Philippe Daverio ci guida alla scoperta delle relazioni tra cibo e pittura, con un libro che non è altro che un gioco sul gusto fatto con le opere d’arte.
Il volume ripercorre il tema in un gioco di rimandi e di curiosità che scaturiscono a partire da opere d’arte, note e meno note, che raffigurano nature morte alimentari, scene di cucina e sale da pranzo scelti “allo scopo di stimolare la fantasia e il buonumore”.
Attraverso tre sezioni - la spesa, la cucina e la tavola - l’autore guida l’occhio del lettore a scoprire i dettagli e racconta le storie che stanno dietro le immagini della pittura di tutti i tempi.
Le mucche ci sono anche in Cina, in India sono sacre, eppure il formaggio esiste solo in Europa. Ancora una volta è colpa degli antichi Romani i quali lo chiamavano "caseus" per permettere agli anglosassoni d'oggi di chiamarlo "cheese" e ai tedeschi di chiamarlo "Käse" e agli spagnoli "queso".
Noi e i francesi lo chiamiamo in modo diverso perché ne prendiamo la parola dalla forma che assumeva nell'antichità per essere venduto, il famoso "formaticum" per cui dire oggi una forma di formaggio è un'esagerata ridondanza, ma siccome "repetita iuvant", il ripetere fa bene alla salute e alla mente, i francesi e gli italiani possono vantare la massima diversificazione di questo cibo fondamentale, anche se gli olandesi che lo chiamano "kaas" lo hanno dipinto più d'ogni altro popolo.
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