sabato, dicembre 20, 2025

VISTI DAGLI ALTRI: "La legge sul femminicidio non risolve il problema" di Lorena Pacho - El País - Spagna

 

Da L'Internazionale del 4 Dicembre 2025 - di Lorena Pacho, El Pais, Spagna

La norma approvata in Italia lo scorso 25 novembre servirà a poco, se non si affronteranno le radici culturali e politiche della violenza contro le donne, scrive il quotidiano spagnolo.

Il 25 novembre 2025, in occasione della Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, la camera dei deputati italiana ha approvato il disegno di legge che introduce nel codice penale il reato di femminicidio, punendolo con l’ergastolo. 
Il disegno di legge, sostenuto dal governo di estrema destra guidato da Giorgia Meloni, era già stato approvato al senato. 

Il testo del nuovo articolo 577 bis del codice penale prevede che “chiunque cagiona la morte di una donna quando il fatto è commesso come atto di odio o di discriminazione o di prevaricazione o come atto di controllo o possesso o dominio in quanto donna, o in relazione al rifiuto della donna di instaurare o mantenere un rapporto affettivo o come atto di limitazione delle sue libertà individuali è punito con la pena dell’ergastolo”
In presenza di circostanze attenuanti, le condanne saranno comprese tra i 15 e i 24 anni di reclusione. 

Finora la legislazione italiana prevedeva un’aggravante per gli omicidi che potevano rientrare nella definizione di femminicidio, cioè l’assassinio intenzionale di una donna per il fatto di essere donna (quello che la Spagna riconosce dal 2004 come omicidio per violenza di genere), ma il femminicidio non era considerato un crimine in sé, come invece sarà d’ora in poi. 

La legge approvata prevede inoltre aggravanti e pene più severe per le molestie nei confronti delle donne, lo stalking o la diffusione senza il consenso di immagini intime come forma di vendetta (il cosiddetto revenge porn). 
La nuova legge risponde a una serie di casi di violenza di genere e omicidi di donne (spesso molto giovani) compiuti dai compagni o dagli ex compagni, che hanno avuto un grande impatto in Italia.
 
L’Istituto nazionale di statistica (Istat) ha registrato nel 2024 un femminicidio ogni tre giorni. 
In Italia alcuni casi recenti hanno segnato una svolta nel dibattito pubblico e politico, suscitando una protesta sociale molto forte che ha alimentato la richiesta di una riforma concreta. Uno dei casi più noti è quello di Giulia Cecchettin, 23 anni, uccisa poco prima di laurearsi nel 2023 dal suo ex compagno e coetaneo (condannato all’ergastolo l’anno scorso). 
La sua morte ha fatto da catalizzatore e aumentato la pressione sociale sulle istituzioni e i partiti. L’indignazione in tutto il paese ha trasformato in un tema centrale il dibattito sulla violenza di genere e sulle sue cause dovute alla cultura patriarcale. 

Fattori culturali
Secondo Meloni la nuova legge, approvata con un’ampia maggioranza, rappresenta “un segnale importante di coesione della politica contro la barbarie della violenza contro le donne. (...). Abbiamo raddoppiato, rispetto al 2022, le risorse per i centri antiviolenza e le case rifugio, promosso il 1522, il numero gratuito antiviolenza e contro lo stalking, portato avanti innovative attività di educazione e sensibilizzazione”, ha sottolineato la presidente del consiglio, “sono passi concreti che ovviamente non bastano, ma dobbiamo continuare a fare ogni giorno di più per difendere la libertà e la dignità di ogni donna”. 
L’opposizione di centrosinistra, pur appoggiando la legge in parlamento, ha criticato il governo accusandolo di concentrarsi unicamente sull’aspetto penale del problema, ignorando le cause profonde come i fattori economici e culturali. 

Di recente in Italia si è intensificato anche il dibattito sull’introduzione dell’educazione sessuale e affettiva nelle scuole per prevenire la violenza di genere. 
Per il momento il governo sta valutando la possibilità di vietare questo tipo di insegnamento nelle scuole primarie e prevede di richiedere il consenso esplicito dei genitori per qualsiasi lezione che affronti questi argomenti nelle scuole secondarie. 
La coalizione conservatrice ritiene che in questo modo sia possibile proteggere i minori da quello che definisce un “attivismo ideologico”. 
L’opposizione considera “medievale” questo modo di ragionare. “L’Italia è uno dei sette paesi europei dove non è ancora obbligatoria l’educazione sessuale e affettiva in tutti i cicli scolastici. Noi vorremmo renderla obbligatoria”, ha dichiarato la segretaria del Partito democratico Elly Schlein, aggiungendo che “la repressione non basta senza la prevenzione, che può iniziare solo a scuola”.

