sabato, ottobre 19, 2024

Education at a Glance 2024, il triste record italiano: le donne laureate guadagnano la metà dei maschi.


Tratto dal “Corriere della Sera” del 16/10/2024 di Gianna Fregonara e Orsola Riva

Il rapporto Ocse sull'istruzione: in Italia il loro stipendio medio è il 58 per cento dei loro colleghi (in media negli altri Paesi il gap è di 17 punti).

Il ruolo della famiglia di origine: solo 6 figli di genitori con licenza media arriva in fondo. E chi ha genitori che non hanno studiato non arriva alla maturità

Un record tristissimo, ecco cos'è. In nessun altro Paese le donne laureate guadagnano così poco rispetto ai loro colleghi maschi. Non che lo svantaggio retributivo sia un'esclusiva italiana, al contrario. Ma da noi le «dottoresse», che sono di più e laureate con voti più alti dei loro colleghi, guadagnano poco più della metà dei «dottori».

E' questo solo uno dei dati contenuti nell'ultimo rapporto «Education at a Glance 2024» che quest'anno è incentrato proprio sull'equità dei sistemi educativi e sulla loro capacità di emancipazione e riscatto delle giovani generazioni. 

Un miglioramento troppo lento

Da questo punto di vista, l'Italia migliora un po' in tutti gli indicatori rispetto a otto anni fa (il riferimento è ai dati del 2016) ma troppo poco e troppo lentamente. Basti pensare alla percentuale di giovani che non riescono nemmeno a raggiungere il diploma di scuola superiore: benché sia scesa di sei punti percentuali dal 2016, resta comunque molto più alta della media Ocse: 

In Italia la dispersione tra i giovani dai 25 ai 34 anni è 20 per cento contro il 14 per cento degli altri Paesi censiti.

Il problema - sottolinea il rapporto - è che in Italia la famiglia di origine ha ancora un peso molto rilevante - troppo rilevante - sulle probabilità di successo a scuola e negli studi in generale.

Solo il 10 per cento dei figli di genitori con il solo diploma di terza media riesce a ottenere la laurea; e il 37 per cento non arriva nemmeno alla maturità. 

Neet, meglio ma ancora troppi

Ed è sicuramente da registrare il netto miglioramento sul fronte dei Neet. Soltanto otto anni fa i giovani che non studiano né lavorano erano quasi uno su tre (il 32 per cento): una percentuale spaventosa.

Oggi sono scesi al 21 per cento, ma sono comunque molti di più della media Ocse (15 per cento).

E  anche in questo caso le donne «soffrono» di più: non fra i 20-24enni perché in quella fascia d'età sono ancora impegnate negli studi (come si sa le donne rappresentano ormai il 55 per cento dei laureati).

Ma fra i 25-29enni, ovvero quando si dovrebbe entrare nel lavoro, improvvisamente le donne arretrano e la percentuale di Neet schizza dal 20 al 31 per cento, mentre per gli uomini resta sostanzialmente uguale (anzi, scende di un punto percentuale: dal 21 al 20 per cento). 

Il sottofinanziamento

In generale si conferma il sottofinanziamento cronico del nostro sistema d'istruzione: l'Italia devolve alla formazione del «capitale umano» - ovvero di quella che ormai quasi ovunque è considerata una risorsa essenziale - il 4 per cento del Pil contro una media Ocse che sfiora il 5 per cento. 

Con un'ulteriore incongruenza: mentre in genere la spesa tende ad aumentare via via che si sale di livello, da noi è massima alle elementari (anche sopra la media Ocse ed europea), decisamente più bassa alle medie e superiori (dove non  c'è il tempo pieno o almeno quello prolungato che invece vige nella maggior parte degli altri Paesi) e crolla all'università. 

Il rapporto studenti-prof

Non deve invece trarre in inganno il dato sul numero di studenti per docente che in tutti i gradi di istruzione in Italia è più basso che nella media Ocse: 11 studenti per insegnante alle elementari (contro 14), 11 anche alle medie (contro 13), 10 alle superiori (contro 13).

Da un lato iniziano a farsi sentire i primi effetti del crollo demografico, ma l'alto numero di docenti è dovuto anche all'organizzazione della giornata scolastica divisa ancora secondo il vecchio sistema dello spezzatino delle varie materie, ciascuna in capo a un professore diverso.

Il dato statistico generale non impedisce che soprattutto nelle grandi metropoli le prime classi delle superiori possano arrivare anche a trenta studenti e più per poi, fra bocciature e abbandoni, portarne in quinta poco più della metà. 

Gli stipendi

Il rapporto si focalizza anche sugli insegnanti: nel nostro Paese l'età media si conferma più alta che negli altri: la quota di prof cinquantenni è leggermente diminuita negli ultimi anni ma resta del 53 per cento, mentre la media Ocse è del 37 per cento.

Quanto agli stipendi sono cresciuti in termini nominali dell'8 per cento se misurati per gli insegnanti con 15 anni di carriera, ma l'inflazione ha ridotto il valore reale dal 2013 sono diminuiti del 6 per cento, contro una crescita media nei Paesi Ocse del 4 per cento. 

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