venerdì, ottobre 04, 2024

Robert Capa. L’opera 1932 – 1954 al Museo Diocesano

 

ROBERT CAPA. L’opera 1932-1954 – Chiostri di Sant’Eustorgio

L’esposizione si articola in 9 sezioni tematiche che evocano l’impostazione cronachistica con cui i reportage venivano pubblicati sulla stampa francese e americana dell’epoca

Fotografie degli esordi, 1932–1935;

La speranza di una società più giusta, 1936;

Spagna: l’impegno civile, 1936–1939;

La Cina sotto il fuoco del Giappone, 1938;

A fianco dei soldati americani, 1943–1945;

Verso una pace ritrovata, 1944–1954;

Viaggi a est, 1947–1948; Russia, Georgia, Ucraina, Cecoslovacchia

Israele terra promessa, 1948–1950;

Ritorno in Asia: una guerra che non è la sua, 1954 

La mostra è molto bella e ad ogni scatto ci ricorda, oggi più che mai, come le guerre siano in fondo tutte molto simili e che i problemi che le hanno scatenate non vengano risolti attraverso di esse, anzi generano una scia di sofferenze e risentimenti nei popoli che le hanno vissute.

La mostra è stata prolungata sino alla fine di Novembre.

Robert Capa nasce in Ungheria nel 1913 da una famiglia ebrea proprietaria di una avviata casa di moda. Capa è un bambino vitale e rissoso che in famiglia viene soprannominato "Cápa", squalo in ungherese. Ha appena diciassette anni quando viene arrestato per le sue simpatie comuniste; appena liberato abbandona la terra natale alla volta di Berlino. Là s'iscrive all'università alla facoltà di scienze politiche, sognando di diventare giornalista. Per mantenersi trova un impiego presso uno studio fotografico, cosa che lo avvicina al mondo della fotografia. Inizia a collaborare con l'agenzia fotogiornalistica Dephot. Autodidatta, nel 1932 è a Copenaghen, dove Lev Trockij tiene una conferenza. Nonostante il divieto di fare fotografie, elude la sorveglianza e realizza alcuni scatti. È il suo primo servizio pubblicato.

Nel 1933 lascia Berlino per Vienna, e l'anno successivo parte alla volta di Parigi. In Francia incontra difficoltà nel trovare lavoro come fotografo freelance. Al caffè A Capoulade, nel Quartiere Latino, nel settembre 1934 fa la conoscenza di Gerda Taro, una studentessa tedesca di origine galiziana, anch'essa fotografa autodidatta. Robert e Gerda stabiliscono un solido rapporto sentimentale e professionale.

Il suo primo servizio importante è quello del maggio 1936 che documenta le manifestazioni per l'ascesa al potere del Fronte Popolare; una sua foto diventa la copertina della rivista «Vu» ("Visto" in italiano).

Nell'agosto del 1936 Gerda Taro riesce a procurargli un accredito stampa per documentare la guerra civile spagnola ed insieme partono per Barcellona. 

Il 26 luglio 1937 Gerda muore tragicamente a Brunete, nei pressi di Madrid, dove rimane schiacciata durante un errore di manovra di un carro armato "amico".

Nel 1938 Robert pubblica un libro in omaggio alla sua amata, Death in making, che contiene anche le fotografie, scattate da entrambi, della guerra in Spagna.

Capa divenne famoso in tutto il mondo per una foto scattata nel 1936 a Cordova in cui ritrae un soldato dell'esercito repubblicano, con addosso una camicia bianca, ripreso nell'attimo in cui appare colpito a morte da un proiettile sparato dai franchisti.

Quest'immagine è tra le più famose fotografie di guerra mai scattate.

La Seconda guerra mondiale

Allo scoppio del secondo conflitto mondiale Capa si trova a New York, dove si è recato in cerca di lavoro ed in fuga dalle persecuzioni anti-ebraiche; la guerra lo trova assegnato in diversi teatri dello scenario bellico. Inizialmente fotografa per il Collier's Weekly, per poi passare a Life, per la quale pubblicherà immagini che ritraevano la diciottenne partigiana Simone Segouin durante la liberazione di Parigi.