Politiche di prevenzione
La legge ha immediatamente innescato un dibattito tra giuristi, magistrati, avvocati, movimenti femministi e associazioni che si occupano di lotta alla violenza sulle donne. La questione è complessa. 
I settori più critici sollevano due questioni principali: da un lato ritengono che il disegno di legge approvato sia superfluo, dall’altro ne mettono in dubbio l’efficacia. Alcuni esperti avvertono che considerare il femminicidio come reato autonomo non garantisce una riduzione reale di questi delitti, mentre c’è chi sottolinea il rischio che si riduca a un gesto simbolico e che si cerchi di risolvere solo attraverso il diritto penale (concentrato sulla sanzione) un problema con radici profonde, culturali e sociali. 
Per questo molti chiedono politiche di prevenzione che tengano conto dell’insieme di comportamenti sociali, politici e istituzionali che giustificano o favoriscono la violenza maschile contro le donne. 
Chi sostiene la legge invece ritiene che il reato di femminicidio consentirà agli organismi pubblici di agire con più precisione ed efficacia, contribuendo a evidenziare la dimensione strutturale della violenza di genere e permettendo di innescare cambiamenti sociali, culturali e istituzionali per superare i numerosi fattori che ancora favoriscono la violenza contro le donne.



venerdì, dicembre 19, 2025

LIBRO: "Cattiva prevenzione. I pericoli del consumismo sanitario" di Roberta Villa - prefazione di Silvio Garattini

 

«Di cattiva prevenzione ci si può anche ammalare.»

A chi non è mai capitato di leggere, su cartelloni affissi in città o nelle newsletter di centri diagnostici, inviti accattivanti a fruire di pacchetti prevenzione? 
O di sentire celebrità e personaggi pubblici che, dopo aver ricevuto una diagnosi allarmante, esortano i propri follower sui social media a sottoporsi a controlli periodici? 
È ormai diffusa l’idea che una diagnosi precoce sia sempre sinonimo di prevenzione e che con il denaro «si possa comprare, se non l’immortalità, almeno una lunghissima vita in buona salute». 

La buona prevenzione, invece, si basa su sane abitudini e pochi controlli mirati, la cui efficacia è provata dalla scienza. 

Il consumismo sanitario non solo è dannoso per la psiche del paziente – che nell’approccio alla prevenzione dovrebbe tenere conto del delicato rapporto tra rischio e beneficio – e per il suo portafoglio, ma è anche, e soprattutto, deleterio per la sanità pubblica, che rischia di collassare sotto il peso di richieste non necessarie. 

Denunciando un sistema che sfrutta la legittima paura di ammalarsi e il naturale desiderio di stare bene, Roberta Villa, giornalista e divulgatrice scientifica, ci mette in guardia dai rischi della cattiva prevenzione, smontando convinzioni errate e facendo luce sul voluto equivoco che gira attorno al significato di questa parola.

giovedì, dicembre 18, 2025

LIBRO: "Geopolitica digitale. La competizione globale per il controllo della Rete" di Antonio Deruda

 
Oltre il 95% delle comunicazioni e transazioni globali si muove attraverso un complesso sistema di cavi sottomarini, landing station, data center e hub digitali. 

La Rete è molto più fisica di quello che immaginiamo: traccia rotte in fibra ottica, occupa spazi strategici, attribuisce valore geopolitico ai luoghi e ridefinisce le priorità di sicurezza internazionale. 
Il volume mostra come la rappresentazione idealizzata di una Rete universale e senza confini sia stata superata da quella più realistica di un terreno di conquista dove governi e aziende si sfidano per il controllo delle infrastrutture e dove si combattono conflitti ibridi su larga scala. 
Dopo terra, mare, cielo e spazio, si è affermata una nuova dimensione geopolitica: la sfera digitale. 
E la competizione tra le grandi potenze per il suo dominio è solo agli inizi.

mercoledì, dicembre 17, 2025

La FLAT TAX per i super ricchi stranieri che scelgono l’Italia

 

La tassa della discordia. 

