mercoledì, dicembre 04, 2024

PAROLE O_STILI: È legge, l’Australia vieta i social prima dei 16 anni

 

Da tempo si dibatte se l’utilizzo dei social media sia causa diretta di ansia e depressione tra gli adolescenti ma gli studi scientifici non hanno ancora dimostrato un nesso causale chiaro.

Gli esperti concordano però, soprattutto, sull’esistenza di una correlazione che porta i giovani con problemi di salute mentale a usare i social media più frequentemente o in modo diverso rispetto ai loro coetanei. Tuttavia, questo non implica che i social siano la causa principale del disagio

Il fatto: l’Australia vieterà i social media ai minori di 16 anni

L’Australia sarà il primo paese al mondo a introdurre un divieto per i minori di 16 anni di avere account sui social media. La legge, che entrerà in vigore tra 12 mesi, riflette le preoccupazioni del Governo di Anthony Albanese riguardo agli effetti negativi dei social sulla salute mentale dei giovani, inclusi:

  • Problemi legati all’immagine corporea.
  • Bullismo e abusi online.
  • Contenuti misogini e messaggi dannosi.

La ministra per le Comunicazioni del governo australiano, Michelle Rowland, ha dichiarato che sicuramente i social media possono offrire intrattenimento, istruzione e connessione, ma per troppi giovani australiani sono una fonte negativa.  

Cosa prevede la legge, in sintesi:

  • I minori di 16 anni non potranno avere account né essere "loggati" sulle piattaforme social.
  • Rimarrà possibile accedere a contenuti come video YouTube o su Facebook senza registrarsi.

Le piattaforme saranno multate fino a 50 milioni di dollari australiani in caso di violazioni sistematiche. Tuttavia, non saranno penalizzate per singoli casi di elusione delle regole.

Perché la legge ha delle criticità

  • Piattaforme coinvolte. Non esiste ancora un elenco ufficiale di quali saranno i social interessati, ma il divieto parrebbe  includere Snapchat, TikTok, X (ex Twitter), Instagram, Reddit e Facebook. YouTube sarà escluso per il suo valore educativo (però come raccontato sopra, senza possedere un account ma in sola visione)
  • Verifica dell’età. Sempre per richiesta del governo australiano non è possibile richiedere documenti d’identità per tutelare la privacy degli utenti, ma questo rende ancora complesso garantire il rispetto del divieto.
  • Diritto all’accesso. Un divieto totale potrebbe violare il diritto dei minori all’accesso e alla partecipazione sui social media, come riconosciuto dal Comitato delle Nazioni Unite sui diritti dell’infanzia.

Ovviamente sono state tante le reazioni all’approvazione della legge:

  • Amnesty International critica il divieto per le sue implicazioni sui diritti dei giovani.
  • Meta afferma di “rispettare la legge australiana ma è preoccupata perché  l'approvazione della legislazione non ha considerato adeguatamente quanto già fatto dall’azienda per  garantire esperienze appropriate all'età e alle sensibilità dei più giovani".
  • L’Australian Human Rights Commission ha dichiarato invece che la legge potrebbe interferire con i diritti umani dei giovani, limitandone la partecipazione alla società.

Christopher Stone, Executive Director del “Suicide Prevention Australia” (l'organismo nazionale di riferimento per il settore della prevenzione del suicidio) ha dichiarato che “Il governo sta correndo bendato contro un muro di mattoni”.

Cosa ne pensiamo noi di PAROLE O_STILI…  

La legge australiana rappresenta sicuramente un tentativo di affrontare un problema reale, ma il vero cambiamento non può basarsi esclusivamente su un divieto. Al contrario, deve passare attraverso un dialogo aperto tra giovani, famiglie, istituzioni e piattaforme digitali.

Secondo la nostra pedagogista Barbara Laura Alaimo: “Stiamo cercando di tappare buchi. Vietiamo Instagram ma lasciamo comunque spazi per l'accesso a contenuti non adatti, come i siti pornografici, frequentemente visitati da minori di età anche molto bassa. Invece di affrontare il problema (che esiste, sia chiaro!) rincorrendo divieti, dovremmo prendere sul serio la questione, puntando sulla consapevolezza e sull'educazione.”

E mentre da una parte si cerca di regolamentare il rapporto tra adolescenza e piattaforme social, emerge prepotente una nuova sfida: la crescente interazione tra giovani e intelligenza artificiale.

Che rapporto c’è attualmente? Conoscono i pro e i contro di questa tecnologia? Come la usano?

Webboh Lab, il primo osservatorio permanente sulla Gen Z nato dall’incontro di Webboh con l’istituto di ricerca Sylla, lo ha chiesto a 12mila ragazzi e ragazze di età compresa tra i 14 e i 17 anni.

Cosa è emerso?

il 62% afferma di aver usato ChatGPT o simili per fare i compiti mentre

il 46% utilizza l’AI per cercare curiosità o per hobby.

Ovviamente l’AI più utilizzata è ChatGPT (83%) con al seguito Microsoft Copilot (38%) e Google Gemini (30%).

I ragazzi e le ragazze dichiarano di fidarsi a sufficienza delle decisioni prese dall’intelligenza artificiale ma mostrano preoccupazioni sia in termini di affidabilità dello strumento che in termini di potenziale rischio per l’occupazione: non credono che l’intelligenza artificiale possa creare nuovi posti di lavoro in futuro e non sono particolarmente ottimisti sul contributo che possa dare. nel rendere migliore la loro vita in futuro.

Insomma, la usano ma sono un po’ diffidenti.

Leggi l’indagine completa.

È per questo che il compito di noi adulti è quello di accompagnarli in una crescita culturale e di responsabilità.

Anche in quest'ottica abbiamo sviluppato un progetto didattico per aiutare il corpo docente a intraprendere questa nuova sfida insieme alle loro classi


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