Restare Umani
Circolo Culturale di Paderno Dugnano
sabato, dicembre 20, 2025
VISTI DAGLI ALTRI: "La legge sul femminicidio non risolve il problema" di Lorena Pacho - El País - Spagna
venerdì, dicembre 19, 2025
LIBRO: "Cattiva prevenzione. I pericoli del consumismo sanitario" di Roberta Villa - prefazione di Silvio Garattini
«Di cattiva prevenzione ci si può anche ammalare.»
A chi non è mai capitato di leggere, su cartelloni affissi in città o nelle newsletter di centri diagnostici, inviti accattivanti a fruire di pacchetti prevenzione?
O di sentire celebrità e personaggi pubblici che, dopo aver ricevuto una diagnosi allarmante, esortano i propri follower sui social media a sottoporsi a controlli periodici?
È ormai diffusa l’idea che una diagnosi precoce sia sempre sinonimo di prevenzione e che con il denaro «si possa comprare, se non l’immortalità, almeno una lunghissima vita in buona salute».
La buona prevenzione, invece, si basa su sane abitudini e pochi controlli mirati, la cui efficacia è provata dalla scienza.
Il consumismo sanitario non solo è dannoso per la psiche del paziente – che nell’approccio alla prevenzione dovrebbe tenere conto del delicato rapporto tra rischio e beneficio – e per il suo portafoglio, ma è anche, e soprattutto, deleterio per la sanità pubblica, che rischia di collassare sotto il peso di richieste non necessarie.
Denunciando un sistema che sfrutta la legittima paura di ammalarsi e il naturale desiderio di stare bene, Roberta Villa, giornalista e divulgatrice scientifica, ci mette in guardia dai rischi della cattiva prevenzione, smontando convinzioni errate e facendo luce sul voluto equivoco che gira attorno al significato di questa parola.
giovedì, dicembre 18, 2025
LIBRO: "Geopolitica digitale. La competizione globale per il controllo della Rete" di Antonio Deruda
mercoledì, dicembre 17, 2025
La FLAT TAX per i super ricchi stranieri che scelgono l’Italia
La tassa della discordia.
- Un incentivo per attrarre persone alto-spendenti, che possono avere un impatto sui consumi, e anche porre in essere investimenti finanziari, come era nelle intenzioni,
- o un regime troppo agevolato per super-ricchi senza apprezzabili vantaggi economici per il paese?
Stiamo parlando della «flat tax» applicabile alle persone fisiche che trasferiscono in Italia la propria residenza fiscale, finita anche nel mirino del governo francese.
Il regime fiscale, applicabile ai «neo residenti», introdotto con la Legge di Bilancio 2017 prendendo spunto dai provvedimenti già adottati in passato nel Regno Unito e in altri paesi dell’Ue, è finalizzato, infatti, ad attrarre in Italia persone con patrimoni significativi («High net worth individual», Hnwi).
Per i «neo residenti» è prevista in via opzionale l’applicazione di un’imposta sostitutiva forfettaria esclusivamente con riferimento ai redditi di fonte estera nella misura di 200.000 euro all’anno.
Mentre continuano ad applicarsi le normali aliquote Irpef per i redditi di fonte italiana:
- prelievo del 43% per i redditi superiori a 50.000 euro,
- oltre alle addizionali regionali nella misura del 3-4% circa
- e alle imposte sostitutive dal 12,5% al 26% per gli investimenti finanziari domestici.
L’opzione per la flat tax può essere esercitata con la prima dichiarazione dei redditi italiana del «neo residente» e si rinnova in via tacita annualmente per un massimo di 15 periodi d’imposta; è tuttavia possibile revocarla in qualsiasi momento.
La platea che può utilizzarla
Possono optare per la tassa piatta le persone fisiche (cittadini italiani o stranieri) che trasferiscono la propria residenza fiscale nel nostro Paese e siano stati non residenti per almeno nove dei dieci periodi d’imposta precedenti all’esercizio dell’opzione.
