mercoledì, gennaio 22, 2025

ADA LOVELACE: l’inventrice della prima macchina che si potesse programmare e riprogrammare

 

Quando nessun altro vide il potenziale della macchina analitica creata da Charles Babbage, Ada Lovelace, una precorritrice dei suoi tempi, fu capace di sviluppare il primo algoritmo processabile dall’apparecchio.

Ogni anno, a partire dal 2009, il secondo martedì di ottobre si celebra la giornata internazionale di Ada Lovelace, una data scelta per commemorare i risultati ottenuti dalle donne nelle discipline STEM (scienza, tecnologia, ingegneria e matematica).

La celebrazione rende inoltre omaggio alla figura di questa donna, una pioniera dell’informatica, figlia del famoso e controverso lord Byron e dell’aristocratica inglese Anne Isabelle Milbanke, anch’ella appassionata di matematica e astronomia.

Ada Lovelace, la visionaria figlia di lord Byron

La madre le offrì un’educazione severa e attenta, che comprendeva musica, francese e matematica. Volle anche che la figlia ricevesse una formazione scientifica, e assunse per lei la prestigiosa matematica e astronoma scozzese Mary Somerville. 

Per incentivare l’interesse di Ada per la scienza e la tecnologia, madre e figlia viaggiarono nelle regioni più industrializzate d’Inghilterra, dove la giovane poté ammirare i macchinari più innovativi, come il telaio meccanico inventato da Joseph Marie Jacquard, che già all’epoca funzionava grazie a delle schede perforate. Lo status sociale elevato le permise di confrontarsi con eminenti scienziati quali Andrew Crosse, David Brewster, Charles Wheatstone, Michael Faraday e con il romanziere Charles Dickens.

Durante una festa dell’alta società, Ada Lovelace conobbe il matematico Charles Babbage, che aveva progettato un calcolatore meccanico capace di calcolare tavole di funzioni numeriche attraverso il metodo delle differenze. Progettò anche, pur non arrivando mai a costruirla, una macchina analitica per eseguire programmi di tabulazione o computazione. Per queste invenzioni Babbage è considerato uno dei pionieri nel concepire l’idea di quello che oggi potremmo considerare un computer.

L’invenzione di Babbage entusiasmò Ada: la giovane pensò che quell’invenzione, in  un giorno non molto lontano, avrebbe  permesso di costruire macchine in grado di cambiare la vita delle persone.

Nel 1835 Ada conobbe e sposò William King-Noel, conte di Lovelace, membro di un’influente famiglia. A partire da quel momento si firmò sempre Ada Lovelace.

Nel 1842 Ada redasse la sua unica pubblicazione professionale per la rivista Scientific Memoirs, che le aveva affidato la traduzione di un articolo scritto in francese dall’ingegnere militare italiano Luigi Menabrea in cui era descritta la macchina analitica di Babbage. 

Ada pubblicò l’articolo con numerosissime note di suo pugno, con le quali fornì le proprie teorie sul funzionamento della macchina di Babbage.

Le note, firmate solo con le iniziali A.A.L. per celare la sua vera identità, non furono pubblicate a suo nome fino al 1953.

Alla fine, queste estesissime note divennero più famose della traduzione stessa dell’articolo.

Ma cosa contenevano? 

L’immaginazione e la capacità di Ada di vedere oltre la realtà immediata la resero in grado di sviluppare diversi concetti che oggi potremmo dire visionari. 

Il più celebre si riferisce al funzionamento di quello che oggi è noto come algoritmo informatico.

Ada prese a esempio i numeri di Bernoulli, che consistono in una serie infinita di cifre che giocano un ruolo importante nel descrivere, attraverso un diagramma, le operazioni che la macchina di Babbage avrebbe dovuto eseguire per poterle calcolare.

Di fatto fu Ada a introdurre quell’algoritmo nella macchina di Babbage, abbozzando un concetto informatico che oggi conosciamo come “iterazione” (un gruppo d’istruzioni che si eseguono più volte), o “subroutine” (parte di un programma che può essere richiesto in qualunque momento).

Anche se non si può affermare categoricamente che Ada Lovelace sviluppò il primo programma informatico della storia, a differenza di Babbage fu comunque capace di vederne le conseguenze pratiche.

Per esempio, fu sua l’idea di una macchina che si potesse programmare e riprogrammare per eseguire diverse funzioni, senza limitarsi semplicemente al calcolo, ma capace di eseguire qualunque compito che si potesse esprimere attraverso dei simboli.

Come? 

Ada trovò la risposta nelle schede perforate del telaio Jacquard: chissà, forse immaginò davvero il primo computer della storia.

L’algoritmo di Ada Lovelace per calcolare i numeri di Bernoulli non fu mai sperimentato e dunque neppure dimostrato, perché la macchina analitica di Babbage non venne mai costruita.

Dovettero trascorrere quasi cento anni perché un ingegnere statunitense, pioniere nel campo dell’informatica, di nome Howard Aiken, progettasse un computer elettromagnetico strettamente legato al lavoro di Babbage sulla macchina analitica.

L’apparecchio di Aiken fu finanziato da IBM, costruito nel 1944 e conosciuto come Harvard Mark I. Ma questa è un’altra storia…


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