mercoledì, novembre 26, 2025

Molto toccante l'incontro con Wael Al-Dahdouh - qui il video completo dell'evento

 
Si è svolto ieri sera, martedì 25 Novembre, l'incontro molto toccante con Wael Al-Dahdouh, giornalista palestinese e caporedattore di Al Jazeera a Gaza City.

Wael Al-Dahdouh ha perso dodici familiari sotto le bombe dell’esercito israeliano dopo il 7 ottobre 2023, tra cui tre figli e la moglie.

È il simbolo del giornalismo, dentro e fuori Gaza, e della resilienza di un popolo.
È stato anche alla Camera dei deputati per testimoniare l’impatto del dolore e della guerra.
E per difendere il mestiere dei reporter, una “professione di morte”.
L'incontro, avvenuto nella Sala Consiliare di Paderno Dugnano, si è svolto in presenza di un centinaio di persone.
E' stata un’occasione significativa per ascoltare, dalla viva voce di un protagonista, il racconto di chi ha vissuto e sofferto all'interno di una delle aree più complesse del mondo contemporaneo e per riflettere insieme sul ruolo dell’informazione nei contesti di crisi e sulla Pace.

La Sindaca Anna Varisco ha annunciato che il Comune di Paderno Dugnano riconoscerà lo Stato di Palestina.


Il Circolo dei Lettori - Presentazione del libro: "Amore: prigione o libertà?" di Pietro Del Soldà - 27 novembre - ore 18:30 - Casa Manzoni a Milano

Circolo dei lettori


Giovedì 27 novembre, alle ore 18:30, a Casa Manzoni,  incontro sul tema Amore: prigione o libertà? Ma può davvero convivere l’amore con la libertà? 


Partendo dal mito platonico della metà perduta, e facendo ricorso a romanzieri contemporanei come Eshkol Nevo e Sally Rooney, Pietro Del Soldà, autore del saggio Amore e libertà. Per una filosofia del desiderio (Feltrinelli, 2025), affronterà questa domanda contemporanea, dai risvolti talora tragici.  

Alberto Riva, giornalista e scrittore, introdurrà il nostro ospite.


L’incontro si terrà in presenza, a ingresso libero fino a esaurimento posti, e sarà trasmesso in diretta streaming sul nostro canale YouTube.




martedì, novembre 25, 2025

L' Associazione NON UNO DI MENO alla Scuola GRAMSCI per il 25 Novembre - Giornata contro la Violenza sulle donne


NON UNO DI MENO alla scuola Gramsci per il 25 Novembre

I volontari di Non Uno Di Meno, che da qualche settimana tengono un Corso di Alfabetizzazione di Italiano alla Scuola Gramsci a supporto dei ragazzi stranieri  arrivati da poco tempo in Italia, sono stati invitati alla rappresentazione organizzata per la Giornata Contro la Violenza sulla Donna

Il 25 novembre è la Giornata Internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne.

L’obiettivo, da quando l’Onu la istituì nel 1999, è quindi “l’eliminazione”.

L’eliminazione dalle giornate delle donne di tutto il mondo della paura di essere picchiate e uccise, sottomesse e sottovalutate, non rispettate nella propria identità e libertà. 

La violenza è fisica, psicologica, economica: è pervasiva, si infila nel linguaggio, nelle consuetudini, nell’inerzia dei privilegi che diventano “norma”, nelle case e negli uffici, lungo le strade, nei conti in banca.

In una parola, la violenza di genere è strutturale.

Non un’emergenza, non un’onda anomala che passa e magari non torna più.

I dati, anche quelli italiani, ci dicono – ci gridano – che torna. Puntuale e feroce.

Nel nostro Paese diminuiscono gli omicidi, non i femminicidi.

Che cosa possiamo fare allora quando si alza la marea? Molte cose.

Per esempio educare ragazzi e ragazze a comprendere e gestire in modo adeguato il fenomeno…

Uno spettacolo molto bello, in cui ragazze e ragazzi hanno potuto esprimere le loro competenze, cantando, ballando, recitando, suonando, disegnando.

