sabato, maggio 03, 2025

Parole O_Stili: Parole che nessun Papa aveva mai detto

 

Ci sono voci che non si spengono, anche quando il silenzio prende il loro posto.
Papa Francesco è stato — ed è — una di queste.
Con le sue parole semplici, profonde e mai ostili ha costruito ponti, avvicinato mondi lontani, acceso domande nei cuori.

Oggi, vogliamo ricordarlo così: attraverso il linguaggio che ci ha insegnato ad amare e ad abitare con cura. C’è stato un momento in particolare che ci ha particolarmente colpito, quando nel Messaggio per la LIX Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali, Papa Francesco ha citato proprio “la comunicazione non ostile”.

I “Bergoglismi”
Papa Francesco ha saputo forgiare un vocabolario tutto suo: diretto, creativo, capace di lasciare il segno.
Tra le parole che meglio raccontano il suo modo di comunicare ci sono i cosiddetti “bergoglismi” — anche questa parola da lui stesso coniata - che sono diventate impronte del suo modo di comunicare:

Mafiarsi
Come scrive il vocabolario Treccani: «Mafiarsi» è molto più esistenziale di «entrare nella mafia». «Mafiarsi» indica quasi uno stravolgersi della persona, che da una parte si «estrania a sé stessa» e dall’altra si trasforma, prende i connotati della mafia. La parola suggerisce in chi ascolta proprio una torsione esistenziale, prima che sociologica o criminale. Cioè, assumere esistenzialmente, prima ancora che dal punto di vista criminale, l’habitus mafioso.

Cocacolizzare
La bevanda molto nota viene utilizzata per raccontare un atteggiamento vuoto, ripetitivo e standardizzato nell’essere credenti.

Zizzanieri
«Nella Chiesa ci sono gli zizzanieri, quelli che dividono e distruggono le comunità con la lingua». Dice Papa Francesco: “...le divisioni incominciano con la lingua. Per invidia, gelosia e anche chiusura! [...] La lingua è capace di distruggere una famiglia, una comunità, una società; di seminare odio e guerre. Invece di cercare una chiarificazione è più comodo sparlare e distruggere la fama dell’altro”.

Continente digitale

Ha usato questa espressione in apertura dei lavori dell’Assemblea sinodale 2023 per sottolineare l'importanza del mondo online come un nuovo spazio in cui la Chiesa può svolgere la sua missione evangelizzatrice. Egli ha riconosciuto che il mondo digitale è un luogo in cui le persone si incontrano, si relazionano e si formano delle comunità.

Lo "schema Francesco": quando la semplicità cambia il mondo

Bruno Mastroianni, giornalista e filosofo, ha analizzato la comunicazione del Papa e l’ha sintetizzata in 3 punti cardine:

  1. Avvicinare
  2. Fare leva sull'ultimo
  3. Semplificare.

Nel suo comunicare, Papa Francesco ha seguito una strada precisa, senza mai allontanarsi da tre grandi principi (più uno):

  • La prima è la leva della prossimità: dire qualsiasi cosa ponendola come vicina agli interlocutori. Che possano toccare e sentirsi addosso ciò che dici. Bando alle astrazioni, al concettualese, ai paroloni. Sì alle parole comuni, alle immagini facili, a ciò che rientra nell'immaginario di chi ti ascolta. Ciò che è vicino è familiare e convince. Ciò che è distante perde mordente.
  • La seconda è la leva dell'ultimo: che le parole contengano sempre la difesa di un debole contro un forte, la denuncia di un sopruso, la preoccupazione per chi non può difendersi da solo. "Stai sempre dalla parte di Davide, mai di Golia", la riassumerei così, tanto per usare un'immagine biblica.
  • La terza leva è quella della semplificazione: evidenziare ciò che è rilevante per dare a chi ti ascolta la possibilità di poter capire un concetto complesso con i suoi strumenti. Non presupporre conoscenze e competenze che non ha il tuo interlocutore. Un'idea che si riesce ad abbracciare è convincente, una complicata o difficile respinge.
  • C'è un quarto elemento, che più che una leva è un effetto. Il dissenso: generare con le parole una discrepanza tra ciò che di solito uno si aspetta o pensa abitualmente, per avviare un ulteriore passaggio, dando la possibilità di ragionarci su e discuterne ancora. Il dissenso muove il pensiero e il coinvolgimento, il consenso lo esaurisce in un like o un applauso.

