Dal Corriere della Sera del 7
Marzo 2025 - di Dacia Maraini
È un ricordo doloroso ma
importante per capire come la storia si sia accanita contro le
donne e come i diritti piu elementari siano stati
troppo spesso trascurati o negati.
Oggi possiamo dire che dopo il
Sessantotto e il grande e diffusissimo Movimento femminista le
cose sono molto cambiate. Le donne, con il loro idealismo e le loro
manifestazioni, sono riuscite a fare cancellare tutte le leggi più
repressive come il diritto di famiglia, il delitto d’onore, il
matrimonio riparatore, lo Jus corrigendi, la parità di salario, lo stupro
giudicato come offesa alla morale pubblica e non alla persona, eccetera.
La possiamo considerare una grande
rivoluzione pacifica. Non economica ma di costume certamente. Tutto è
cambiato dagli anni Settanta nei Paesi democratici: il movimento infatti, nelle
sue variazioni e intensità, ha scosso il mondo intero. E i risultati si sono
visti.
Oggi però dobbiamo fare i conti con tante nuove paure che paralizzano le forze innovative e hanno finito per scoraggiare la voglia di cambiare il mondo.
Siamo di fronte a una regressione impaurita e sconcertante. Il futuro sembra oscuro e incerto, il presente frammentato e incomprensibile, il passato da scordare.
Eppure,
dobbiamo renderci conto che in un mondo globalizzato non possiamo più pensare
che la nostra bella Europa rimanga un giardino chiuso e privilegiato. Il
movimento dei popoli è un fatto che non possiamo non affrontare.
Poi è rimasta la paura
della pandemia che ci ha dato la misura della nostra fragilità
di fronte a un minuscolo virus che ha fatto più morti di una guerra. E che dire
del cambiamento climatico di cui vediamo e soffriamo le conseguenze? Anche i
negazionisti si stanno ricredendo di fronte ai ghiacciai che si sciolgono, alle
continue alluvioni, alla siccità che invade interi Paesi, alla estinzione di
tante specie, alla moltiplicazione degli incendi sempre più devastanti.
Le nostre certezze sono messe a dura prova e molti sono talmente spaventati che preferiscono tornare a chiudersi nella loro piccola casa, cacciando la testa sotto i cuscino, pur di non affrontare i pericoli.
Di fronte alla paura si diffonde l’idea che bisogna tornare indietro.
Qualcuno idealizza la «bella famiglia antica» e tanti vengono presi dal contagio: evviva la famiglia tradizionale! Ma i tempi sono cambiati e la famiglia di origine contadina non riesce più a mantenere la sua integrità.
La vita si è allungata, quasi raddoppiandosi, la tecnologia ha devastato le consuetudini e i rapporti. Il consumismo sta consumando le nostre più usuali abitudini. Ma di fronte a tutti questi sconvolgimenti cosa facciamo? La risposta più immediata e facile è: Torniamo indietro! Ma gli stessi che teorizzano questo passato mitizzato poi si comportano utilizzando tutti quelli che loro chiamano i vizi e le perfidie del presente.
Siamo proprio sicuri che quell’indietro sia veramente da
vagheggiare?
Se penso che quando ero ragazza e
vivevo a Palermo la gente mi considerava una poco di buono perché
uscivo da sola e parlavo coi ragazzi. Ricordo una mia compagna tredicenne che
essendosi appartata con un coetaneo, era stata legata dal padre al termosifone
di casa per due giorni.
E qualche anno prima mi
raccontava mia madre che essendosi iscritta alla accademia di Arte drammatica
con una amica, si sono trovate sole in mezzo a quaranta maschi. E
quando c’era il ritratto del nudo, le mandavano fuori dalla classe perché
sarebbe stato «scandaloso per due giovani donne assistervi».
La vita quotidiana è
cambiata dopo il femminismo che è stato capace di smuovere vecchie
leggi che venivano ancora proposte come regole inamovibili.
Allora, tutto risolto? Direi proprio di no.
Proprio pochi giorni fa, tanto per fare un esempio, l’Istat ha rilevato che le donne ancora guadagnano 25% meno degli uomini.
Chiara Saraceno
che è una osservatrice attenta e profonda, ha ricordato che ancora troppo
spesso le donne sono costrette a lasciare i loro progetti professionali perché
la cura della famiglia e soprattutto dei bambini piccoli ricade tutt’ora sulle
loro spalle.
E che dire dei femminicidi?
Nel
Paese diminuiscono gli omicidi ma crescono ogni anno i delitti fra le mura
domestiche. Segno della terribile crisi di identità che tocca la famiglia e
l’uomo dentro la famiglia. Quei mariti o fidanzati che identificano la propria
virilità col possesso, perdono la testa quando questa sicurezza viene meno e
preferiscono uccidere piuttosto che accettare l’autonomia della donna che
dicono di amare.
Io mi considero fortunata perché ho l’esempio di una nonna inglese che negli primi anni del Novecento se ne andava da sola per il mondo con uno zaino in spalla.
E inoltre ho avuto una madre spericolata e ribelle che rompeva tutte le convenzioni del suo tempo. Una madre che, alla domanda «Aderisci alla Repubblica di Salò altrimenti ti mettiamo in prigione», ha avuto il coraggio di dire No.
E mi glorio di un padre, che per farci avere qualche chicco di riso in più nel campo di concentramento giapponese si è tagliato un dito (yubikiri secondo la tradizione samurai) rischiando di morire dissanguato.
I miei due genitori sono stati per me modelli che spero di non tradire mai anche se i tempi per fortuna sono migliorati.
Eppure sento dei turbinii di venti avversi che portano sentori di guerra e questo mi inquieta.
Vorrei
tanto che le mie compaesane di sesso prendessero in mano una scopa, non per
volare al Sabba, ma per pulire una casa le cui finestre sono sprangate, in cui
manca l’aria, mancano i grandi progetti per il futuro, il coraggio è andato in
briciole, e la voglia di cambiare il mondo si è fatta polvere.
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