La notizia è questa: un
adulto su tre in Italia - e non parliamo solo degli studenti, ma di
tutta la popolazione adulta dai 16 ai 65 anni - quindi persone in età da
lavoro o quasi, ottengono punteggi piuttosto bassi, spesso insufficienti, in capacità
linguistiche, matematiche, e problem solving.
Non solo: in Italia esiste, e
purtroppo non migliora, un problema di competenze; rispetto a dieci anni fa non
facciamo progressi, nonostante le tante riforme (e contro riforme) messe in
campo dai governi di tutti i colori politici, e nonostante gli ingressi di
“forze fresche” nel mercato del lavoro che - ormai è sempre più evidente -
pagano lo scotto di sistemi di istruzione e formazione non ancora in grado di
fornire competenze adeguate.
È la fotografia scattata
dall’indagine Piaac dell’Ocse sulle competenze degli adulti, che negli anni
2022-23 ha coinvolto 31 Paesi (l’Italia ha partecipato sia a questa occasione
sia alla precedente, negli anni 2011-12).
Ennesima doccia fredda, ennesima
tempesta in un bicchiere: dall'Invalsi alla rilevazione Ocse-Pisa, non c'è
indagine nazionale o internazionale sulle competenze di base da cui non usciamo
con le ossa rotte.
Segue, in genere, qualche
giorno di pianto greco e poi più nulla.
Sarà così anche questa volta?
Un adulto italiano su 3 può
comprendere al massimo testi brevi, dai quali non sia troppo impervio estrarre
le necessarie informazioni, ed è in grado di compiere solo operazioni
semplici, con numeri interi o decimali, ma già davanti a una proporzione
arranca.
Per non dire del “problem solving”,
la capacità logica di risolvere questioni complesse: quasi la metà degli adulti
è insufficiente.
Certo, in generale, c'è chi
va peggio di noi - come il Portogallo - ma tutti gli altri vanno meglio
(Spagna, Francia e, fuori dall'Europa, gli Stati Uniti) o molto meglio di noi
(Germania e tutto il Nord Europa).
Non solo abbiamo pochi
laureati ma quei pochi che abbiamo ottengono un punteggio medio inferiore ai
finlandesi che si sono fermati alla maturità.
Le capacità acquisite a scuola in
Italia invecchiano in fretta, più in fretta che negli altri Paesi e i percorsi
di formazione continua (il cosiddetto lifelong learning) non è ancora diventato
una realtà. Tutto questo restringe le opportunità lavorative dei singoli e
rallenta il progresso della società nel suo insieme.
La rilevazione Piaac
Sono questi solo alcuni dei dati della nuova rilevazione Piaac (Programme for the International Assessment of Adult Competencies) dell'Ocse che misura lo stato della popolazione adulta nei Paesi di tutto il mondo.
Rispetto alla scorsa
edizione i risultati sono lievemente peggiorati, con un aumento del 7 per cento
(dal 28 al 35) di coloro che non arrivano al livello sufficiente.
Raggiungere e mantenere un buon livello di compentenze nel leggere, scrivere e far
di conto non aiuta soltanto a trovare lavoro (92 per cento di occupazione
contro il 60 per cento di chi ha un livello insufficiente) e a guadagnare
meglio (oltre 12 euro all'ora di differenza media), ma si traduce anche in un
maggior benessere, in una condizione di miglior integrazione nella società e
nell’economia del proprio Paese: possedere le adeguate competenze in
«literacy», «numeracy» e «problem solving» (sono queste le tre competenze
indagate dall'indagine Piaac) è la condizione indispensabile per poter
partecipare ai processi legati all’innovazione senza subirli o peggio: senza
restare tagliati fuori.
L'allarme
Secondo il Piaac - che si è svolto nel 2022-23 su un campione di popolazione tra i 16 e i 65 anni in 31 Paesi e in Italia in particolare con un campione di 4847 adulti, rappresentativi di circa 37,4 milioni di persone -i risultati del nostro Paese sono al di sotto della media Ocse.