Mastroianni cita una delle sue definizioni coniate da Papa Francesco per spiegarci meglio la sua comunicazione:

"La globalizzazione dell’indifferenza”

- Prossimità: un ossimoro efficace, globalizzazione (fenomeno ampio) vs indifferenza (atteggiamento personale), che rende vicino il fenomeno.

- Leva del debole: rivolge l’attenzione verso chi resta invisibile nei grandi flussi economici e mediatici, scavando nella coscienza individuale per far emergere una responsabilità comune.
- Semplificazione: la "globalizzazione" nell'immaginario è un concetto complesso che rimanda al diffondersi di abitudini e stili di vita a livello mondiale, tra questi rende rilevante l'indifferenza.
- Dissenso: stimola a misurarsi con il tema dell'attenzione e della disattenzione a livello globale, soprattutto dei fenomeni considerati spesso marginali.

Papa Francesco e il digitale: una nuova piazza da abitare. Papa Francesco ha capito prima di altri che il digitale è una piazza reale, un luogo da abitare con responsabilità. Con il Sinodo sulla comunicazione digitale nel 2023 e il Giubileo dei missionari digitali che si terrà il prossimo luglio, ha invitato tutti – giovani generazioni, influencer, cittadini e cittadine – a vivere la Rete non come vetrina, ma come occasione di incontro autentico.

Diceva:
“Non è la tecnologia che determina se la comunicazione sia autentica o meno, ma piuttosto il cuore umano.”

E poi... i selfie in Basilica

E poi ci siamo noi che in questi giorni di saluto e commozione, abbiamo visto immagini di pellegrini che, davanti alla salma di Papa Francesco, si sono fermati a scattarsi un selfie.
Un gesto inevitabilmente divisivo che ci pone due grandi domande: segno di mancanza di rispetto? O bisogno umano di conservare un momento irripetibile? 
In un tempo che corre veloce, le parole di Papa Francesco ci insegnano a rallentare, a scegliere con cura, a costruire ponti.
E ci ricordano che la comunicazione non è un accessorio, ma un modo di stare nel mondo, di farlo respirare meglio.

venerdì, maggio 02, 2025

LIBRO: Chiedimi chi erano i Beatles di Pier Luigi Bersani

 

«Se c’è qualcosa che vi urta nel profondo, non state lì a pettinare le bambole. Non importa in quanti sarete, se in tanti o in pochi o da soli. Impegnatevi, e collegate l’impegno a un pensiero. Magari con l’aiuto di chi ha frequentato la politica per tutta una vita e dovrebbe dedicarsi a seminare e non a raccogliere.»

È un invito, quello di Pier Luigi Bersani, che nasce da un viaggio lungo tutta l’Italia e dalle conversazioni avute, spesso davanti a una birra, con studenti, giovani militanti e attivisti.

E in queste pagine l’ex segretario del Partito Democratico, oggi semplice iscritto, si rende disponibile per «continuare quel dialogo mettendoci un po’ di radici, un po’ di memoria e qualche approssimativa rima storica che possa essere utile a dare maggior consapevolezza del presente».

Partendo dalla Storia, infatti, Bersani racconta le scansioni e i momenti chiave della vicenda italiana ed europea, per capire quale è il senso (e il metodo) della buona politica, quale il peso del lavoro, inteso come soggetto, nell’evoluzione delle nostre democrazie; quale atteggiamento tenere verso il nuovo tecno-capitalismo e le derive della globalizzazione.

Con uno sguardo attento, impreziosito da aneddoti e ricordi personali, proprio su quel «partito della nazione», il Pd, sulla sua fondazione, sulle prospettive, sulla sinistra «da non lasciare mai incustodita».