La flat tax è attualmente pari a 200.000 euro e deve essere corrisposta in un’unica soluzione entro il termine per il pagamento del saldo delle imposte sui redditi. L’opzione è disponibile anche per ogni famigliare del contribuente, al soddisfacimento delle medesime condizioni soggettive; in tal caso l’imposta forfettaria per ogni membro aggiuntivo della famiglia è pari a 25.000 euro all’anno (ad esempio, per due coniugi, l’imposta forfettaria complessiva annuale sarebbe pari a 225.000 euro).
La bozza della Legge di Bilancio 2026 prevede un incremento a 300.00 per il contribuente richiedente e a 50.000 euro per i famigliari.
La modifica dovrebbe applicarsi ai soggetti che hanno trasferito nel territorio dello Stato la residenza a partire dalla data di entrata in vigore della medesima Legge di Bilancio, senza dunque avere efficacia retroattiva.
A ciò si aggiunga che i contribuenti che esercitano l’opzione per la flat tax
- non sono tenuti ad indicare in dichiarazione dei redditi gli investimenti finanziari ed immobiliari detenuti all’estero (quadro RW),
- né sono tenuti al pagamento dell’Ivie (ovvero l’imposta sugli immobili detenuti all’estero)
- e dell’Ivafe (ovvero l’imposta sulle attività finanziarie detenute all’estero).
martedì, dicembre 16, 2025
LIBRO: " Deficit. Perché l'economia femminista cambierà il mondo" di Emma Holten
Da un'intervista di La Repubblica a Emma Holten
Come è possibile che, nell’era della prosperità diffusa e della rivoluzione tecnologica, i nostri sistemi sociali siano così in crisi?
«Perché la politica persegue solo obiettivi economici misurabili - crescita, aumento dei consumi, della produttività, dell’occupazione - nella convinzione che questo automaticamente possa portare a una società migliore, più prospera.
Ma questi obiettivi ci rendono ciechi rispetto a quello che stiamo perdendo cercando di raggiungerli. Tutto quello che non è “misurabile” da questi numeri ha sempre meno spazio. Il lavoro di cura, gli investimenti collettivi in salute e scuola, e soprattutto la felicità, sono le grandi vittime di questa visione».
Al cuore del suo lavoro, e dell’economia femminista, c’è la consapevolezza che ciascuno di noi ha bisogno del sostegno di qualcun altro. “Il lavoro di cura rende tutti gli altri lavori possibili”, scrive lei. Perché la politica fatica a riconoscerlo?
«La responsabilità risiede nel paradigma economico che si è imposto alla fine degli anni Ottanta. In Europa, dopo il crollo del muro di Berlino, eravamo stanchi di conflitti. Così, invece di decisioni politiche divisive abbiamo optato per decisioni “smart”, burocratiche. La politica ha lasciato il campo a un’ideologia economica fatta solo di liberismo e mercato. E questo è il risultato».
È quella che lei chiama economia neoclassica o “consolidata”. Cos’è?
«È la concezione che ha conquistato un potere culturale sempre più forte e alla fine maggioritario, anche nel giornalismo. Tutto gira intorno ai prezzi. L’idea centrale è che il mercato, e solo il mercato, è il luogo dove si crea il valore e la ricchezza.
Le relazioni sociali, l’amicizia, le comunità locali, la cura non hanno spazio in questa visione. E ancora meno spazio ha il settore pubblico: nessuno considera il valore creato dalla scuola, dalla sanità, dal lavoro domestico, perché tutte queste cose non hanno mercato»
La stessa cosa vale per l’ambiente naturale?
«Sì, infatti. In questo sistema capitalistico l’ambiente e il lavoro di cura sono “fratelli nella sofferenza”. Noi estraiamo costantemente valore dal lavoro di casa e dalla natura ma non diamo niente indietro. Crediamo di diventare più ricchi perché usiamo gratis le persone, il loro tempo, e l’ambiente. Li trasformiamo in prodotti, ma non consideriamo quello che stiamo perdendo».