Se a questo si aggiunge che quasi un adulto
su due (40 per cento) ha un'occupazione che non c'entra niente con quello per
cui ha studiato e che il 18 per cento è sotto-qualificato per il lavoro che fa
(la media Ocse è 9 per cento) e un altro 15 è troppo qualificato (media Ocse 23
per cento) ce ne è abbastanza per lanciare l'allarme.
I risultati degli adulti nel
nostro Paese
Per quanto riguarda la
«literacy», cioè la capacità di comprendere un testo, un adulto su tre
(il 35%) ha ottenuto un punteggio pari o inferiore al livello 1 - la
media Ocse è del 26 per cento - il che significa che «è in grado di
comprendere testi brevi ed elenchi organizzati, quando le informazioni sono
indicate chiaramente, e può individuare informazioni specifiche e identificare
collegamenti rilevanti all'interno di un testo» (livello 1) o che «è in grado
di comprendere, al massimo, frasi brevi e semplici» (sotto il livello 1). Se
invece consideriamo gli adulti che hanno le competenze adeguate (livello 4 o 5
della scala Ocse), in Italia sono solo il 5 per cento contro una media
internazionale del 12 per cento.
La matematica
Anche in «numeracy»,
intesa come la capacità di calcolo, un adulto su tre (il 35%) è «low performer»,
cioè fermo al livello 1 o anche sotto. La media dei Paesi Ocse è invece del 25
per cento. Queste persone sanno soltanto «fare calcoli di base con numeri
interi o con il denaro, comprendere i decimali e identificare ed estrarre
singole informazioni da tabelle o grafici, ma possono avere difficoltà con
compiti che richiedono più passaggi (es. risolvere una proporzione). Quanti
sono al di sotto del livello 1 sono in grado di sommare e sottrarre numeri
piccoli». Gli «high performer» (livello 4 e 5) in Italia sono soltanto
il 6 per cento, meno della metà della media dei Paesi Ocse che si
attesta al 14 per cento.
Il problem solving
Infine nell’ambito del «problem
solving» quasi la metà degli italiani è totalmente insufficiente (46 per cento
sotto o pari al livello 1 contro una media Ocse del 29 per cento): i risultati
sono inferiori anche a quelli del Portogallo. Coloro che si trovano in questa
situazione hanno «difficoltà con problemi che presentano più passaggi o che
richiedono il monitoraggio di più variabili». Circa l'1% degli adulti invece ha
ottenuto un punteggio di livello 4 o 5: un risultato molto inferiore alla media
Ocse che è del 5 per cento.
Il contesto
Ma il dato più drammatico è quello che riguarda gli adulti che non ottengono la sufficienza in nessuna di queste tre competenze fondamentali e che, in quanto tali, sono ad alto rischio di esclusione economica e sociale.
Da noi sono il 26 per cento (contro il 20 per cento della Francia e il 15 della Germania): un cittadino italiano su quattro.
Non solo: mentre in quasi tutti gli altri Paesi la fascia d'età in assoluto più qualificata è quella dei giovani fra i 25 e i 34 anni, da noi il declino delle competenze comincia già dopo i 24 anni e le opportunità di lifelong learning restano ancora pochissime.
Anche i titoli di studio premiano meno che altrove: un laureato italiano ottiene in media solo 19 punti in più di un semplice diplomato nella prova di «literacy» (contro una media Ocse di +33 punti) e il diplomato a sua volta ottiene 35 punti in più di chi ha in tasca solo la terza media (contro una media Ocse di +43 punti).
In compenso il raddoppio degli stranieri rispetto alla precedente rilevazione ha avuto un impatto relativo: gli immigrati di prima generazione da noi ottengono un punteggio inferiore di 30 punti in «literacy» che si riduce a 13 punti se si confrontano con i cittadini italiani dello stesso livello socioeconomico. In Francia e Germania lo svantaggio è molto più netto: rispettivamente - 58 e -74.
Quanto agli immigrati di seconda generazione e ai nuovi italiani ottengono invece risultati in linea con quelli di chi è nato in Italia da genitori italiani.
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