Pagine «fuor di metafora» impegnate e generose («la generosità» dice Bersani «è la materia prima della politica»), ispirate a un principio cui l’autore non ha mai derogato, ancora più valido nel confronto con queste nuove destre:

«Per reagire non servono parole alate o politiciste. Servono parole per l’uguaglianza e per la dignità e il valore di ogni diversità; parole che semplicemente si facciano capire e non appaiano straniere ai luoghi dove si svolge la vita comune della gente».


mercoledì, aprile 30, 2025

Parole O_Stili: Parole per parlare di obesità in modo inclusivo - 04_DIET CULTURE


La "diet culture" è un insieme di regole e credenze riguardo a comportamenti e stili di vita ritenuti salutari, ma che in realtà esaltano soltanto la magrezza come ideale di bellezza e promuovono l'idea che il valore di una persona sia strettamente legato al suo peso. 
Uno degli aspetti più insidiosi della diet culture è la sua capacità di influenzare profondamente la percezione di sé e degli altri. 
Le persone vengono spesso giudicate in base al loro aspetto fisico, e chi non rientra nei canoni di magrezza viene stigmatizzato o considerato meno attraente e meno disciplinato. 
Questo può portare a una serie di problemi psicologici, tra cui bassa autostima e ansia. 
Inoltre, la diet culture tende a semplificare eccessivamente la complessità della salute, riducendola a una questione di peso corporeo, ignorando altri fattori importanti. 
La diet culture, inoltre, contribuisce a perpetuare disuguaglianze sociali, poiché le persone che non rientrano nei canoni estetici dominanti possono subire discriminazioni in vari ambiti, come il lavoro o le relazioni personali.

martedì, aprile 29, 2025

LA CONCLUSIONE DELLA VICENDA RE3


Nella recente fase finale della lunga maratona del PGT che, durante il Consiglio Comunale del 9 e 10 Aprile 2025, ha affrontato le controdeduzioni alle Osservazioni presentate, ha trovato spazio solo qualche riferimento frettoloso al “caso della Variante RE3”. Non entriamo nuovamente nei dettagli dei numerosi aspetti che la materia comporta, ma non possiamo accettare, senza commentare, la sintesi fatta nel corso della prima serata, da un esponente della minoranza quando ha affermato che il Consiglio di Stato ha respinto il ricorso RE3 e ha dato ragione all’Amministrazione di centro destra, giudicando corretto il procedimento attuato.

In realtà, occorre dire, in modo molto sintetico e chiaro, che non era in discussione il “giro di carte”, ma il racconto che della RE3 è stato fatto al T.A.R e in Consiglio di Stato. Per esempio, quando si è parlato di interesse pubblico e di area incolta e abbandonata.

Partiamo dal concetto tanto sbandierato di “indice di perequazione” uguale per tutto il territorio. In realtà l’art. 11 della legge Regionale n° 12/2005 afferma che “la perequazione può essere differenziata per parti di territorio comunale in relazione alle diverse tipologie di interventi previsti”.

Tradotto: se nell’area vicino alla Chiesa di Santa Maria Nascente era previsto di fare il Parco del Seveso (l’interesse pubblico), allora era consentito non aumentare e generalizzare l’indice di perequazione. Peraltro, se si fosse mantenuto l’indice invariato, si sarebbe potuto realizzare ugualmente il Parco del Seveso (sia pure con una superficie un po’ più ridotta) e si sarebbe contemporaneamente salvaguardata e mantenuta la preziosa area verde adiacente al Parco di Via Gorizia, che si è invece preferito definire “area incolta e abbandonata”.

Va ricordato che quest’area per “servizi” è frutto di compensazioni ambientali richieste per l’edificazione di abitazioni nel comparto PEEP5 (Piani Edilizia Economica Popolare nell’ambito di Via Gen. Dalla Chiesa) con il Piano di Zona “ex legge 167”, gestito negli anni ’80 dal CIMEP (Consorzio Intercomunale Milanese per l’Edilizia Popolare).

