Tratto dal “Corriere della Sera” del 16/10/2024 di Gianna Fregonara e Orsola Riva
Il rapporto Ocse
sull'istruzione: in Italia il loro stipendio medio è il 58 per cento dei
loro colleghi (in media negli altri Paesi il gap è di 17 punti).
Il ruolo della famiglia di origine: solo 6 figli di genitori con licenza media arriva in fondo. E chi ha genitori che non hanno studiato non arriva alla maturità
Un record tristissimo, ecco
cos'è. In nessun altro Paese le donne laureate guadagnano così poco
rispetto ai loro colleghi maschi. Non che lo svantaggio retributivo sia
un'esclusiva italiana, al contrario. Ma da noi le «dottoresse», che sono di più
e laureate con voti più alti dei loro colleghi, guadagnano poco più della metà
dei «dottori».
E' questo solo uno dei dati
contenuti nell'ultimo rapporto «Education
at a Glance 2024» che quest'anno è incentrato proprio sull'equità dei
sistemi educativi e sulla loro capacità di emancipazione e riscatto delle
giovani generazioni.
Un miglioramento troppo lento
Da questo punto di vista,
l'Italia migliora un po' in tutti gli indicatori rispetto a otto anni fa (il
riferimento è ai dati del 2016) ma troppo poco e troppo lentamente. Basti
pensare alla percentuale di giovani che non riescono nemmeno a raggiungere il
diploma di scuola superiore: benché sia scesa di sei punti percentuali dal
2016, resta comunque molto più alta della media Ocse:
In Italia la dispersione tra i
giovani dai 25 ai 34 anni è 20 per cento contro il 14 per cento degli altri
Paesi censiti.
Il problema - sottolinea il
rapporto - è che in Italia la famiglia di origine ha ancora un peso
molto rilevante - troppo rilevante - sulle probabilità di successo a scuola e negli
studi in generale.
Solo il 10 per cento dei figli di
genitori con il solo diploma di terza media riesce a ottenere la laurea; e il
37 per cento non arriva nemmeno alla maturità.
Neet, meglio ma ancora troppi
Ed è sicuramente da registrare il
netto miglioramento sul fronte dei Neet. Soltanto otto anni fa i giovani che
non studiano né lavorano erano quasi uno su tre (il 32 per cento): una
percentuale spaventosa.
Oggi sono scesi al 21 per
cento, ma sono comunque molti di più della media Ocse (15 per cento).
E anche in questo caso le
donne «soffrono» di più: non fra i 20-24enni perché in quella fascia d'età
sono ancora impegnate negli studi (come si sa le donne rappresentano ormai il
55 per cento dei laureati).
Ma fra i 25-29enni, ovvero quando
si dovrebbe entrare nel lavoro, improvvisamente le donne arretrano e la
percentuale di Neet schizza dal 20 al 31 per cento, mentre per gli uomini resta
sostanzialmente uguale (anzi, scende di un punto percentuale: dal 21 al 20 per
cento).
Il sottofinanziamento
In generale si conferma il
sottofinanziamento cronico del nostro sistema d'istruzione: l'Italia devolve
alla formazione del «capitale umano» - ovvero di quella che ormai quasi
ovunque è considerata una risorsa essenziale - il 4 per cento del Pil
contro una media Ocse che sfiora il 5 per cento.
Con un'ulteriore incongruenza:
mentre in genere la spesa tende ad aumentare via via che si sale di
livello, da noi è massima alle elementari (anche sopra la media Ocse ed
europea), decisamente più bassa alle medie e superiori (dove non
c'è il tempo pieno o almeno quello prolungato che invece vige nella maggior
parte degli altri Paesi) e crolla all'università.
Il rapporto studenti-prof
Non deve invece trarre in inganno
il dato sul numero di studenti per docente che in tutti i gradi di istruzione
in Italia è più basso che nella media Ocse: 11 studenti per insegnante alle
elementari (contro 14), 11 anche alle medie (contro 13), 10 alle superiori
(contro 13).
Da un lato iniziano a farsi
sentire i primi effetti del crollo demografico, ma l'alto numero di
docenti è dovuto anche all'organizzazione della giornata scolastica divisa
ancora secondo il vecchio sistema dello spezzatino delle varie materie,
ciascuna in capo a un professore diverso.
Il dato statistico generale non
impedisce che soprattutto nelle grandi metropoli le prime classi delle
superiori possano arrivare anche a trenta studenti e più per poi, fra
bocciature e abbandoni, portarne in quinta poco più della metà.
Gli stipendi
Il rapporto si focalizza anche
sugli insegnanti: nel nostro Paese l'età media si conferma più alta che
negli altri: la quota di prof cinquantenni è leggermente diminuita negli ultimi
anni ma resta del 53 per cento, mentre la media Ocse è del 37 per cento.
Quanto agli stipendi sono
cresciuti in termini nominali dell'8 per cento se misurati per gli insegnanti
con 15 anni di carriera, ma l'inflazione ha ridotto il valore reale dal 2013
sono diminuiti del 6 per cento, contro una crescita media nei Paesi Ocse del 4
per cento.
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