Ricevo questo scritto da un caro amico
Lezione di carità senza discriminazione.
La parabola del buon samaritano è nota anche a chi non è cristiano. Oggi i cattolici nelle chiese
l'hanno ascoltata e commentata. Di nuovo ci siamo sentiti: “Va e anche tu fa così”, così come il
samaritano, che si è preso cura di uno sconosciuto ferito, interrompendo il suo viaggio, portandolo in
una locanda e pagando per le sue cure. Perchè l'ha fatto? Perchè ha avuto compassione di lui.
“Anche tu fa così” se vuoi mettere in pratica il comandamento fondamentale e avere la vita eterna. Ti
trovi di fronte a qualcuno che ha bisogno? Abbi compassione. Chi è? Ma è uno dei nostri?
Gesù che insegnava con parabole, ha raccontato questa in risposta a un dotto della sacra scrittura, che
chiedeva chi si dovesse amare e chi ignorare. Perchè il prossimo da amare, secondo la mentalità
corrente di allora, era inteso come uno del proprio popolo, “uno dei nostri”. Stava scritto: “Amerai il
prossimo e odierai il nemico”. Questa mentalità chiusa c'è ancora oggi? Oh sì. Continua a esserci,
anche da parte di chi ha sentito e meditato più volte questa parabola. Eppure Gesù ha insegnato ad
amare i nemici, a non avere nemici, a non fare discriminazione di persone, ad essere compassionevoli
verso chiunque ha bisogno.
Il buon samaritano è modello del cristiano, che ora dovrebbe anche vedere Gesù nello sconosciuto
trovato ferito per strada: “Avevo fame e mi avete dato da mangiare, ero malato e siete venuti a
trovarmi, ero stranieo e mi avete accolto”.
I membri del M.I.R. che sono di fede cristiana credono che “l'amore quale Gesù ha manifestato vince
ogni male” (art.2 dello Statuto). E' un amore compassionevole rivolto a tutti, italiani e non, bianchi e
non, profughi e non. Il buon samaritano non ha chiesto documenti al ferito. Chiunque abbia un po' di
umanità prova ammirazione per il volontario del soccorso, che soccorre chiunque trova per strada o
per mare, senza discriminazione.
“Va e fai così”. L'omissione di soccorso è male. E si vince con l'amore.
Pierangelo Monti
Presidente del MIR.
domenica, luglio 14, 2019
giovedì, luglio 04, 2019
mercoledì, luglio 03, 2019
domenica, ottobre 07, 2018
RIACE
RIACE, PAESE DELLA CALABRIA, CHE OLTRE AD AVERCI DATO I BELLISSIMI BRONZI, STA RESTITUENDO DIGNITA' ALL'ITALIA
In un paese calabrese svuotato dall’emigrazione, è nata un’utopia. Riace ha deciso di accogliere i migranti che sbarcano sulle coste italiane.
Oggi le case abbandonate sono di nuovo abitate e nel paese è tornata la vita.
In seguito all’arresto di Domenico Lucano, le registe e le produttrici di "Un paese di Calabria", hanno deciso di condividere la loro visione di Riace per sostenere l’importanza del modello di accoglienza messo in atto dal sindaco e dai suoi concittadini, oltre che per proporre una riflessione sui cicli migratori.
Denunciamo la criminalizzazione degli atti di solidarietà e accoglienza dei rifugiati in Italia, in Francia ed ovunque in Europa.
lunedì, luglio 23, 2018
giovedì, luglio 12, 2018
LETTERA APERTA ALL'ONOREVOLE GIUSEPPE CONTE, PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI ITALIANO
Un caro amico di Ivrea mi ha messo a
conoscenza di questa lettera aperta che mons. Bettazzi, vescovo emerito di
Ivrea, ha inviato al nostro presidente del consiglio il 2 luglio scorso.
Ricordo che mons. Bettazzi ha quasi 95 anni ed è l'unico vescovo italiano presente al Concilio Vaticano II ancora oggi vivente.
Ricordo che mons. Bettazzi ha quasi 95 anni ed è l'unico vescovo italiano presente al Concilio Vaticano II ancora oggi vivente.
Lettera aperta all’Onorevole Giuseppe
Conte, Presidente del Consiglio dei Ministri italiano
Scrivo questa lettera sul tema scottante
degli immigrati (e la scrivo da un edificio diocesano che ne ospita). Lo faccio
non come antica autorità religiosa al Presidente di un Governo “laico” (anche
se un autorevole membro del Suo Governo ha sbandierato, sia pure in campagna
elettorale, simboli apertamente religiosi, anzi cristiani, quindi
compromettenti) soprattutto dopo i costanti, appassionati appelli di Papa
Francesco e le autorevoli istanze dei responsabili della CEI.
Lo faccio come cittadino dell’Italia
che, nella Costituzione, garantisce il diritto d’asilo a quanti, nel loro
paese, sono impediti di esercitare le libertà democratiche; lo faccio come
cittadino dell’Europa che, nella Carta dei diritti fondamentali, afferma: “La
dignità umana è inviolabile. Essa deve essere rispettata e tutelata”.
Ci siamo resi conto che Lei, al recente
vertice Ue, ha fatto sentire fortemente la voce dell’Italia; ma siamo stati
delusi dalla sordità della maggioranza dei rappresentanti dell’Europa (me lo
lasci notare, anche delle nazioni tradizionalmente più “cristiane”) e
dell’incapacità dell’insieme di mantenere le tradizioni “umane” del nostro
Continente e dell’ispirazione iniziale della sua unità. Mi lasci dire che siamo
– parlo di tanti di cui ho colto il pensiero – altrettanto delusi che, nella
difficoltà di ottenere consensi più ampi, l’Italia rimanga su posizioni di
chiusura, forse (ma solo “forse” se guardiamo al nostro passato coloniale o ci
proiettiamo sul nostro futuro demografico) comprensibili sul piano della contrattazione,
non su quello del riferimento a vite umane. Siamo tanti a non volerci sentire
responsabili di navi bloccate e di porti chiusi, mentre ci sentiamo
corresponsabili di Governi che, dopo avere sfruttato quei Paesi e continuando a
vendere loro armi, poi reagiscono se si fugge da quelle guerre e da quelle
povertà; non vogliamo vedere questo Mediterraneo testimone e tomba di una sorta
di genocidio, di cui diventiamo tutti in qualche modo responsabili.
Non ignoriamo che i problemi sono
immensi, dai rapporti con Paesi che noi – Europa tutta – abbiamo contribuito a
divenire ciò che essi spesso sono (costruttori di lager e tutori di
brigantaggi), a quelli con i Paesi di partenza degli immigrati (con cui già i
Governi precedenti avevano progettato iniziative, sempre fermate al livello di
progetti).Vorremmo davvero che l’Italia, consapevole della sua tradizione di
umanità (prima romana, poi cristiana) non accettasse di divenire
corresponsabile di una tragedia, che la storia ha affidato al nostro tempo e da
cui non possiamo evadere.
Al di là di un’incomprensibile
indifferenza o di un discutibile privilegio ( “prima gli italiani” – quali
italiani? – o “prima l’umanità”?!), credo che, nell’interesse della pace,
aspirazione di ogni persona e di ogni popolo, l’Italia possa e debba essere –
per sé e per tutta l’Europa – pioniera di accoglienza, controllata sì, ma
generosa.
Con ogni augurio e molta solidarietà.
Albiano d’Ivrea, 2 luglio 2018
+ Luigi Bettazzi
vescovo emerito di Ivrea
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