Quindi NON area incolta e abbandonata, ma un’area a “verde pubblico” della Rete ecologica comunale (VPE), non soggetta a trasformazione urbanistica e successivamente entrata nel Patrimonio indisponibile del Comune, con vincolo di destinazione d’uso trasferito tramite atto notarile dal CIMEP (in liquidazione) al Comune.

Ora invece, la costruzione di 3 nuove palazzine nell’area RE3, genererà nuovo suolo impermeabilizzato, aumento di traffico, come se non bastasse già l’attuale inquinamento locale, a cui si somma quello prodotto dalla vicina autostrada (ex Rho Monza) e dalla ulteriore edificazione residenziale prevista nell’area dismessa “ex_Scaltrini (RE11)”.

Al termine della seconda serata dedicata alle controdeduzioni, si è accennato ad una convenzione Comune/Proprietà che avrebbe impedito all’attuale Amministrazione di poter intervenire per cambiare le cose. Eppure, nella Delibera n°30 del 30/03/2023 si è affermato “ … Bisogna poi ricordare che la convenzione in essere dovrebbe essere modificata per l’avvenuta cessione, nel frattempo, da parte delle proprietà private di una porzione delle aree ad Aipo …” (Agenzia Interregionale per il fiume PO). Una situazione che avrebbe forse dovuto far sospendere la variante RE3 in “corso d’opera” per una nuova valutazione.

Un errore? Un’opzione non esplorata o priva di fondamento?

Inoltre, ci risulta che in questi ultimi anni, l’Amministrazione politica abbia provato ad esplorare altre strade: anche qui riprendiamo un altro passaggio della suddetta Delibera, che invita “…ad intraprendere tutte le vie, in primo luogo quella di favorire una soluzione, anche mediante l’individuazione di altre aree, in via concordata con tutti gli operatori privati, avendone l’Amministrazione individuate alcune molto interessanti e soprattutto per la parte preponderante dei volumi in aree di proprietà dell’Ente e inserite in comparto già urbanizzato; ciò potrebbe rivelarsi anche dal punto di vista degli operatori comunque di interesse, dovendosi aggiungere l’interesse dell’Ente ad una migliore scelta di investimento nelle urbanizzazioni”.

L’iniziativa non risulta aver avuto successo, i motivi non si conoscono e le proposte da noi fatte non sono state tenute in considerazione. Perché? L’interesse dell’Ente che fine ha fatto? Anche le Osservazioni presentate da Legambiente e Restare Umani potevano essere un’occasione per attivarsi.

In conclusione, nonostante il grande impegno profuso, la battaglia sull’ RE3 è stata persa.
Sorge a questo punto una domanda, che è anche una riflessione.
La battaglia l’hanno persa le Associazioni che si sono attivate o l’ha persa la Città di Paderno Dugnano?

E chi ci ha guadagnato? Non certamente l’interesse pubblico.

Riportiamo alcune immagini di chiarimento, a futura memoria.

Circolo Grugnotorto Legambiente Aps
Restare Umani



LIBRO: Più uno. La politica dell’uguaglianza

 

di Ernesto Maria Ruffini. Avvocato, direttore dell’Agenzia delle Entrate sino al 31 Dicembre 2024. 

In un’epoca caratterizzata da incertezza e crisi sociale, è sempre più necessaria una politica che torni a essere collettiva e partecipativa.

Attraverso un resoconto tra storia, aneddoti personali e riflessioni da uomo delle istituzioni, Ernesto Maria Ruffini ci invita a riscoprire il valore della democrazia come strumento di crescita comune.

La politica va vissuta non come terreno di divisioni ma come spazio per il dialogo, per la collaborazione tra individui che possano fare la differenza.

Solo così la “lentezza” e la complessità della macchina democratica possono contrapporsi ai rischi del populismo e dell’individualismo.

Più uno è un invito all’azione, un richiamo all’importanza di fare il primo passo verso un impegno sociale condiviso.

Solo rimettendosi al centro del discorso pubblico il cittadino può tornare protagonista della politica.

“Perché l’unico modo di andare avanti è farlo insieme, in prima persona plurale. Ogni giorno, più uno!”