Quando nessun altro vide il
potenziale della macchina analitica creata da Charles Babbage, Ada Lovelace,
una precorritrice dei suoi tempi, fu capace di sviluppare il primo algoritmo
processabile dall’apparecchio.
Ogni anno, a partire dal 2009, il
secondo martedì di ottobre si celebra la giornata internazionale di Ada
Lovelace, una data scelta per commemorare i risultati ottenuti
dalle donne nelle discipline STEM (scienza, tecnologia, ingegneria e
matematica).
La celebrazione rende inoltre
omaggio alla figura di questa donna, una pioniera dell’informatica,
figlia del famoso e controverso lord Byron e dell’aristocratica
inglese Anne Isabelle Milbanke, anch’ella appassionata di matematica e
astronomia.
Ada
Lovelace, la visionaria figlia di lord Byron
La madre le offrì un’educazione severa e attenta, che comprendeva musica, francese e matematica. Volle anche che la figlia ricevesse una formazione scientifica, e assunse per lei la prestigiosa matematica e astronoma scozzese Mary Somerville.
Per incentivare
l’interesse di Ada per la scienza e la tecnologia, madre e figlia viaggiarono
nelle regioni più industrializzate d’Inghilterra, dove la giovane poté
ammirare i macchinari più innovativi, come il telaio meccanico inventato da
Joseph Marie Jacquard, che già all’epoca funzionava grazie a delle schede
perforate. Lo status sociale elevato le permise di confrontarsi con eminenti
scienziati quali Andrew Crosse, David Brewster, Charles Wheatstone, Michael
Faraday e con il romanziere Charles Dickens.
Durante una festa dell’alta
società, Ada Lovelace conobbe il matematico Charles Babbage, che aveva
progettato un calcolatore meccanico capace di calcolare tavole di
funzioni numeriche attraverso il metodo delle differenze. Progettò anche,
pur non arrivando mai a costruirla, una macchina analitica per eseguire
programmi di tabulazione o computazione. Per queste invenzioni Babbage è
considerato uno dei pionieri nel concepire l’idea di quello che oggi
potremmo considerare un computer.
L’invenzione di Babbage
entusiasmò Ada: la giovane pensò che quell’invenzione, in un giorno non molto lontano, avrebbe permesso di costruire macchine in grado di
cambiare la vita delle persone.
Nel 1835 Ada conobbe e sposò William
King-Noel, conte di Lovelace, membro di un’influente famiglia. A partire
da quel momento si firmò sempre Ada Lovelace.
Nel 1842 Ada redasse la sua
unica pubblicazione professionale per la rivista Scientific Memoirs,
che le aveva affidato la traduzione di un articolo scritto in francese
dall’ingegnere militare italiano Luigi Menabrea in cui era descritta la
macchina analitica di Babbage.
Ada pubblicò l’articolo con
numerosissime note di suo pugno, con le quali fornì le proprie teorie sul
funzionamento della macchina di Babbage.
Le note, firmate solo con le
iniziali A.A.L. per celare la sua vera identità, non furono pubblicate a suo
nome fino al 1953.
Alla fine, queste estesissime
note divennero più famose della traduzione stessa dell’articolo.
Ma cosa contenevano?
L’immaginazione e la capacità
di Ada di vedere oltre la realtà immediata la resero in grado di
sviluppare diversi concetti che oggi potremmo dire visionari.
Il più celebre si riferisce al
funzionamento di quello che oggi è noto come algoritmo informatico.
Ada prese a esempio i numeri di
Bernoulli, che consistono in una serie infinita di cifre che giocano un ruolo
importante nel descrivere, attraverso un diagramma, le operazioni che la
macchina di Babbage avrebbe dovuto eseguire per poterle calcolare.
Di fatto fu Ada a
introdurre quell’algoritmo nella macchina di Babbage, abbozzando un
concetto informatico che oggi conosciamo come “iterazione” (un gruppo
d’istruzioni che si eseguono più volte), o “subroutine” (parte di un programma
che può essere richiesto in qualunque momento).
Anche se non si può
affermare categoricamente che Ada Lovelace sviluppò il primo programma
informatico della storia, a differenza di Babbage fu comunque capace di
vederne le conseguenze pratiche.
Per esempio, fu sua
l’idea di una macchina che si potesse programmare e riprogrammare per eseguire
diverse funzioni, senza limitarsi semplicemente al calcolo, ma capace di
eseguire qualunque compito che si potesse esprimere attraverso dei simboli.
Come?
Ada trovò la risposta nelle
schede perforate del telaio Jacquard: chissà, forse immaginò davvero il
primo computer della storia.
L’algoritmo di Ada Lovelace
per calcolare i numeri di Bernoulli non fu mai sperimentato e dunque neppure
dimostrato, perché la macchina analitica di Babbage non venne mai
costruita.
Dovettero trascorrere quasi cento
anni perché un ingegnere statunitense, pioniere nel campo dell’informatica, di
nome Howard Aiken, progettasse un computer elettromagnetico
strettamente legato al lavoro di Babbage sulla macchina analitica.
L’apparecchio di Aiken fu
finanziato da IBM, costruito nel 1944 e conosciuto come Harvard Mark I. Ma
questa è un’altra storia…
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