  • Un incentivo per attrarre persone alto-spendenti, che possono avere un impatto sui consumi, e anche porre in essere investimenti finanziari, come era nelle intenzioni, 
  • o un regime troppo agevolato per super-ricchi senza apprezzabili vantaggi economici per il paese? 

Stiamo parlando della «flat tax» applicabile alle persone fisiche che trasferiscono in Italia la propria residenza fiscale, finita anche nel mirino del governo francese. 

Il regime fiscale, applicabile ai «neo residenti», introdotto con la Legge di Bilancio 2017 prendendo spunto dai provvedimenti già adottati in passato nel Regno Unito e in altri paesi dell’Ue, è finalizzato, infatti, ad attrarre in Italia persone con patrimoni significativi («High net worth individual», Hnwi).

Per i «neo residenti» è prevista in via opzionale l’applicazione di un’imposta sostitutiva forfettaria esclusivamente con riferimento ai redditi di fonte estera nella misura di 200.000 euro all’anno. 

Mentre continuano ad applicarsi le normali aliquote Irpef per i redditi di fonte italiana:

  • prelievo del 43% per i redditi superiori a 50.000 euro,
  • oltre alle addizionali regionali nella misura del 3-4% circa
  • e alle imposte sostitutive dal 12,5% al 26% per gli investimenti finanziari domestici.

L’opzione per la flat tax può essere esercitata con la prima dichiarazione dei redditi italiana del «neo residente» e si rinnova in via tacita annualmente per un massimo di 15 periodi d’imposta; è tuttavia possibile revocarla in qualsiasi momento.


La platea che può utilizzarla

Possono optare per la tassa piatta le persone fisiche (cittadini italiani o stranieri) che trasferiscono la propria residenza fiscale nel nostro Paese e siano stati non residenti per almeno nove dei dieci periodi d’imposta precedenti all’esercizio dell’opzione. 


La flat tax è attualmente pari a 200.000 euro e deve essere corrisposta in un’unica soluzione entro il termine per il pagamento del saldo delle imposte sui redditi. L’opzione è disponibile anche per ogni famigliare del contribuente, al soddisfacimento delle medesime condizioni soggettive; in tal caso l’imposta forfettaria per ogni membro aggiuntivo della famiglia è pari a 25.000 euro all’anno (ad esempio, per due coniugi, l’imposta forfettaria complessiva annuale sarebbe pari a 225.000 euro). 


La bozza della Legge di Bilancio 2026 prevede un incremento a 300.00 per il contribuente richiedente e a 50.000 euro per i famigliari. 

La modifica dovrebbe applicarsi ai soggetti che hanno trasferito nel territorio dello Stato la residenza a partire dalla data di entrata in vigore della medesima Legge di Bilancio, senza dunque avere efficacia retroattiva.


Ma le agevolazioni non si limitano all’Irpef. L’imposta sulle successioni e sulle donazioni, che è già stata oggetto di attenzione a livello internazionale per le aliquote sensibilmente contenute, è applicabile ai neo residenti esclusivamente con riferimento ai beni localizzati in Italia, laddove i beni esteri – se del caso – scontano le imposte applicabili nello Stato di localizzazione. 


A ciò si aggiunga che i contribuenti che esercitano l’opzione per la flat tax

  • non sono tenuti ad indicare in dichiarazione dei redditi gli investimenti finanziari ed immobiliari detenuti all’estero (quadro RW), 
  • né sono tenuti al pagamento dell’Ivie (ovvero l’imposta sugli immobili detenuti all’estero) 
  • e dell’Ivafe (ovvero l’imposta sulle attività finanziarie detenute all’estero).

martedì, dicembre 16, 2025

LIBRO: " Deficit. Perché l'economia femminista cambierà il mondo" di Emma Holten

 
Nel 2020 Emma Holten si imbatte in un articolo in cui si afferma che le donne rappresentano un deficit, una perdita netta per la società. Le donne infatti ricevono più di quanto danno, è scritto. Prendono più congedi di maternità, stanno di più a casa con i bambini, in genere svolgono lavori meno retribuiti, in molti casi anche part-time, e quindi pagano meno tasse. Partoriscono, e i parti sono costosi. 
Dunque, conclude il saggio, l’economia mondiale sarebbe più ricca se la vita delle donne assomigliasse a quella degli uomini, perché le donne dedicano troppo tempo a prendersi cura di altre persone. 

