martedì, dicembre 13, 2011

Chiudere gli Ospedali Psichiatrici Giudiziari: un sogno possibile?

di Daniela Camorali
Voglio raccontarvi di 1.500 persone, in Italia, per le quali ogni diritto è nullo. Sono i ricoverati nei 6 Ospedali Psichiatrici Giudiziari italiani ( ex manicomi criminali).
Dimenticati” nella sporcizia, nel degrado, persone che galleggiano nella disperazione dove ogni umanità annullata, ogni speranza preclusa, improponibile persino ogni cura.
Alcuni di loro sono finiti in questi ospedali per aver commesso reati gravi, in condizione di riconosciuta infermità mentale, ma tra loro, molti sono quelli che per aver commesso un “reato bagatellare” (furti, atti osceni in pubblico, danneggiamenti, ecc), in assenza di capacità di intendere e volere, hanno rimediato un “ergastolo bianco” senza processo.
Più di 300 persone, ad oggi, sono dimissibili perché non costituiscono pericolo né per sé né per altri, e allora, perché non escono? Perché non vengono inviati sul territorio presso le strutture di salute mentale? E perché l’inferno degli ospedali psichiatrici giudiziari non trova la sua ragionevole soluzione? Perché per una manciata di cittadini italiani, 1.500, lo Stato dimentica che la Costituzione afferma che “la legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana”?
Queste istituzioni sono rimaste totalmente estranee e impermeabili alla cultura psichiatrica riformata . Già nel 1982 una sentenza della Corte Costituzionale stabiliva che la pericolosità sociale non può essere definita una volta per tutte, come una malattia congenita, ma contestualizzata e rivalutata nel corso del tempo e delle rinnovate condizioni di vita della persona.

E’ un mondo che ha sempre sofferto di una accentuata rimozione culturale, ma finalmente i riflettori mediatici si sono accesi sulla realtà terribile e nascosta dei moderni "manicomi criminali", grazie anche al documentario realizzato nell’ambito dell’indagine sulla salute mentale svolta dalla Commissione di Inchiesta presieduta dal senatore Ignazio Marino e che ha portato sugli schermi televisivi immagini che sembravano uscite da archivi storici sui manicomi.
La commissione, grazie al proprio mandato, ha potuto accedere alle strutture senza preavviso e i senatori, di maggioranza e opposizione, hanno concordato sull’urgenza di porre fine a condizioni così disumane e prossime alla tortura.
Vediamo se il nuovo anno potrà scrollarci di dosso un po’ di vergogna e di umiliazione.
(Alcune informazioni sono tratte dal sito www.stopopg.it)
Spesso la poesia e la follia convivono in uno spazio confuso di luce e ombra, in una dimensione in cui il dentro e il fuori di noi dialogano turbolenti perdendo a tratti confini e certezze. Con questo piccolo gioiello, Alda Merini ci insegna la speranza, la dignità e, sulla sua stessa pelle, a “restare umani” :

Un giorno successe una cosa meravigliosa in manicomio: ci apersero i cancelli, ci dissero che finalmente potevamo uscire. Dio! cosa successe dentro l’anima nostra. Fu uno sciamare di vestaglie azzurre verso l’alba. E mi venne in mente, anzi ebbi la visione di santa Teresina che amava definirsi “piccola rondine di Dio”. In quel giorno scesi in giardino di corsa. Mi inginocchiai davanti a un pezzetto di terra e mi bevvi quel terriccio con una fame primordiale. Fu un giorno grande, il giorno della nostra prima resurrezione. Da quel giorno cominciammo a vestirci, a pettinarci, a curare il nostro aspetto, perché fuori c’erano gli uomini. Ma, soprattutto, c’era il sole, questo grande investigatore che vede oltre, oltre anche i nostri corpi. E le nostre anime dovevano per forza diventare belle”
(Da: Alda Merini: L’altra verità -Diario di una diversa)

1 commento:

  1. Grazie Daniela
    Speriamo davvero che in mezzo ad una crisi economica così grave si trovino tempo e risorse per porre fine a questa situazione che, come si dice, non e' degna di un paese civile. Ma che bello quello che scrive Alda Merini! Uno sciamare di vestaglie azzurre verso l'alba, non potrebbe essere il titolo di un libro, di un film o....di un reading ?

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