BRAVI DAVVERO!


Inaugurata la mostra "Contro la violenza economica di genere" presso la sede SPI -CGIL di Paderno Dugnano

 
Alla presenza della Sindaca Anna Varisco, si è inaugurata ieri la mostra " Contro la violenza economica di genere" curata dal Coordinamento Donne SPI-CGIL presso la sedere della Camera del Lavoro di Paderno Dugnano, in via Roma 68.
La mostra sarà visitabile sino al 19 dicembre dal Lunedì al Venerdì, dalle 9.00 alle 17.00

La violenza contro le donne assume diverse forme
alcune più evidenti come la violenza fisica
altre meno evidenti, come la violenza economica.

La violenza fisica può assumere livelli via via più gravi, ne sono stati descritti 30 gradi, fino ad arrivare a quello estremo, il femminicidio. 


Nel 2025, sino all’8 novembre (data in cui NUDM aggiorna mensilmente l’elenco), sono state uccise 91 donne, ma nel frattempo, a questa orribile lista, se ne sono aggiunte altre … e in Lombardia se sono stati commessi circa il 30%....


Ma veniamo alla violenza economica: è il volto nascosto della violenza contro le donne, è difficile da riconoscere, è un fenomeno pervasivo e molto diffuso che si cela dietro comportamenti ancora culturalmente giustificati ed accettati dal fenomeno del patriarcato, e per questo difficile da rappresentare con dati puntuali.

Circa il 30 % delle donne dipendono economicamente dal partner o da un altro familiare.

Per questo la violenza economica si verifica più spesso nella sfera familiare e avviene quando vengono messi in atto comportamenti che impediscono e/o ostacolano la sua indipendenza economica, fino a controllare e a danneggiare la donna.

Ogni donna dovrebbe poter lavorare.

Ogni donna dovrebbe poter gestire i soldi che guadagna, senza chiedere il permesso a nessuno.

Perché gestire in autonomia le finanze è importante per rafforzare l’indipendenza e la sicurezza economica delle donne.

Se le donne non lavorano o sono sottoccupate, sottopagate o finanziariamente sfruttate (gender gap), la dipendenza economica nei confronti del marito o del compagno si può trasformare in una particolare forma di violenza psicologica, più subdola, perché meno visibile della violenza fisica o sessuale:

La violenza economica, che si realizza attraverso forme di controllo finanziario,  raggiunge circa il 30% tra le varie forme di violenza esercitata sulle donne.

Una donna che subisce una violenza economica è impedita od ostacolata all’accesso al reddito e ai conti familiari, alla ricerca e il mantenimento di un lavoro, a disporre di denaro proprio.

Il Report GENDER GLOBAL GAP misura annualmente lo stato attuale e l’evoluzione della parità di genere a livello mondiale, considerando 4 parametri chiave

  • Partecipazione e opportunità economiche,
  • Livello di istruzione,
  • Salute e sopravvivenza,
  • Emancipazione politica

Globalmente, su 147 paesi analizzati, l’Italia risulta al 87° posto !

Le donne sono più laureate e in genere più brave degli uomini, ma nel mondo del lavoro risultano meno pagate, almeno il 10% in meno (e il gap aumenta con inquadramenti più alti).

La violenza economica colpisce circa il 25% delle donne, arrivando persino al 40% in alcune regioni italiane. E’ un abuso meno evidente, che troppe volte passa inosservato e stenta ad essere percepito ma, non per questo, è meno grave degli altri.

Si tratta di una violenza meschina, nascosta, che può sfociare in violenza psicologica e spesso anche fisica.

Nella mostra vengono riportate Le BUONE REGOLE ( 11 ) da seguire per ridurre la DIPENDENZA ECONOMICA e contrastare la VIOLENZA ECONOMICA DI GENERE.

Consiglio a tutte /tutti di leggerle e di farle proprie


E’ necessario sensibilizzare e educare TUTTI ad un comportamento diverso, a un modo diverso di relazionarsi: delle donne, ma soprattutto degli uomini.

