“I miei
genitori lavoravano in campagna” racconta Gigliola
Staffilani, la scienziata migliore al mondo, come è stata da molti
definita. Lo dice con orgoglio e grande affetto. Perde il padre a
10 anni e cresce tra l’amore della mamma e del fratello maggiore.
Ha talento la bambina, ama la matematica, risolve i problemi e “lo so da sola
quando è giusta la soluzione, non me lo deve dire nessuno”. Poi, al liceo
scientifico di San Benedetto del Tronto incontra il
professor Illuminati che intuisce le potenzialità della sua
alunna. Il docente vede lontano e convince la famiglia che lei deve proseguire
gli studi, deve andare all’Università. La sostiene, crede in lei. E
così, Gigliola arriva a Bologna. Arrivano la laurea, poi il
dottorato negli Stati Uniti.
E' assistente a Stanford e
a Princeton, entra al Massachusetts Institute of Technology (MIT), una
delle più importanti università per la ricerca. Anche negli Stati Uniti, la
matematica italiana incontra un professore, Paul Sally, che crede
nelle sue potenzialità e l’aiuta con la borsa di studio a Chicago.
Una carriera costruita passo dopo
passo che, però, le ha lasciato spazio per una famiglia. Marito di origine
polacca, anche lui matematico, due figli gemelli, un maschio e una
femmina. Una passione per la maratona alimentata dalla corsa mattutina che non
manca mai.
E così, è arrivata la nomina
a “Full Professor", prima italiana e seconda donna
nella storia dell’ateneo americano a riceverla. Non solo: arriva anche
l’elezione a membro dell’Accademia delle Scienze americane. Un’incoronazione,
praticamente, nel suo campo.
I successi non hanno però cambiato
il suo approccio alla vita, che può sempre presentare un “problema” da
risolvere e Gigliola Staffilani è pronta a risolverlo. Ha ancora dentro di sé
la passione della bambina delle elementari che si cimentava con i conti, con le
equazioni.
Adesso che è sul tetto del mondo
ancora pensa a obiettivi da raggiungere.
Anche se, confida, pensa alla pensione e a quando tornerà nella sua terra. Con il marito hanno comperato una casa in un paese vicino a dove è nata, tra le colline e il mare Adriatico. Ci sono gli olivi e tanto spazio per le corse mattutine o per i giri in bici. Le radici profonde sono lì e come diceva Ennio Flaiano :” Bisogna prenderci come siamo, gente rimasta di confine (a quale stato o nazione? O, forse, a quale tempo?) – con una sola morale: il Lavoro. E con le nostre Madonne vestite a lutto e le sette spade dei sette dolori ben confitte nel seno. Amico, dell’Abruzzo conosco poco, quel poco che ho nel sangue”.
Questa è una storia che racconta la passione, il merito, di una famiglia unita e parla di una scuola che sa riconoscere l’eccellenza, la accompagna, la valorizza e la sostiene.
Parla di
una società aperta, con tutti i problemi culturali e sociali dell’Italia degli
anni 70/80, che guarda al futuro e che non ha paura dei
cambiamenti.
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