Come siamo arrivati a questo punto? 
In che modo il contributo decisivo delle donne al benessere collettivo è diventato una perdita secca? 

Emma Holten ripercorre con accuratezza – confutando i falsi miti consolidati nei secoli – il percorso con cui l’economia, dall’Illuminismo in avanti, ha di fatto negato il valore del lavoro di cura delle donne (e non solo).
Perché quando tutto è definito da un prezzo, si crea una gerarchia dove ciò per cui è più difficile calcolare un esatto valore, come il lavoro di cura e accudimento, finisce in fondo alla lista. 
Ma questo non significa che queste cose non abbiano valore; solo che in politica e nel dibattito economico vengono trattate come se non ne avessero. 
Emma Holten – svelando l’enorme capitale nascosto che sfugge ai principali modelli economici – mostra quanto le decisioni politiche che ne derivano siano altrettanto imperfette, e causino profondi danni sociali: 

se non riusciamo a dare il giusto valore alle cose che contano, come possiamo costruire un futuro migliore?

Da un'intervista di La Repubblica a Emma Holten

Come è possibile che, nell’era della prosperità diffusa e della rivoluzione tecnologica, i nostri sistemi sociali siano così in crisi?

«Perché la politica persegue solo obiettivi economici misurabili - crescita, aumento dei consumi, della produttività, dell’occupazione - nella convinzione che questo automaticamente possa portare a una società migliore, più prospera. 

Ma questi obiettivi ci rendono ciechi rispetto a quello che stiamo perdendo cercando di raggiungerli. Tutto quello che non è “misurabile” da questi numeri ha sempre meno spazio. Il lavoro di cura, gli investimenti collettivi in salute e scuola, e soprattutto la felicità, sono le grandi vittime di questa visione».

Al cuore del suo lavoro, e dell’economia femminista, c’è la consapevolezza che ciascuno di noi ha bisogno del sostegno di qualcun altro. “Il lavoro di cura rende tutti gli altri lavori possibili”, scrive lei. Perché la politica fatica a riconoscerlo?

«La responsabilità risiede nel paradigma economico che si è imposto alla fine degli anni Ottanta. In Europa, dopo il crollo del muro di Berlino, eravamo stanchi di conflitti. Così, invece di decisioni politiche divisive abbiamo optato per decisioni “smart”, burocratiche. La politica ha lasciato il campo a un’ideologia economica fatta solo di liberismo e mercato. E questo è il risultato».

È quella che lei chiama economia neoclassica o “consolidata”. Cos’è?

«È la concezione che ha conquistato un potere culturale sempre più forte e alla fine maggioritario, anche nel giornalismo. Tutto gira intorno ai prezzi. L’idea centrale è che il mercato, e solo il mercato, è il luogo dove si crea il valore e la ricchezza. 

Le relazioni sociali, l’amicizia, le comunità locali, la cura non hanno spazio in questa visione. E ancora meno spazio ha il settore pubblico: nessuno considera il valore creato dalla scuola, dalla sanità, dal lavoro domestico, perché tutte queste cose non hanno mercato»

La stessa cosa vale per l’ambiente naturale?

«Sì, infatti. In questo sistema capitalistico l’ambiente e il lavoro di cura sono “fratelli nella sofferenza”. Noi estraiamo costantemente valore dal lavoro di casa e dalla natura ma non diamo niente indietro. Crediamo di diventare più ricchi perché usiamo gratis le persone, il loro tempo, e l’ambiente. Li trasformiamo in prodotti, ma non consideriamo quello che stiamo perdendo».

Cosa perdiamo?

«Oltre alla natura in cui viviamo, perdiamo il tempo libero, la salute, il tempo per la famiglia. In una parola, la qualità della vita».

Con quali conseguenze?

«Un aumento incredibile della frustrazione personale e politica. In tutta Europa vediamo rabbia, risentimento, radicalizzazione sia a destra che a sinistra».

Perché l’economia femminista conviene a tutti e non solo…alle donne?

«Le donne spendono più tempo degli uomini nei lavori che rendono le persone più felici e le mantengono in salute. Per questo la chiamo economia “femminista”, ma conviene a tutti. 

Il punto del mio libro non è solo che le donne siano oppresse o che la vita delle donne debba somigliare a quella degli uomini. Anzi, in un certo senso sono proprio gli uomini a soffrire molto in questo sistema, sono loro che lavorano troppo, che stanno poco in famiglia, che si ammalano di più».

