”, ha dichiarato Elena Cecchettin. “So solo che ho pensato a Giulia
e che dovevo sfruttare il momento di visibilità per dire come stanno le cose.
Ci sono troppe persone, legittimate da una serie di caratteristiche della
società, che sentono di poter avere il potere sulla vita delle altre”.
A di stanza di un anno questa
sensazione è ancora viva.
Dopo Giulia altre 106 donne
sono state uccise da un uomo in Italia.
Nella maggioranza dei casi il
sospettato è il compagno attuale o il precedente.
Recentemente una ragazza di 13
anni è morta dopo essere caduta da un balcone, presumibilmente spinta da un
ragazzo di 15 anni, poi arrestato.
Il 23 novembre a Roma più di
150mila persone hanno manifestato in occasione della giornata internazionale
per l’eliminazione della violenza contro le donne.
“Disarmiamo il patriarcato”,
c’era scritto su uno striscione.
La loro rabbia è amplificata
dall’incapacità del governo di estrema destra di capire in pieno la questione, un
fallimento reso evidente il 18 novembre dal ministro dell’istruzione Giuseppe
Valditara, che ha affermato che il patriarcato non esiste più.
Lo ha detto durante la
presentazione in parlamento della fonda zione Giulia Cecchettin, istituita da
Gino Cecchettin, il padre della ragazza. Valditara ha collegato l’aumento delle
violenze sessuali sulle donne all’immigrazione irregolare. La presidente del
consiglio Giorgia Meloni si è detta d’accordo con lui.
Elena, 25 anni, ha criticato i
commenti del ministro, dicendo: “Giulia è stata uccisa da un uomo italiano
bianco e rispettabile. Cosa sta facendo il governo per prevenire questo tipo di
violenza?”.
Elena, che frequenta un master in
microbiologia all’Università di Vienna, usa le interviste e i social media per
cercare di cambiare la narrazione sui i femminicidi.
La mattina successiva alla
scomparsa di Giulia si è svegliata presto per finire un compito che doveva
consegnare. Erano le 8 quando il fratello Davide l’ha chiamata per chiederle se
avesse notizie della sorella, che la sera prima era andata in un centro
commerciale con Turetta per comprare il vestito per la laurea. “Sapendo che
Giulia era con lui ho detto a mio fratello di chiamare la polizia”, racconta
Elena. “Ero terrorizzata da Turetta e avevo la sensazione che non l’avrei più
rivista”.
Una telecamera di sorveglianza
ha ripreso Turetta mentre colpiva Giulia, che aveva tentato di fuggire prima di
essere costretta a rientrare in auto.
Turetta è stato arrestato in
Germania lo stesso giorno del ritrovamento del corpo di Giulia. Il 26 ottobre
scorso Turetta ha detto in aula di aver pianificato il rapimento e l’uccisione
di Giulia perché lei rifiutava di tornare con lui, che poi si sarebbe suicidato
e di aver stilato una lista di “cose da fare”. La relazione era durata circa un
anno e nell’agosto 2023 Giulia aveva deciso d’interromperla.
Elena ha spiegato che il
“controllo e la manipolazione” erano cominciati presto, con un attacco di
gelosia quando Giulia aveva detto a Turetta che avrebbe incontrato un ex
fidanzato del li ceo.
Turetta non era mai stato
fisicamente violento, ha aggiunto Elena, ma come in molti casi di
femminicidio non accettava che la relazione fosse finita e probabilmente aveva
minacciato di suicidarsi. “Giulia non voleva sentirsi responsabile del
fatto che lui si potesse uccidere per lei”, ha detto Elena. “Era manipolata
e minimizzava il problema. In questi casi si sottovaluta l’abuso psicologico: a
volte la vittima non si riconosce come tale”.
Mentre se ne discuteva in tv,
Elena sentiva le persone dare la colpa a Giulia: “Si chiedevano perché non
fosse riuscita a salvarsi da sola. E Turetta era descritto come un bravo
ragazzo che non avrebbe fatto male a una mosca. Assurdo. Invece di chiedersi
come è arrivato a questo punto”.
Sommersa di telefonate
L’obiettivo principale della fondazione Giulia Cecchettin è “educare per produrre un cambiamento”, ha detto il padre, perché “la violenza di genere non è una questione privata, ma un fallimento collettivo”.
La famiglia chiede
l’introduzione nelle scuole dell’educazione sessuale e affettiva, “che deve
cominciare dai bambini”, ha detto Elena.
Da quando c’è la fondazione, la
famiglia Cecchettin è stata sommersa di telefonate e messaggi di donne in
situazioni di pericolo.
Elena ha detto che questo è un ulteriore
segno dello “spaventoso vuoto istituzionale”, citando anche i tagli ai fondi
destinati alle case rifugio per donne negli ultimi dieci anni.
“Vorremmo aiutare tutte, ma non
abbiamo gli strumenti.
Il lavoro lo stanno facendo
essenzialmente le associazioni autofinanziate.
Al governo non sembra interessare
che le donne siano al sicuro”.
Giulia voleva diventare illustratrice di libri per bambini. “Era una persona buona, priva di malizia. Cercava sempre di vedere il bene in ogni cosa”, ha detto la sorella.
Elena è convinta che la società può produrre dei cambiamenti.
“Ma tutti dobbiamo assumerci la responsabilità di risolvere i problemi, e per farlo dobbiamo arrivare a zero femminicidi”.
Fino ad allora, “per Giulia,
brucia tutto”
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