Perché questi reati, non dimentichiamolo mai, li compiono gli uomini!







Dizionario di genere

 
Un dizionario tecnico che raccoglie 2417 lemmi per censire i concetti relativi a disparità di genere, orientamenti sessuali, identità e fenomeni politici, culturali, economici e sociali che causano iniquità di genere, e cogliere le relazioni tra essi. 

Pur senza pretesa di esaustività, il volume raccoglie stereotipi e gli svantaggi a carico delle donne e di soggettività marginalizzate e oppresse, incluse culture e popolazioni. 

Contiene: etimologie, definizioni, analisi, dati, citazioni, studi e contributi di voci rappresentative del panorama italiano. 

Pensato per chi opera nelle professioni, docenti di ogni ordine e grado, istituzioni pubbliche, locali o nazionali, aziende, servizi sociosanitari o chiunque abbia interesse al tema.

A cosa servono le conferenze sul clima

 

L'Internazionale del 20 Novemvre, di Michael Jacobs, The Conversation, Australia

Nonostante le tante critiche e la lentezza dei progressi, senza i vertici delle Nazioni Unite la transizione energetica e lo sviluppo delle rinnovabili non sarebbero stati possibili.

È facile essere critici nei confronti delle conferenze delle Nazioni Unite sul cambiamento climatico. 
La Cop30, in corso fino al 21 novembre a Belém, in Brasile, ha suscitato le consuete lamentele: questi vertici sono troppo affollati e burocratici, e non producono abbastanza risultati. Dopo trent’anni di conferenze, le emissioni di gas serra continuano ad aumentare e secondo molti il sistema è inadeguato ad affrontare il problema.
Ma queste critiche non colgono il punto. 
Le emissioni stanno aumentando molto più lentamente di quanto avverrebbe senza le regole dell’Onu. 

Nel 2009 i climatologi avvertivano che se gli stati non avessero fatto niente la temperatura media globale sarebbe salita di sei gradi rispetto al periodo preindustriale. 
Prima dell’accordo di Parigi del 2015, il riscaldamento previsto era sceso a quattro gradi, e oggi le Nazioni Unite calcolano che se non si adotteranno altre misure le temperature saliranno di circa due gradi e mezzo.
Questo calo costante è dovuto al fatto che, contrariamente a quanto si pensa, il mondo sta davvero facendo qualcosa contro la crisi climatica. 
Negli ultimi 15 anni la drastica riduzione del costo delle fonti rinnovabili di energia, soprattutto il solare e l’eolico, ha fatto sì che il loro uso aumentasse in modo straordinario. 
Nel 2025 o nel 2026 le rinnovabili produrranno per la prima volta più elettricità del carbone. 
Una transizione simile sta riguardando i veicoli elettrici, che ormai rappresentano più di un quinto del mercato.

Secondo gli scettici questo è merito dell’innovazione tecnologica e non delle conferenze delle Nazioni Unite. Ma l’innovazione non avviene da sé: è guidata dalle misure che la rendono redditizia. 

Negli ultimi vent’anni i governi di tutto il mondo hanno introdotto standard di efficienza energetica, obiettivi per le rinnovabili e sovvenzioni che hanno stimolato le aziende a migliorare le tecnologie. 
Con il calo dei costi – soprattutto dagli anni dieci, quando la Cina ha avviato la produzione di massa delle tecnologie verdi – è stato possibile adottare obiettivi più ambiziosi, facendo calare ulteriormente i costi. È stato un circolo virtuoso: le politiche hanno stimolato l’innovazione e viceversa.

È per questo che i negoziati dell’Onu sono importanti
L’accordo di Parigi vincola ogni stato a presentare obiettivi e piani sempre più ambiziosi ogni cinque anni. Senza un coordinamento internazionale sarebbe stato molto improbabile che così tanti paesi si muovessero insieme nella stessa direzione. È questo impegno globale a indirizzare la crescita dei mercati a bassa emissione di carbonio.
Secondo i critici, però, i piani nazionali non sono sufficienti. Due gradi e mezzo di riscaldamento saranno anche meglio di sei, ma le conseguenze saranno comunque catastrofiche.

