NON
FARTI FOTTERE di Lilli Gruber
Numero speciale de “Il Megafono giallo” su di un tema nuovo e con un'ospite speciale: una delle giornaliste italiane più famose di sempre, Lilli Gruber
Parla di pornografia online e
di quello che vuol dire in termini di sviluppo cognitivo per i minori, di
sicurezza digitale e di rafforzamento degli stereotipi di genere a sfavore
delle donne.
Partiamo da alcuni dati:
· il 46% dei minori di 15 anni non ha sugli
smartphone filtri anti-pornografia. Una percentuale preoccupante, che ci
racconta la disattenzione e il disinteresse di moltissimi genitori per la vita
dei propri figli e delle proprie figlie. [Fonte Istituto Piepoli 2023]
· solo il 7 % degli adolescenti non ha mai fruito
di video pornografici. [Fonte Consiglio Nazionale Delle Ricerche]
· il 18,5% (di cui 23,9% studenti; 10,8% studentesse) è dell’avviso che sia l’uomo a dover dirigere il rapporto sessuale in risposta a una domanda posta per indagare la presenza di una visione stereotipata della sessualità. [Fonte Consiglio Nazionale Delle Ricerche]
Da quest’ultima domanda emerge una fotografia particolare: analizzando la
correlazione tra la frequenza di consumo di video porno e la percezione
stereotipata delle relazioni sessuali, emerge che più ci si espone alla
pornografia, più si rafforza l'idea che le pratiche sessuali debbano
conformarsi a stereotipi di genere dove l’uomo è il predatore e la donna
è la preda
INTERVISTA a Lilli Gruber sul tema della pornografia
Da dove nasce l’idea di un
libro come “Non farti fottere”, dedicato al tema della pornografia ma anche
dello sviluppo e della sicurezza digitale?
Avete presente l’espressione “l’elefante nella stanza”? Indica qualcosa che
tutti vedono e che tutti fingono di non vedere. Nella nostra stanza collettiva,
la nostra convivenza civile, l'elefante è il porno gratuito online. L’Italia è
l’ottavo miglior cliente mondiale di Pornhub, questo significa che tantissimi
di noi consumano pornografia che riduce le donne perlopiù ai loro orifizi a
disposizione dell’esplosione del piacere maschile. Dettaglio inquietante:
stando alle statistiche, l’età media di accesso al porno è 12 anni. Quindi un
fenomeno enorme, e che impatta sulla vita dei più giovani e vulnerabili che
apprendono lì la loro educazione sessuale e sentimentale. Cosa aspettiamo ad
affrontare il problema? Ma nessuno ne parla: né le istituzioni, né il nostro
dibattito pubblico. Qualcuno doveva cominciare a parlarne e ho deciso di farlo
io.
Parole O_Stili mette sempre al
centro le parole, è per questo che le chiediamo qual è oggi il significato
della parola “pornografia”, proprio alla luce di una generazione e di un mondo
che vivono sempre connessi?
C’è una differenza significativa, nel modo in cui intendiamo questo
termine, rispetto al passato. La pornografia è sempre stata il mestiere di
esibire atti e dettagli sessuali in cambio di soldi. Oggi, invece, tantissima
pornografia è gratis. E’ un grande supermercato digitale in cui già guardare le
vetrine è un’enorme abbuffata, e paghi se vuoi entrare nelle boutique e
scegliere qualcosa che ti piaccia di più. Ma moltissimi clienti si limitano
alle vetrine e tra questi i più piccoli. Così possono passare ore in questi
enormi sex-mall online, a guardare video di dieci minuti di sesso
standardizzato e spesso violento. E questo sta creando una vera e propria
emergenza sociale ed educativa.
I media tradizionali in che
modo possono contribuire a intervenire tempestivamente e in protezione dei
minori?