Dopo un anno di lavoro nel Nord Africa, seguendo le truppe americane e appena licenziato dalla rivista Collier's Weekly, per la quale aveva inviato foto dall'Algeria e dalla Tunisia, Robert Capa si appresta senza indugi a lasciare Tunisi e a farsi lanciare con il paracadute in Sicilia, avendo saputo che gli Anglo-americani si stavano preparando ad invadere l'isola.

Di quel periodo, oltre alle immagini, Robert Capa ci ha lasciato le sue memorie in un diario pubblicato nel 1947 con il titolo Slightly out of focus (tradotto ed edito in Italia da Contrasto nel 2002 con il titolo Leggermente fuori fuoco).

Nel diario, Capa, fotoreporter al seguito dell'esercito americano, riporta gli avvenimenti cruenti ai quali assiste, racconta le fatiche di un'esperienza avventurosa e descrive la sensazione di vuoto e di angoscia che lo prende assistendo ai combattimenti, in particolare proprio nelle settimane dello sbarco in Sicilia e della conseguente ritirata dei militari italiani e tedeschi, dall'estate del 1942 alla primavera del 1945.

Capa in Sicilia

Nel luglio del 1943, a bordo di un piccolo aereo con pochi soldati, Capa arriva in Sicilia: di notte si lancia col suo paracadute, atterra su un albero, dove rimane sino all'indomani, quando gli altri tre paracadutisti che erano con lui lo trovano e lo aiutano a scendere.

Il gruppo si incammina attraverso un bosco e giunge in una fattoria dove viene accolto da «un anziano contadino siciliano in lunga camicia da notte» che subito fraternizza con loro e li ospita per tre giorni, fin quando arrivano i militari della prima divisione americana. Unitisi a loro, Capa e i suoi compagni possono avanzare verso gli importanti obiettivi militari della campagna di Sicilia.

Lungo il percorso Capa scatta numerose foto. Dopo tre settimane dallo sbarco, gli americani si avvicinano al capoluogo dell'isola. Ricorda Capa: «Eravamo alla periferia di Palermo, i tedeschi erano stati isolati e ciò che restava delle forze italiane non aveva intenzione di combattere. La jeep che mi ospitava seguiva i primi carri della seconda divisione corazzata lungo il percorso verso il centro della città. La strada era fiancheggiata da decine di migliaia di siciliani in delirio che agitavano fazzoletti bianchi e bandiere americane fatte in casa con poche stelle e troppe strisce."

Lo scrittore Andrea Camilleri racconta il suo incontro durante la Seconda Guerra Mondiale con il fotografo, nella Valle dei Templi di Agrigento. Capa era appena sbarcato in Sicilia e, trovandosi nei pressi del tempio della Concordia, decise di fissare bene il suo cavalletto e di fare una serie di foto al celebre monumento, cercando con le sue numerose macchine fotografiche di prendere interamente il soggetto. Durante questo momento incontrò il giovane Camilleri e, come racconta lo stesso scrittore, i due incominciarono a parlare in spagnolo (più comprensibile rispetto all'inglese e simile al dialetto siciliano), si scambiarono su un taccuino i propri nomi e assistettero insieme a una battaglia nei cieli tra un aereo tedesco e uno americano, mentre Capa si mise subito a scattare numerose fotografie, per fissare il momento. Solo più tardi, con il finire della guerra, Camilleri scoprì che quel giovane fotografo era il famosissimo Robert Capa, che con le sue foto dalle zone calde della guerra riuscì a raccontare i segni lasciati durante questi terribili momenti.

La foto del pastore e del soldato

Giunto a Palermo, Capa, fotoreporter autorizzato, invia le sue foto a Life, convinto che la rivista americana «non avrebbe potuto certamente farne a meno» e, avendo sentito che la I Divisione di Fanteria USA stava combattendo in Sicilia, si avvia alla ricerca di una nuova battaglia da fissare sulla pellicola. Gli americani erano giunti a Troina (all'estrema parte nordorientale della provincia di Enna) e avevano notevoli difficoltà ad espugnare il paese, difeso da soldati italiani e tedeschi che opponevano una strenua resistenza. I combattimenti durarono sette giorni. La ritirata e la resa avvennero solo dopo feroci bombardamenti aerei che distrussero gran parte del centro abitato.

