sabato, settembre 20, 2025

EMERGENCY: Il soccorso KM zero nell'Ucraina in guerra

Tatiana è una delle community workers di EMERGENCY impegnate ad accorciare la catena di soccorso. Con gli ospedali lontani dai piccoli centri, intervenire in tempo aumenta la possibilità di salvare una vita.
Siamo a OLEKSANDRIVKA (DONETSK) - UCRAINA
La prima volta che Tatiana è salita su una bicicletta aveva 52 anni. Non aveva mai pedalato prima di allora. Tre anni dopo, sorride quando le dicono che sulle due ruote sembra "volare". 
Lo fa da un villaggio a un altro, porta a porta, per tutta la zona di Oleksandrivka, nell'oblast ucraino di Donetsk. É una delle community workers di EMERGENCY che hanno deciso di rendersi utili andando di persona ad ascoltare i bisogni di chi non è partito per il fronte ed è rimasto nella sua casa. 
«Quando ho compilato il documento per l'assunzione, ci veniva chiesto se fossimo mai andati in bicicletta», dice a Huffpost. Ha dovuto rispondere la verità, ma l'ammissione di quella lacuna è come se l'avesse offesa. «Ho imparato grazie a mia nipote. La più grande difficoltà è stata quella di restare in equilibrio sul sellino. Poi di girare il manubrio». Insomma, le basi. 
Arrendersi e non era però un'opzione. Come a volere una rivincita, come se volesse trovare almeno un beneficio dal conflitto. L'ha trovato dando supporto alle persone rimaste senza nessuno e hanno bisogno di aiuto. Non solo materiale per loro, ci spiega Tatania, anche solo sapere che c'è qualcuno che va a trovarli per ascoltare i loro bisogni è un conforto importante. 
Pensionati, fragili, poveri più fragili e più poveri per il conflitto. Vittime trasparenti. Quelle che non figurano nei bollettini, ma ugualmente coinvolte. 
Già prima dell'invasione della Crimea, nel 2014, le carenze sanitarie nell'Ucraina orientale erano endemiche. La lontananza dai centri abitati, e quindi dalle strutture meglio equipaggiate, non è solo una questione di chilometri ma anche di strade dissestate che aumentano i tempi di percorrenza, se non addirittura rendono impossibile raggiungere certi villaggi. 
La somma tra mancanza di medici specialisti, trasporti pubblici e difficoltà economiche ha spinto le persone a rimandare le visite. Spesso fino all'estremo, quando ormai era troppo tardi per intervenire.
Durante il decennio successivo, specialmente nell'ultimo triennio, il fenomeno si è acutizzato. Cliniche e ospedali sono state trasformate in obiettivi di guerra, venendo danneggiate o distrutte. Alcune di quelle rimaste in piedi sono invece state riconvertite in strutture mediche per l'esercito per curare i soldati feriti. 
Incontriamo Tatiana durante un evento organizzato dall'European Resuscitation Council (Erc), che ha riunito a Oleksandrivka una trentina di donne e appena quattro uomini della zona. 
Nessuna di loro lavorava nel mondo sanitario ma con lo scoppio della guerra hanno deciso di imparare il mestiere. 
L'obiettivo della giornata era di ottenere un attestato di abilitazione per la rianimazione, nel caso di arresto cardiaco, per cui sono state necessarie circa sei ore di lezione teorica e pratica. 
Lo scopo più grande, invece, quello di accorciare la catena di soccorso. Nel momento in cui gli ospedali sono lontani dai piccoli centri, saper intervenire in tempo aumenta la possibilità di salvare una vita e diminuisce la pressione sulle strutture sanitarie. Non è un dettaglio. 
Tra le più grandi preoccupazioni degli ucraini che abitano queste zone, oltre al costo delle medicine e delle cure, c'è l'accesso a servizi o trattamenti sanitari specifici. 
È l'Organizzazione mondiale per la sanità (OMS) a dare i numeri. 
Tra coloro che hanno richiesto una qualche forma di assistenza medica, il 65% ha riscontrato un problema nei servizi. Una cifra in ribasso rispetto al 2023, grazie al lavoro delle varie organizzazioni umanitarie dislocate sul territorio. 
Gran parte delle persone che vengono visitate sono anziane, affette da disabilità o vulnerabili. 
Soggetti che non rispondono ai requisiti per essere arruolati nell'esercito, per questioni di età o per le loro condizioni fisiche. 
Nonostante a pochi chilometri da loro infuri la battaglia, nonostante gli allarmi aerei e i caccia che volano sopra le loro teste ogni giorno, l'idea di abbandonare la loro casa non viene presa neanche in considerazione. 
«Il nostro aiuto va a chi è rimasto solo e ha bisogno di aiuto fisico, ma anche psicologico», continua Tatiana. 
Le persone sono stressate dalla guerra, dai droni, dalle esplosioni. Ovviamente i bambini sono i primi a subire le conseguenze del conflitto, impossibile da spiegare. 
Insieme agli anziani, i bambini rappresentano la maggior parte degli abitanti che si incontrano in queste zone, spopolate della fascia intermedia per la legge marziale. Oltre a loro, in giro si vedono solo militari. 
Ma a necessitare di supporto è anche chi comprende bene la realtà, persone adulte che hanno bisogno di conforto. A tutti loro, dice Tatiana, «cerchiamo di offrire il meglio per rimanere».






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