Cosa perdiamo?
«Oltre alla natura in cui viviamo, perdiamo il tempo libero, la salute, il tempo per la famiglia. In una parola, la qualità della vita».
Con quali conseguenze?
«Un aumento incredibile della frustrazione personale e politica. In tutta Europa vediamo rabbia, risentimento, radicalizzazione sia a destra che a sinistra».
Perché l’economia femminista conviene a tutti e non solo…alle donne?
«Le donne spendono più tempo degli uomini nei lavori che rendono le persone più felici e le mantengono in salute. Per questo la chiamo economia “femminista”, ma conviene a tutti.
Il punto del mio libro non è solo che le donne siano oppresse o che la vita delle donne debba somigliare a quella degli uomini. Anzi, in un certo senso sono proprio gli uomini a soffrire molto in questo sistema, sono loro che lavorano troppo, che stanno poco in famiglia, che si ammalano di più».
Converrebbe anche agli uomini diventare più femministi?
«Gli uomini sono più ricchi rispetto alle donne, ma le loro vite sono più povere e sono più infelici. L’uomo è ridicolizzato dalla società se non dedica tutto se stesso al lavoro o se guadagna meno della sua compagna. Finora ci siamo concentrati su come far entrare più donne nel mondo del lavoro, ma non abbiamo considerato abbastanza come rendere la vita degli uomini più simile a quella delle donne».
Lei torna spesso sul ruolo della cura in famiglia. La destra ne parla molto…
«Questa è una delle ragioni dell’attuale successo del pensiero conservatore. Perché molti si stanno rendendo conto che il lavoro e i soldi non sono tutto, c’è anche altro. E i conservatori hanno “sequestrato” il concetto di famiglia, mentre a sinistra non siamo stati capaci di parlare dell’importanza della famiglia con la stessa efficacia».
È possibile dare un valore, o persino un prezzo, alla felicità o alle emozioni?
«È il punto centrale. Il linguaggio dei numeri non può racchiudere tutta la vita, quello che resta fuori è molto più grande. Ci sono cose a cui non si può dare un prezzo, ma non significa che non hanno valore o che debbano restare invisibili per la politica. Un esempio che cito nel mio libro è il rapporto diretto che osserviamo in tutto il mondo fra i tagli ai servizi sociali e la radicalizzazione politica: se vuoi che la democrazia funzioni, non basta che l’economia vada bene, le persone hanno bisogno di sentirsi prese in carico. Guardiamo all’America, il Paese più ricco del mondo è oggi anche quello dove la frustrazione di alcuni ceti sociali è più estrema».
E quindi? Come uscirne?
«Per molto tempo anche l’economia femminista ha pensato che la soluzione fosse di dare un prezzo alle cose che non ce l’hanno, per esempio un’ora passata a casa con un bimbo. Io però la vedo in maniera differente. Per me la politica deve riconoscere che ci sono cose economicamente non quantificabili. Possiamo dare un valore a un appartamento, ma non possiamo quantificare quanto una casa significhi per una famiglia che non ce l’ha. Per questo la politica deve integrare le sue scelte con altre discipline oltre all’economia: con la sociologia, l’antropologia e naturalmente la psicologia»
lunedì, dicembre 15, 2025
TEATRO: "Morte accidentale di un anarchico" di Dario Fo e Franca Rame - 19 Dicembre 2025 ore 20.30 - Camera del Lavoro di Milano
Dopo 56 anni dalla strage di Stato di Piazza Fontana a Milano e nel 33° Anniversario delle stragi di Capaci e Via D'Amelio, a fine rappresentazione con Claudia e Silvia Pinelli e altri testimonial, cercheremo di capire insieme al pubblico di rispondere alla domanda
📅 Venerdì 19 dicembre 2025 - ore 20.30
📍 Camera Metropolitana del Lavoro di Milano - Sala Di Vittorio - Corso di Porta Vittoria 43 - 20122 Milano
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