Converrebbe anche agli uomini diventare più femministi?

«Gli uomini sono più ricchi rispetto alle donne, ma le loro vite sono più povere e sono più infelici. L’uomo è ridicolizzato dalla società se non dedica tutto se stesso al lavoro o se guadagna meno della sua compagna. Finora ci siamo concentrati su come far entrare più donne nel mondo del lavoro, ma non abbiamo considerato abbastanza come rendere la vita degli uomini più simile a quella delle donne».

Lei torna spesso sul ruolo della cura in famiglia. La destra ne parla molto…

«Questa è una delle ragioni dell’attuale successo del pensiero conservatore. Perché molti si stanno rendendo conto che il lavoro e i soldi non sono tutto, c’è anche altro. E i conservatori hanno “sequestrato” il concetto di famiglia, mentre a sinistra non siamo stati capaci di parlare dell’importanza della famiglia con la stessa efficacia».

È possibile dare un valore, o persino un prezzo, alla felicità o alle emozioni?

«È il punto centrale. Il linguaggio dei numeri non può racchiudere tutta la vita, quello che resta fuori è molto più grande. Ci sono cose a cui non si può dare un prezzo, ma non significa che non hanno valore o che debbano restare invisibili per la politica. Un esempio che cito nel mio libro è il rapporto diretto che osserviamo in tutto il mondo fra i tagli ai servizi sociali e la radicalizzazione politica: se vuoi che la democrazia funzioni, non basta che l’economia vada bene, le persone hanno bisogno di sentirsi prese in carico. Guardiamo all’America, il Paese più ricco del mondo è oggi anche quello dove la frustrazione di alcuni ceti sociali è più estrema».

E quindi? Come uscirne?

«Per molto tempo anche l’economia femminista ha pensato che la soluzione fosse di dare un prezzo alle cose che non ce l’hanno, per esempio un’ora passata a casa con un bimbo. Io però la vedo in maniera differente. Per me la politica deve riconoscere che ci sono cose economicamente non quantificabili. Possiamo dare un valore a un appartamento, ma non possiamo quantificare quanto una casa significhi per una famiglia che non ce l’ha. Per questo la politica deve integrare le sue scelte con altre discipline oltre all’economia: con la sociologia, l’antropologia e naturalmente la psicologia»

lunedì, dicembre 15, 2025

TEATRO: "Morte accidentale di un anarchico" di Dario Fo e Franca Rame - 19 Dicembre 2025 ore 20.30 - Camera del Lavoro di Milano

Spettacolo Teatrale Morte Accidentale di un Anarchico 
Dopo 56 anni dalla strage di Stato di Piazza Fontana a Milano e nel 33° Anniversario delle stragi di Capaci e Via D'Amelio, a fine rappresentazione con Claudia e Silvia Pinelli e altri testimonial, cercheremo di capire insieme al pubblico di rispondere alla domanda
"CHI E' STATO?"
Per capire quali responsabilità si celino dietro le stragi rimaste impunite e perché i mandanti non possono venire ancora oggi svelati...

“Morte Accidentale di un Anarchico” torna in scena alla Camera del Lavoro di Milano il 19 dicembre 2025, con la partecipazione di Mattea Fo e di vari testimonial, tra cui l’Avv. Federico Sinicato, Presidente dell’ Associazione Piazza Fontana 12 dicembre 69, Fortunato Zinni, ultimo superstite e i rappresentanti di Avvocati senza Frontiere e del Movimento per la Giustizia Robin Hood. 

Prenotazione obbligatoria. Scrivere a: movimentogiustizia@yahoo.it 
📅 Venerdì 19 dicembre 2025 - ore 20.30
📍 Camera Metropolitana del Lavoro di Milano - Sala Di Vittorio - Corso di Porta Vittoria 43 - 20122 Milano


Avvocati Senza Frontiere  è una rete “super partes”  di giuristi, operatori del  diritto, professionisti, consulenti tecnici, medici forensi, giornalisti d’inchiesta, stagisti, studenti, volontari e comuni cittadini, consapevoli della vasta corruzione giudiziaria e istituzionale, a tutti i livelli, che mina alle radici le fondamenta della Civiltà giuridica, soffocando l’attuazione del principio di legalità, i quali tutti operano animati da puro spirito di giustizia e senza scopi di lucro