Furono giorni di intenso lavoro per Capa, che realizzò su quelle isolate montagne alcune foto che diventarono tra le più famose della sua carriera. Fra queste, quella scattata il 6 agosto 1943 al termine della battaglia di Troina, che vede il soldato americano accovacciato e il pastore (tale Francesco Coltiletti detto "massaru Ciccu" o "Ciati") che, ricurvo, gli indica la strada per Sperlinga. L'immagine fu scattata a 3 km dal paese sulla SS 120 in contrada Ponte Capostrà, dove una targa è posta a ricordo di quel momento.

La foto divenne molto famosa dapprima negli Stati Uniti e poi in tutto il mondo per il suo valore simbolico, ma anche di profondo risentimento per tutto quello che gli accadeva intorno: «Era la prima volta che seguivo un attacco dall'inizio alla fine, ma fu anche l'occasione per scattare ottime foto. Erano immagini molto semplici. Mostravano quanto noiosa e poco spettacolare fosse in verità la guerra. Il piccolo, bel paese di montagna, era completamente in rovina. I tedeschi che lo avevano difeso si erano ritirati durante la notte abbandonando alle loro spalle molti civili italiani, feriti o morti. Ci eravamo distesi per terra nella piccola piazza del paese, di fronte alla chiesa, stanchi e disgustati. Pensavo che non avesse alcun senso questo combattere, morire e fare foto», quando il generale Theodore Roosevelt Jr., sempre presente dove la battaglia era più dura, si avvicinò e puntando il suo bastone verso di me disse: «Capa, al quartier generale di divisione c'è un messaggio per te. Dice che sei stato assunto da Life».



Ripartito da Troina per Palermo e per poi documentare ancora la guerra sino allo sbarco in Normandia, Robert Capa portò con sé

il convincimento amaro sulla natura della guerra: «Un inferno che gli uomini si sono fabbricati da soli». Convincimento che gli eventi siciliani avevano confermato e rafforzato.

In Normandia

Il 6 giugno 1944 partecipa al drammatico sbarco delle truppe americane in Normandia. La maggior parte delle foto scattate durante lo sbarco andò perduta per un errore del tecnico di laboratorio addetto allo sviluppo (Larry Burrows, anch'egli divenuto fotografo di fama mondiale e morto anch'egli in Vietnam negli anni Settanta); scamparono alla distruzione solo undici fotogrammi danneggiati, che trasmettono comunque tutta la terribile drammaticità dei momenti del D-Day.







Capa era famoso anche per la sua temerarietà, che lo aveva portato ad andare all'attacco con la prima ondata nello sbarco in Normandia ed a paracadutarsi da un aereo assieme ai militari professionisti per ritrarre da vicino l'attraversamento del Reno.

Il dopoguerra 

Nel 1947 a New York fonda - assieme ad Henri Cartier-Bresson, David "Chim" Seymour, George Rodger e William Vandivert - l'agenzia cooperativa Magnum, diventata una delle più prestigiose agenzie fotografiche.

Nel 1948 è a Tel Aviv per documentare la nascita dello Stato d'Israele: il 14 maggio fotografa la cerimonia di dichiarazione dello Stato, riprende il discorso del primo ministro, la prima sessione di gabinetto d’Israele e la folla lungo le strade. È testimone anche dell'inizio della guerra arabo-israeliana del 1948. Ritorna più volte in Israele fino al 1950. Dal suo lavoro ricava il libro Cronaca su Israele, scritto a quattro mani con lo scrittore Irwin Shaw.












Queste immagini non sono molto diverse da quelle che vediamo oggi a Gaza...

La morte

La sua passione e la sua vita, l'amore per la fotografia, lo porta a morire nel 1954 durante la guerra d'Indocina, al seguito di una squadra di truppe francesi, dietro il tenente colonnello Jean Lachapelle, incaricato di evacuare e distruggere due fortini a sud-est di Hanoi. Sulla via del ritorno scattò le ultime immagini prima dell'incidente che gli costò la vita; salì su un terrapieno per fotografare una colonna in avanzamento nella radura e qui posò il piede sulla mina che lo uccise.






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