di Barbara Visentin Da “Il
Corriere della Sera” del 23/11/2024
Francesco Guccini lo descrive come «un concerto oceanico», anzi come «la prima serata oceanica per un cantautore italiano»: una folla sterminata che il 21 giugno 1984 invase piazza Maggiore a Bologna e le vie limitrofe per festeggiare i suoi primi 20 anni di carriera.
Quella serata storica rivive 40
anni dopo nel film-concerto «Francesco Guccini: fra la Via Emilia e il West»,
al cinema in versione restaurata dal 5 all’8 dicembre.
E torna anche il doppio album
live omonimo che condensa i suoi classici.
Sul palco disse di aver
accettato quel concerto «per disperazione». Come mai?
«Avevo paura, ma il mio manager
di allora e l’assessore alla cultura di Bologna erano venuti addirittura qui a
Pavana per convincermi. Io dissi: “Datemi una sola ragione per farlo”.
Risposero: “Perché se no lo fa un altro”. Allora accettai».
Con lei c’erano tanti ospiti,
da Lucio Dalla a Pierangelo Bertoli, da Paolo Conte ai Nomadi di Augusto
Daolio.
«Erano tutti amici. Tanti non ci
sono più, mi mancano un po’ tutti. Daolio era un grande artista. Intagliava
minuscole sculture nel durissimo legno di bosso. Una volta che lavorammo
insieme, mi regalò un set di coltellini, per cui provai anch’io. I nostri
rispettivi arrangiatori discutevano e litigavano e io e Augusto incidevamo il
legno, riempiendo di segatura per terra».
Per introdurre i Nomadi su
«Dio è morto» ricordò le censure della Rai.
«Allora era particolarmente
severa, temeva le ire di qualche potere più grande. Certi funzionari cassavano
le cose ritenute offensive o blasfeme come quel pezzo, ma non l’avevano
ascoltato bene; infatti, fu addirittura trasmesso da Radio Vaticana che invece
ne aveva capito il senso».
E oggi la Rai com’è?
«È molto crollata e un po’
decaduta, adesso la censura non esiste quasi più».
Però si parla di TeleMeloni, è
d’accordo?
«TeleMeloni forse no, ma
TeleFratelli D’Italia in parte sì. Stanno occupando quasi militarmente molte
posizioni interne alla Rai».
Cosa non le piace di questo
esecutivo?
«Tante cose, a partire dai tagli
alla sanità e alla scuola. Ma anche il voler impostare la cultura come se la
sinistra se ne fosse impadronita fino all’altro giorno e ora la si volesse
sostituire con una cultura di destra. Le cose non possono venire così da un
giorno all’altro, partigiane e violente».
Ha seguito la manifestazione
di CasaPound a Bologna del 9 novembre e gli scontri che ne sono seguiti?
«Forse non era il caso di
abboccare, ma è stata una provocazione dura e precisa. Non si può fare una
manifestazione neofascista di fronte alla stazione di Bologna».
C’è un ritorno al passato?
Non ascolto più niente. Forse c’è
qualcuno che ha raccolto l’eredità di noi vecchi cantautori, ma non ne ho idea.
Del resto, non esistono neanche più i negozi di dischi
«Un ritorno al Ventennio magari
no, ma la tendenza a un certo tipo di atmosfera culturale è quella lì».
Alle Regionali ha votato?
«Io voto, è sempre meglio votare.
Anche se mi tocca scendere da Pavana».
Tornando al 1984, che
atmosfera c’era a Bologna?
«Erano anni duri, si parlava di
strategia della tensione, con bombe qua e là. Non è che le cose andassero tanto
meglio di adesso, tutto sommato».
Sul palco di piazza Maggiore,
introducendo «Auschwitz» disse che la gente faceva gli scongiuri su quel brano.
«Quando la registrai c’erano
questi tecnici del suono in camice bianco, come i medici. Uno sentendola mi
disse: “Ma questa l’ha scritta lei? Guardi, non so se vuol fare questo
mestiere, ma sarà meglio che cambi genere, altrimenti non andrà avanti”. Non apprezzavano
che si parlasse di campi di concentramento. La canzone era vista come un genere
di svago e divertimento, invece per la prima volta affrontava argomenti di un
certo tipo, fu una specie di rivoluzione».
Oggi si respira antisemitismo?
«Bisognerebbe prendersela con il
governo di Netanyahu, non contro gli ebrei in generale. L’antisemitismo è
dannoso e vergognoso come sempre, si sbaglia obiettivo di contestazione, così
come prendendosela con i palestinesi rispetto ad Hamas».
Anche lei, come altri artisti,
si è tolto da «X» dopo le parole di Elon Musk sull’Italia. Che opinione ha di
lui?
«A lui ha risposto bene il nostro
Presidente della Repubblica. Musk ha delle idee lontanissime dalle mie e credo
che nessuno sentirà la mia mancanza sulla piattaforma».
È vero che non ascolta più
musica?
«Non ascolto più niente. Forse
c’è qualcuno che ha raccolto l’eredità dei vecchi cantautori, ma non ne ho
idea. Cambiano i generi, cambia il tipo di ascolto, cambia tutto. Non esistono
neanche più i negozi di dischi».
Le manca qualcosa in
particolare di quel 1984?
«Mi mancano gli anni che sono
aumentati in maniera tragica. Ai tempi di quel concerto ne avevo 40 e ora ne ho
84, il peso si sente, anche se qualcosa faccio ancora».
Ha da poco pubblicato anche un
nuovo libro di racconti, «Così eravamo».
«Da grande volevo fare lo
scrittore e ora ci sono riuscito, non dico a tempo pieno ma quasi. Fare il
cantautore mi è piaciuto, ricordo tutto con piacere e soddisfazione, ma non me
l’aspettavo, mi è capitato quasi per caso. Ho l’animo un po’ snob e quindi
adesso mi piace fare lo scrittore. Ma senza negare le canzoni».
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