I media tradizionali non hanno il compito di intervenire a protezione dei
minori. Possono però fare la loro parte per informarli, ideando e producendo
format che li aiutino a orientarsi nelle complessità tanto del mondo digitale
quanto del mondo del sesso. Anni fa La7D aveva proposto “La Mala Educaxxxion”,
un programma che parlava di sesso con chiarezza e senza volgarità, in cui
interveniva anche la pornostar Roberta Gemma, che intervisto nel libro. La
buona informazione può aiutare a non lasciare soli i giovani davanti a schermi
su cui compare di tutto.
Se vuoi acquistare il libro ti lasciamo il link: Non farti fottere, di Lilli Gruber edito da Rizzoli.
Esatto, le nuove generazioni non possono essere lasciate sole davanti a uno schermo.
Così come non basta vietare l’accesso al materiale pornografico, in quanto questo è disponibile in tante modalità. Ad esempio, lo sai che una buona percentuale circola nelle chat? In un rapporto dell’azienda IBSA dello scorso anno emerge come in Italia esistano almeno 147 gruppi e canali Telegram dedicati allo scambio e alla divulgazione di contenuti di “revenge porn” (ovvero l’invio, la pubblicazione o diffusione di immagini o video a contenuto sessualmente esplicito senza il consenso della persona cui si riferiscono e destinati a rimanere privati) e di altri materiali intimi non consensuali.
Il problema del consumo di
materiali pornografici non è intrinseco all’atto stesso, non è una questione di
bigottismo, bensì è legato al fatto che né la scuola né lo Stato accompagnano
i ragazzi e le ragazze in questa parte così importante della loro vita.
Nessuno li mette in guardia sul fatto che i contenuti che consumano siano spesso pura fantasia, che le relazioni sessuali rappresentate trasmettono messaggi distorti sul sesso e sui rapporti di genere. Inoltre, non ricevono alcuna guida su come approcciarsi in maniera sana e autentica al mondo del sesso, che è intrinsecamente legato all'amore.
E se a navigare sui siti di porno mainstream sono gli adulti? Quali possono essere le conseguenze? Ad esempio, secondo gli attivisti e i ricercatori di #StopDataPorn, PornHub non rispetta le regole del GDPR in Europa in quanto non chiede il permesso di usare i dati sulle preferenze sessuali degli utenti e condivide le informazioni che raccoglie con altre aziende della sua società madre, MindGeek.
“Gli utenti di Pornhub non hanno la possibilità di scegliere di non farsi tracciare dai cookie con facilità. Il sito non indica con chiarezza i dati che condivide con terze parti e il suo algoritmo "assegna" alle persone una preferenza sessuale in base ai video che guardano” ha dichiarato l’avvocato Alessandro Polidori a Wired UK.
Come
segnala Fanpage: “Molte compagnie pornografiche
riescono a raccogliere grandi quantità di dati su chi le visita. Secondo uno
studio del 2019 che ha analizzato 22.484 siti Web pornografici, il 93% ha fatto
trapelare dati degli utenti condividendo con aziende terze dati sensibili, e il
79% ha utilizzato cookie di tracciamento da società esterne”.
Altra problematica delle
piattaforme di porno mainstream è la diffusione di contenuti oggetto di
revenge porn. Una denuncia avvenuta qualche anno fa dalle pagine del New
York Times, sempre contro Pornhub, ha messo l’azienda con le spalle al muro
tanto da obbligare a riprogettare la piattaforma per poter bloccare il
caricamento di contenuti non verificati e moderare le chat e i commenti.
Ci sono inoltre anche altri pericoli della navigazione sui siti
pornografici come quello del furto dei dati attraverso l’installazione di
malware che possono estrarre dai dispositivi informazioni personali,
credenziali di account e dati finanziari, ecc… Le novità su questo tema
sono che dalla prossima settimana le piattaforme di contenuti per adulti
dovranno rispettare gli obblighi rafforzati previsti dal Digital Services Act
(Dsa).
“Gli obblighi includono la
presentazione alla Commissione di relazioni di valutazione del rischio,
l’adozione di misure di mitigazione per ridurre i rischi sistemici legati alla
loro attività, il rispetto di ulteriori obblighi di trasparenza, anche relativi
alla pubblicità, e la fornitura di accesso ai dati per i ricercatori.”.
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