È vero che l’accordo di Parigi ha un difetto fondamentale: stabilisce un obiettivo per la temperatura globale, ma lascia a ogni stato la libertà di decidere come raggiungerlo. 
I nuovi piani nazionali presentati prima della Cop30 non sono ancora sufficienti a raggiungere l’obiettivo di limitare il riscaldamento a 1,5-2 gradi. Questo “divario delle emissioni” sembra dar ragione ai critici.
Ma sarebbe una conclusione troppo affrettata. 
I piani nazionali, noti come Contributi determinati a livello nazionale (Ndc), non sono previsioni. 
Gli stati preferiscono evitare di fissare obiettivi che potrebbero essere compromessi da eventi imprevisti. Ma molti considerano gli Ndc un obiettivo minimo, non massimo. 
I nuovi Ndc cinesi ne sono un esempio. Diversi commentatori li hanno giudicati deludenti. 
Ma nell’annunciarli il presidente Xi Jinping ha detto che il paese cercherà di superarli. I dati degli ultimi 15 anni suggeriscono che sarà così.

Soluzioni informali
Un altro motivo di ottimismo è che i paesi più poveri non sanno ancora quanto sostegno finanziario riceveranno, ma questo nei prossimi cinque anni diventerà più chiaro. 
Alla Cop30 il Brasile e l’Azerbaigian, che ha ospitato il vertice precedente, hanno presentato la Roadmap BakuBelém, un piano per raccogliere 1.300 miliardi di dollari di finanziamenti entro il 2035. 

Anche se si arrivasse solo a una parte di questa somma, molte economie emergenti saranno in grado di ridurre le emissioni più in fretta di quanto suggeriscano i loro piani attuali.

Infine bisogna ricordare che le iniziative sul clima nascono sempre di più al di fuori delle trattative formali. I progressi, ora, dipendono meno dalla negoziazione di nuove norme e più dalla loro attuazione.

A Belém sono state annunciate iniziative importanti per la tutela delle foreste pluviali tropicali, i combustibili sostenibili, l’agricoltura rigenerativa, i crediti di carbonio, le emissioni di metano, la lotta 
agli incendi, l’infrastruttura pubblica digitale, le tasse sui biglietti aerei e le risorse finanziarie per l’adattamento. 
Chi critica il grande numero di partecipanti alle conferenze spesso ignora che molti di loro hanno un interesse diretto in queste e in altre soluzioni alla crisi climatica.
Il Brasile e altri paesi sperano che in futuro questi vertici riguarderanno più iniziative settoriali e finanziarie che negoziati di regole più dettagliate. 
L’azione sul clima sta entrando in una nuova era. Ed è proprio questo il senso delle regole internazionali: una cornice per incoraggiare ambizioni, coordinamento e responsabilità crescenti. 

Ovviamente non bisogna ignorare i problemi. Dopo il ritiro degli Stati Uniti dall’accordo di Parigi, il presidente Donald Trump continua la sua campagna per favorire i combustibili fossili e ostacolare le energie rinnovabili. La politica sul clima è diventata uno scontro tra visioni alternative del futuro energetico e industriale, che si combatte non solo durante i negoziati dell’Onu, ma anche nei governi 
e nei consigli di amministrazione.
Non c’è dubbio che la transizione energetica è in corso. 
Ma il suo ritmo dipende dalla fiducia delle aziende nella sua prosecuzione. E per questo occorre il costante impegno dei governi a raggiungere gli obiettivi climatici, affinché gli investimenti e l’innovazione restino redditizi. 

Definire inutili le conferenze sul clima rischia di minare questa fiducia. 
I critici delle Cop amano considerarsi paladini della verità. Ma potrebbero finire per diventare i complici involontari di Trump.