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domenica, gennaio 01, 2012

Il dromedario azzurro


Il presepio mi piace. E' una tradizione che sento naturale e più o meno l'ho sempre fatto nelle diverse case nelle quali ho vissuto, esclusa una (la mia compagna di quegli anni era ebrea). 
Oggi, giornata sonnacchiosa dopo la vigilia consumata piacevolmente a cena con una coppia di amici e vicini di casa, mi sono messo a curiosare nel presepio fatto dalle mie figlie e ho ripensato ai tanti presepi della mia vita.
Al pranzo di Natale, a casa di mio padre a Chiavari, ho scoperto nel suo presepio alcune statuine della mia infanzia, scrostate e sbiadite, ma ancora inconfonibilmente quelle con le quali avevo giocato da bambino, le ochette bianche che facevo galleggiare sulla carta stagnola di cui era fatta l'acqua dello stagno, l'arrotino e la filatrice di lana sotto l'albero, il pastore con il cane al guinzaglio, le due contadinelle con la cesta delle mele.
Anche in quello che le mie figlie hanno apparecchiato sul piano della massiccia credenza di legno intagliato che viene dalla casa di mia moglie, ci sono molte vecchie statuine. Di sacre famiglie ce ne sono una ufficiale dentro la capanna e due ufficiose sistemate nella mensola soprastante. Quella installata al coperto è fatta di gessose figure vecchie di almeno 80 anni perché eredità di mia suocera. Un gruppo originale che comprende asino e bue, ma non il bambino che è stato sostituito con uno moderno dopo un'accidentale rottura di quello antico. Le altre tre natività sono una di radice di tiglio comprata 30 anni fa in Val Gardena, l'altra in terracotta e tessuto proveniente da Tropea dove l'abbiamo trovata in un negozio io e mia moglie nel 1990.